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Con una prestazione dominante il Manchester City conquista l’accesso alla seconda finale Champions della propria storia. E lo fa demolendo il Real Madrid, impresa non banale e che pochi, nel passato, sono stati in grado di realizzare.
Per esemplificare il livello di superiorità e di controllo sulla partita esercitato dal City, basta ricordare un dato: dopo quindici minuti di gioco, il Real Madrid era riuscito a completare appena 18 passaggi.
I Citizens hanno premuto sull’acceleratore fin dal subito, continuando a tenere le marce alte per tutta la durata dell’incontro, con Rodri e John Stones che in mezzo al campo risultavano indifendibili perToni Kroos, Ernesto Valverde e Luka Modrić. In particolare il croato, che in fase difensiva doveva accompagnare una teorica pressione sulla prima costruzione avversaria, veniva sempre preso in mezzo dai due mediani inglesi.
A conferma delle difficoltà della mediana spagnola ci sono le sostituzioni proprio di Luka Modrić e Kroos operate da Carlo Ancelotti dopo poco più di un’ora di partita.
All’interno di una prestazione esaltante per gli uomini di Guardiola (prestazione che ha finito per rendere gloria anche aThibaut Courtois, il migliore dei blancos) è da sottolineare quella spettacolare di Jack Grealish.
L’ex giocatore dell’Aston Villa è stato spesso (e in parte ancora oggi lo è) vittima di una critica che finisce sempre per commentare le sue prestazioni in campo non per il loro valore intrinseco ma solo in relazione al prezzo esorbitante (117 milioni di euro) pagato due ani fa da Manchester per assicurarsi le prestazioni del nazionale inglese.
Il peso del costo del cartellino, unito alle difficoltà della prima stagione nel comprendere il calcio posizionale di Guardiola, hanno contribuito ad alimentare ulteriormente il malcontento generale intorno al ventisettenne nativo di Birmingham.
Chi però ha sempre creduto in Grealish è stato Guardiola. E questo ha aiutato il processo di maturazione di un giocatore che quest’anno si è dimostrato elemento cardine del City. Infatti, all’interno di un modello di gioco improntato alla ricerca del controllo dello spazio e del pallone (un controllo che Guardiola ha esasperato questa stagione) Grealish va a inserirsi perfettamente nel contesto modellato dal tecnico catalano.
Non a caso l’ex Villa è uno dei titolari del City, col quale in campionato ha accumulato un totale di 28 presenze. E Grealish ha risposto alla grande alla fiducia accordatagli: in Premier ha registrato 5 reti e 7 assist ma, soprattutto, risulta il secondo giocatore della sua squadra (sempre dopo Kevin De Bruyne) per xA (6.65), expected threats (4.01) e chance create (50) e il primo per dribbling riusciti (48) con una percentuale di successo del 61.6%.
Nella sfida di ritorno con il Real, Grealish è stato autore di una prova che si è sposata bene con la generale impostazione posizionale ma fluidamente orientata presentata da Guardiola.
Agendo da esterno sinistro l’inglese ha fatto venire il mal di testa a Carvajal, ancor più di quanto successo nella sfida d’andata. Lo si è visto fin dall’inizio quando Grealish ha procurato un assist per Erli Haaland, col colpo di testa del norvegese respinto miracolosamente da Courtois.

Il secondo gol citizen (di Bernardo Silva) nasce poi da un’altra giocata di Grealish, che si porta dietro i difensori madrileni prima di servire perfettamente Ilkay Gündogan.
Il numero 10 non è stato efficace solo palla al piede ma anche (come del resto la sua squadra) in non possesso. In questa situazione Guardiola ha chiesto a Grealish di alzarsi su Militão, col risultato di consentire al City una miglior difesa dei corridoi centrali.
Insomma, i baci inviati da Guardiola al suo giocatore durante la partita sono stati ampiamente meritati. Grealish ha giocato probabilmente la sua miglior partita in maglia City.
Soprattutto, ha dato l’impressione di essersi messo nella scia di una tradizione di esterni inglesi che va da Chris Waddle a David Beckham, passando per Steven McManaman. Al momento Grealish è un gradino indietro rispetto a questi, una versione decaffeinata. Ma ha dalla sua il tempo. A ventisette anni di età Grealish è infatti pronto per diventare il prossimo grande wide creator del calcio inglese.

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