La partita fra Milan e Lazio rappresentava uno dei primi big match fra le cosiddette sette sorelle del campionato. Al confronto di San Siro le due squadre si presentavano con lo stesso numero di punti in classifica (6) ma con due progetti tecnici diversi.
Da un lato infatti c’era il Milan, che sta lavorando nel segno della continuità. Infatti, nonostante le pesanti perdite di Donnarumma (andato al Psg) e di Çalhanoğlu (passato sull’altra sponda dei Navigli) i rossoneri hanno approcciato questo torneo 21/22 con lo stesso tecnico delle stagioni precedenti (Stefano Pioli) e con un modello di gioco conosciuto, che punta al consolidamento e anche ad una ulteriore evoluzione.
Non di evoluzione quanto invece di rivoluzione si deve invece parlare per quanto concerne la Lazio. I biancocelesti sono infatti alle prese con la transizione dal calcio di Simone Inzaghi a quello di Maurizio Sarri, che prevede molte novità (difesa a quattro e a zona pura, possesso più prolungato con costruzione di numerose linee di passaggio, pressing e riaggressione) rispetto a quanto messo in mostra dalla compagine capitolina sotto la precedente gestione.
Dal punto di vista tattico la battaglia si presentava quindi interessante e quanto visto in campo non ha tradito le attese. A risultare vincitore è stato il Milan, che ha presentato un piano gara più efficace e che è riuscito a tradurlo poi in pratica sul terreno di gioco.

Pioli ha iniziato la gara mandando in campo un undici iniziale che prevedeva il ritorno di Romagnoli al centro della difesa (al posto dell’acciaccato Kjær) con l’inserimento di Florenzi come esterno alto a destra (davanti a Calabria) in un tridente di trequartisti completato da Leão (a sinistra) e da Brahim Díaz (al centro) alle spalle di Rebić.
L’idea base del Milan era quella di contestare il possesso laziale attraverso un’azione combinata di attaccante centrale (Rebić) e trequartista (Díaz) nella metà campo avversaria e una aggressione forte del resto della squadra nella propria metà campo.
Come sottolineato nel post-gara dallo stesso Pioli, il lavoro operato da Rebić e Díaz è stato fondamentale in quanto i due avanti rossoneri riuscivano spesso a sporcare la costruzione avversaria lavorando sul triangolo composto da Acerbi, Luis Felipe e Leiva.
Questo lavoro consentiva al Milan di incollare Kessié e Tonali su Milinković-Savić e Luis Alberto, ingolfando un primo possesso biancoceleste che, come visto in queste prime uscite stagionali, oltre che su Reina si appoggia molto sulle proprie mezzali.
Un approccio proattivo quello dei padroni di casa, che ha finito per togliere alla Lazio l’arma del possesso (47%).

In fase offensiva poi il Milan era attento a riempire tutti i corridoi verticali del campo. Mentre a sinistra agivano Leão e (quando si alzava) Hernández, a destra Calabria garantiva ampiezza in entrambe le metà del campo consentendo così a Florenzi di accentrarsi nel mezzo spazio destro per venire a creare con Díaz una situazione di doppio trequartista ai lati di Leiva.
I costruttori rossoneri erano abili a trovare i compagni in rifinitura, in particolare lo stesso Díaz. Non a caso l’ex Real Madrid è risultato essere il giocatore ad aver ricevuto il maggior numero di passaggi chiave (7) nell’arco dei novanta minuti.
A punite la Lazio non è stata solo una fase di possesso deficitaria (17 di Indice di Pericolosità offensiva e appena 0.25 expected goals prodotti) ma anche errori nella gestione delle transizioni difensive, già evidenziatisi nelle partite precedenti.
In occasione della prima rete rossonera infatti le mezzali ospiti sono in ritardo nel rientrare sotto palla mentre, sul raddoppio di Ibrahimović, oltre a questa situazione si devono evidenziare il movimento un po’ pigro di Hysaj nel riallinearsi e quello in pressione di Leiva che lascia la Lazio a difendere la transizione con un uomo in meno.
A fine partita Sarri ha lamentato una interpretazione troppo attendista della sua squadra. È chiaro come un cambiamento radicale come quello che l’allenatore toscano ha in mente di portare in casa Lazio necessita di tempo per essere assimilato.