La nazionale gestita come un club. È questa una delle caratteristiche delle Furie Rosse guidate da Luis Enrique, tecnico innovativo dentro (ricordiamo l’esperienza romana) e fuori dal campo (dove ha esordito come streamer sulla piattaforma Twitch).
Soltanto partendo da questa premessa è possibile comprendere le convocazioni fatte dal tecnico asturiano, che ha lasciato a casa nomi importanti (Thiago Alcántara, Fernández, Brais Méndez, Canales, Aspas e Borja Iglesias) includendo invece nella lista per il Qatar altri elementi sui quali stampa e tifosi nutrono qualche dubbio (Carlos Soler, Marcos Llorente, Koke).
Detto ciò, l’abbondanza di talento è tale che la Selección deve essere inclusa nel vasto lotto delle favorite, indipendentemente dalla posizione che ognuno può assegnarle nella propria griglia di partenza.
Per quanto riguarda la formazione titolare, nell’ultimo campionato europeo Luis Enrique si è appoggiato ad un blocco base, anche se poi ha via via effettuato dei cambiamenti in ogni partita. Probabile che uno schema del genere possa ripetersi anche nel Golfo Persico.
Fra i pali, Unai Simón dà quelle sicurezze che nelle passate stagioni erano mancate nel ruolo di no.1. Se si eccettua un quarto d’ora della sfida contro la Georgia (quando debuttò Robert Sánchez) Simón è sempre rimasto il titolare in partite ufficiali.
Per quanto riguarda gli esterni bassi, il tecnico spagnolo ha di che scegliere con César Azpilicueta e Dani Carvajal come opzioni a destra e con Jordi Alba ed il neoarrivato Alejandro Balde (sostituisce in lista l’infortunato dell’ultima ora, José Luis Gayà) per la fascia sinistra.
Qualche dubbio Lucho lo ha in mezzo alla linea, dove sicuro del posto è Aymeric Laporte. Da scegliere chi partirà al fianco del centrale del Barcellona. Enrique potrebbe riproporre la soluzione del doppio mancino con Pau Torres, ma anche promuovere uno fra Eric García e Hugo Guillamón.
Resta l’opzione di spostare Rodri al centro della difesa, arretrando il mediano del Manchester City così come fatto nell’amichevole contro la Giordania.
Le certezze maggiori della partenza sono rappresentate dal centrocampo. Nel 4-3-3 della Spagna la mediana è formata da Sergio Busquets vertice basso e dalle mezzali Pedri e Gavi. Spetterà soprattutto a questi ultimi due dare fluidità e palleggio alla manovra offensiva iberica, come sempre ancorata al possesso palla come arma per manipolare il sistema difensivo avversario, con Busquets impegnato anche in fase di costruzione.

Gli automatismi offensivi nel gioco posizionale degli spagnoli poggiano poi molto sul lavoro degli esterni alti, posizione nella quale Luis Enrique può contare sull’enorme qualità offerta dai vari Pablo Sanabria, Dani Olmo, Ansu Fati e Ferran Torres, ai quali si aggiungono le due frecce Nico Williams e Yeremy Pino.
Resta da coprire la casella del no.9, nella quale potrà essere collocato un centravanti più ‘classico’ come Álvaro Morata oppure un falso nueve, anche se Luis Enrique ha ribadito come i compiti tattici (attaccare la linea difensiva rivale in mezzo ai due centrali e saper venire incontro per giocare nella zona di rifinitura) saranno i medesimi qualunque tipologia di attaccante centrale venga scelta.
In quelle partite nelle quali la scelta finale dovesse cadere su un delantero central meno ortodosso, ecco che le opzioni a disposizione di Luis Enrique si moltiplicano, andando dallo stesso Dani Olmo a Marcos Asensio fino a Ferran Torres.
Come si evince da questa rapida carrellata, se la Spagna è sempre fedele ad un certo tipo di calcio (pur evolvendosi), le scelte in mano all’allenatore sono diverse, adattabili a vari contesti tattici. Questa flessibilità rende ulteriormente l’idea del potenziale a disposizione della Spagna.

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