Al di là della direzione di Orsato, la sconfitta dello Stadium può già far dire qualcosa sullo stato dell’avanzamento dei lavori in casa Roma.
Contro la Juventus infatti si è vista all’opera una squadra dall’identità tattica ben precisa, frutto della direzione tecnica che Josè Mourinho sta dando ai suoi. Come sottolineato dallo stesso tecnico lusitano nel dopogara (‹‹è la prima volta che sono in un progetto di questo tipo››) Mou è arrivato a Roma non con l’obbligo di centrare risultati immediati, bensì con quello di proseguire nel corso della strada tracciata da Paulo Fonseca, nella consapevolezza che sulla carta ci sono squadre più attrezzate per la conquista di uno dei primi quattro posti in classifica.
A Torino come detto si è visto a che punto si trovi oggi il progetto romanista. La squadra giallorossa ha approcciato la partita partendo dal 4-2-3-1 come sistema base ma con una fluidità che andava a modificarlo in entrambe le fasi. In fase offensiva infatti i giallorossi sviluppavano alzando gli esterni bassi (soprattutto Vina a sinistra) e con Zanioli che entrava a giocare nel mezzo spazio destro mentre, in quella difensiva, la squadra assumeva uno schieramento 4-4-2 con Pellegrini che andava ad affiancare Abraham sulla prima linea difensiva.

In generale, la Roma in non possesso difendeva come ha spesso fatto in questa prima parte di stagione, vale a dire con un blocco medio volto a chiudere i corridoi centrali del campo per veicolare il possesso avversario nelle zone esterne (dove poi far scattare l’aggressione) e favorire la creazione di spazio alle spalle della linea arretrata avversaria, da sfruttare poi soprattutto con Abraham.
Questo atteggiamento porta i giallorossi a scivolare forte sul lato palla, col risultato però di lasciare scoperto il lato debole del campo. Non a caso la Juventus ha cercato più volte di sfondare le linee giallorosse ricorrendo al cambio di campo.
Per quanto riguarda poi il possesso proprio (52% a favore) la Roma, con l’ingresso di El Shaarawy al posto di Zaniolo (dopo appena un quarto di partita), perdeva in imprevedibilità e capacità di risalire il campo ma guadagnava in simmetria.
L’ex rossonero infatti andava a collocarsi sulla corsia sinistra (suo habitat naturale) con conseguente spostamento di Mkhitaryan lungo l’out opposto, andando a garantire alla sua squadra l’ampiezza.

Con la Juve che via via abbassava il proprio baricentro (42.92m di media sul possesso romanista), entrando nella propria comfort zone, la squadra di Mourinho diventava padrona del campo.
Purtroppo per il portoghese il dominio territoriale dei suoi (baricentro di 60.55m nel secondo tempo) non si traduceva in un altrettanto elevato livello di pericolosità con un dato dell’Indice di Pericolosità di 37 e appena 0.53 prodotti in termini di non penalty expected goals (NPxG).
Gli ospiti facevano fatica ad entrare nel blocco difensivo organizzato da Allegri, in particolare nella zona centrale di rifinitura dove si concentrava il grosso (61%) delle azioni d’attacco della Roma. In questo senso è significativo anche il numero dei cross provati: appena 12, un dato relativamente modesto comparato al controllo del pallone avuto e al tipo di partita che si stava sviluppando.

Alla fine Mourinho può essere soddisfatto della prestazione ma non del risultato. La partita ha per certi versi ricordato quella del derby, con una Roma non in grado di girare a proprio favore il risultato finale nonostante la supremazia territoriale.
In questo senso il cammino della compagine capitolina sembra ancora legato a quello della scorsa stagione, con buoni risultati ottenuti contro le formazioni medie e piccole (se si eccettua la battuta d’arresto di Verona) a fronte di una maggior fatica registrata con le compagini di prima fascia (sconfitte con Lazio e Juve).