Al di là della partita Analisi tattica

L’Inter ha avuto il controllo

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La semifinale di ritorno va in archivio con un’altra vittoria dell’Inter, che proietta i nerazzurri verso una finale di Champions League che mancava da quella (trionfale) del 2010. Una vittoria arrivata dopo una partita dagli alti contenuti agonistici ma povera tecnicamente. Detto questo, il doppio derby di coppa campioni premia la squadra che ha fatto meglio nell’arco dei centottanta minuti, annacquando le risorse degli avversari e riuscendo a capitalizzare al meglio le proprie.

La formazione di Simone Inzaghi ha messo in mostra ancora una volta la ritrovata solidità difensiva. I nerazzurri hanno infatti limitato il Milan ad appena cinque conclusioni, per un totale di 0.54 xG: un po’ poco per i milanisti per sperare nella rimonta.

Alla formazione di Stefano Pioli non è bastato recuperare Rafael Leão. Il portoghese non era al meglio della condizione e lo si è visto. Valga a tal proposito, come esempio, l’azione sul finire del primo tempo quando l’esterno rossonero, dopo aver avuto la meglio in un duello fisico con Matteo Darmian, ha concluso a lato di André Onana un sinistro che forse, in altre occasioni, sarebbe entrato.

Nonostante le difficoltà palesate sei giorni fa, dovendo recuperare il risultato Pioli ha chiesto ai suoi di mantenere un pressing alto, forte anche della scelta di Malick Thiaw al posto di Simon Kjær. Rispetto a quest’ultimo infatti il tedesco offre maggior fisicità nei duelli uno contro uno e una migliore capacità nel difendere in campo aperto contro eventuali transizioni.

Purtroppo per il Milan, ancora una volta la costruzione organizzata da Inzaghi riusciva agevolmente a superare la prima pressione rossonera, col risultato di raggiungere Edin Džeko e Lautaro Martínez. Non a caso i due attaccanti interisti hanno registrato rispettivamente 12 e 16 palloni toccati nella trequarti offensiva, ricevendo 6 (il bosniaco) e 10 (l’argentino) passaggi chiave.

In non possesso il 5-3-2 dell’Inter ha poi controllato agevolmente gli attacchi avversari, con il 3-1-6 in milanista in fase di sviluppo che andava regolarmente a sbattere contro la costruzione difensiva nerazzurra.

In generale il Milan non ha trovato sbocchi alla propria manovra e questo non soltanto a destra, dove operavano Davide Calabria e Junior Messias ma anche a sinistra, teoricamente il lato forte della squadra di Pioli.

I rossoneri non sono mai riusciti a dettare il contesto tattico, cosa che invece ha fatto perfettamente l’Inter, sia con che senza palla. Quando poi Inzaghi ha fatto entrare Marcelo Brozović al posto dell’infortunato Henrikh Mkhitaryan, i nerazzurri hanno ulteriormente alzato il proprio dominio sulla partita, mandando definitivamente a vuoto le velleità di rimonta del Milan.

Brozović basso in costruzione aspetta la pressione avversaria. Una pausa, poi il lancio millimetrico su Lautaro.

La possibilità di inserire il centrocampista croato, Romelu Lukaku e un Robin Gosens tornato recentemente su livelli discreti hanno anche certificato la maggiore profondità della rosa a disposizione di Inzaghi.

Così, per la quarta volta su cinque derby disputati in questa stagione, Inzaghi ha saputo fare meglio di Pioli. La vittoria apre all’Inter le porte di un’altra finale stagionale (dopo quella già conquistata di coppa Italia) e potrebbe finire per mutare i giudizi su un tecnico per il quale soltanto un mese fa si parlava di possibile esonero.

Probabilmente né Pep Guardiola né Carlo Ancelotti avranno il mal di testa in vista dell’appuntamento del prossimo 10 giugno ma entrambi sanno bene che non dovranno sottovalutare un Inzaghi che sa come si vincono le partite secche (e quelle di andata e ritorno).

Per quanto concerne invece il Milan, è già cominciato il processo a Pioli. Detto che per emettere un verdetto definitivo sull’annata dei rossoneri bisognerà attendere, come per tutti, la fine della stagione, resta l’impressione che la squadra che tanto bene aveva performato lo scorso campionato (giungendo a vincere un meritato scudetto) si sia sfaldata, alle prese con un gioco più leggibile, con i vari problemi fisici che hanno attanagliato elementi chiave e con la manca di alternative valide (o almeno nelle quali il tecnico credesse) uscendo dalla panchina. Per il Milan è forse giunto il momento di ripensare (nuovamente) se stesso.

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