Pareggiando al Maradona (1-1) con il forte Napoli di Luciano Spalletti, il Milan torna a rivedere una semifinale di Champions sedici anni dopo l’ultima volta. Lo fa attraverso una prestazione importante, soprattutto a livello difensivo. In tre sfide contro i partenopei (le due valevoli per i quarti e quella vinta trionfalmente in campionato, sempre in trasferta) la compagine guidata da Stefano Pioli è riuscita a imbrigliare la fase offensiva di una squadra azzurra che, fino a qualche settimana fa, è stata un vero e proprio rullo compressore.
Davanti alla pressione esercitata dagli azzurri (71% di possesso palla) il Milan ha risposto con la solita ricetta messa in evidenza recentemente dalle formazioni che sono riuscite in qualche modo ad annacquare la potenza dell’attacco napoletano. Una ricetta imperniata su difesa bassa e chiusura dei corridoi centrali.
Contro un Napoli che recuperava Victor Osimhen (arma devastante nell’attaccare la profondità), il Milan ha risposto negando la verticalità al possesso avversario e stringendo la morsa sull’attaccante nigeriano grazie al lavoro della coppia centrale formata da Simon Kjær e Fikayo Tomori.
Una volta limitata la principale bocca da fuoco del Napoli, il compito primario che restava da svolgere per la retroguardia rossonera era quello di contenere Khvicha Kvaratskhelia. L’esterno georgiano è stato ancora una volta caricato del compito di fungere da grimaldello per aprire il blocco difensivo rivale. Non a caso Kvaratskhelia ha registrato 98 tocchi di palla, a riprova di come la manovra offensiva azzurra sia stata declinata soprattutto a sinistra.
Per contenere un giocatore che ha prodotto 14 gol e 16 assist nelle 35 partite disputate in questa stagione con la maglia del Napoli, il Milan si è affidato ad una interpretazione di squadra che ha avuto il proprio perno nella prestazione difensiva di Davide Calabria, già all’andata in grado di opporsi egregiamente al no.77 azzurro.

Con il georgiano bloccato il Napoli non è riuscito a trovare una valvola di sfogo alternativa per la propria manovra d’attacco, soprattutto quando (dopo appena mezz’ora di partita) Matteo Politano ha dovuto lasciare il campo a Hirving Lozano.
Il gol pareggio in pieno recupero segnato da Osimhen ha evitato al Napoli la sconfitta davanti al pubblico amico, ma non ha cambiato l’esito della qualificazione. Soprattutto, non ha eliminato l’impressione che la squadra di casa non sarebbe stata in grado di segnare in tempo utile le reti necessarie per il passaggio del turno nemmeno se la partita fosse proseguita ben oltre il novantesimo.
Infatti, se togliamo l’occasione del rigore sbagliato da Kvaratskhelia (0.76), il dato finale degli expected goals prodotti dal Napoli è stato di 1.44. Dividendo il tutto per i tiri effettuati dagli uomini di Spalletti (23) si ottiene un risultato di 0.06 xG per tiro.
Confrontando questo dato con quello che il Napoli registra in Serie A (0.10) ci rendiamo conto di come la fase difensiva del Milan sia riuscita a limitare la pericolosità delle conclusioni avversarie.
Alla fine quello che ci ha detto questa partita di ritorno è che il Napoli è rimasto uguale a se stesso, ma non ha avuto la consueta pericolosità ed efficacia in sede di finalizzazione. Il Milan invece si è in parte snaturato, adattandosi al contesto e all’avversario e giocando una partita più difensiva. Una decisione che però ha premiato la squadra rossonera, molto più efficiente nell’eseguire il proprio piano gara.

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