Al di là della partita Analisi tattica Editoriale

È solo l’andata

Finale anticipata, ennesimo scontro fra Carlo Ancelotti e Pep Guardiola, scontro fra caos e ordine…tutte queste cose (e anche di più) è stata la sfida di andata delle semifinali di Champions fra Real Madrid e Manchester City.

Nel momento in cui Eduardo Camavinga, da terzino sinistro, ha iniziato l’azione che, passando da un tocco regale di esterno piede di Luka Modrić, è stata conclusa in gol da Vinícius, l’impressione è stata che la gara avrebbe ripetuto il copione della doppia sfida dell’anno scorso, con un Manchester City in controllo del pallone (72% a quel punto, secondo quanto riportato dal Guardian) ma col Real a dominare le situazioni chiave.

Ma il City stavolta non si è sciolto. Ha avuto la forza per reagire e trovare un meritato pareggio con Kevin De Bruyne in circostanze simili a quelle che avevano determinato il vantaggio madrileno. Come infatti la rete di Vinícius era arrivata in una fase di dominio City, così il pareggio del belga è giunto dopo una prima parte di secondo tempo di netta marca Real.

Un risultato giusto, che lascia inalterate le possibilità di qualificazione alla finale di Istanbul tanto per i blancos che per gli uomini di Guardiola, al termine di una battaglia tattica che ha offerto molti spunti interessanti. Entrambi gli allenatori l’avevano preparata bene.

Da parte madrilena, Ancelotti ha trovato il modo di annullare Erling Haaland, il pericolo numero uno per la sua difesa, affidandolo alle cure di David Alaba e Antonio Rüdiger. Soprattutto la marcatura del tedesco si è rivelata efficace, ancorché non sempre ortodossa.

Il due contro uno che veniva a crearsi sul norvegese era calato all’interno di una architettura difensiva che ha puntato sull’occupazione degli spazi nella metà campo offensiva (sulla costruzione del City) e sui duelli individuali nella propria.

Un atteggiamento efficace, come ricordato nel post-gara da Modrić: ‹‹sapevamo che avrebbero avuto il possesso, non facile da pressare, siamo stati pazienti aspettando la nostra opportunità…l’importante è chiudere bene gli spazi fra le linee››.

Per coprire la propria linea arretrata Ancelotti ha scelto la soluzione di una mediana con Toni Kroos davanti alla difesa, affiancato dal croato e da Federico Valverde. In fase difensiva l’uruguaiano aveva il compito di aiutare proprio Kroos nel gestire la zona di rifinitura. Il piano è funzionato fino al minuto sessantotto e al gol di De Bruyne.

Anche Guardiola aveva predisposto un bel piano gara. Il tecnico catalano è rimasto fedele a se stesso. Forse troppo in questo caso. Contro Lipsia, Bayern e Real, l’ex allenatore del Barcellona ha messo da parte l’overthinking (che spesso lo ha accompagnato in passato in occasioni importanti), cercando di restare sul sicuro.

Così, Bernardo Silva è rimasto titolare, con Rodri ad ancorare il centrocampo e John Stones che in possesso si alzava al fianco dello spagnolo, lasciando Kyle Walker e Manuel Akanji ad aiutare Rúben Dias contro le transizioni madrilene. Soprattutto, a sinistra veniva riproposto Jack Grealish e non soltanto per supportare Haaland (poco in verità).

L’esterno inglese è infatti uno degli elementi sui quali Guardiola sta puntando maggiormente in questa stagione per aumentare il controllo del City sulla gara. Una ricerca del controllo che ha assunto livelli parossistici. Con Rodri, İlkay Gündoğan, De Bruyne, Bernardo e Grealish in mezzo e con una difesa con quattro centrali (o tre come contro il Real) Guardiola è convinto di aver approssimato allo zero la possibilità che in partita si verifichi qualcosa in grado di contestare l’ordine posizionale stabilito dal Manchester.

In realtà al Bernabéu non è stato così. Oltre all’azione del gol di Vinícius c’è infatti da registrare anche quella fase iniziale della ripresa di cui parlavamo prima, dove la partita è stata nelle mani delle merengues. Il City poi ha avuto difficoltà a settare il non possesso. È vero che la rete del pareggio scaturisce da una riaggressione in avanti, ma questo conferma il buon lavoro fatto in termini di gegenpressing. Diversa questione è quella che riguarda il pressing. Il PPDA generale del City è infatti stato di ben 17.6. In pratica la squadra di Guardiola è riuscita a pressare forte solo fra il 61’ ed il 75’ minuto.

La ricerca esasperata del controllo su tutte le situazioni si è poi manifestata nella scelta di Guardiola di non effettuare nemmeno un cambio. Lo scarso ricorso alla panchina in corso di partita è diventata una caratteristica forte della gestione recente del catalano.

Vedremo cosa succederà all’Etihad nella gara di ritorno. È probabile che Guardiola ripeta la strategia dell’andata. Dovrà tuttavia cercare di coinvolgere meglio Haaland in fase offensiva.

D’altra parte anche Ancelotti potrà replicare quanto fatto all’andata. Il tecnico italiano sa che non ha bisogno di lunghe fasi di possesso per determinare il risultato finale. Ai suoi avanti bastano un paio di palloni giocabili in uscita da dietro. In panchina poi Carlo ha gli elementi adatti (Aurélien Tchouaméni, Lucas Vázquez) per cambiare il corso degli eventi.

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