Abbiamo analizzato la sfida fra Roma e Lazio insieme a Antonio Gabriele di @ASRomaData.
Il derby di domenica ha ricordato le stracittadine di fine anni 80, con poco gioco e bassa intensità. Per fare copia e incolla da quei derby lì sono mancati solo alcuni scontri fisici. L’IPO di Sics segnala un dato totale di 34, a riprova della scarsa produzione offensiva di entrambe le squadre Qual è il tuo parere su quanto espresso dalle due squadre?
Esattamente, è stata una partita povera di occasioni da gol e molto bloccata. Oltre al gol c’è stata solo la traversa di Zaniolo ed il tiro di Felipe Anderson nel 2o tempo. Le due squadre hanno creato in totale 1.1 xG insieme, il dato più basso di tutte le partite giocate dalla Roma di Mourinho ed il terzo valore più basso dell’intero campionato finora. Sicuramente il gol di Felipe Anderson ha “bloccato” la partita, fino a quel momento non c’erano state grandi opportunità ma la partita sembrava più aperta. Una volta in vantaggio la Lazio ha fatto, in un certo senso, la Roma e difendendo con un blocco basso ha negato ogni spazio alla squadra di Mourinho, che addirittura ha concluso il secondo tempo con 3 soli tiri, di cui nessuno nello specchio.
Dal punto di vista tattico, la Roma ha approcciato la gara con grande aggressività. Il baricentro medio era alto fin dal primo tempo (52.29m). In questo senso, ha aiutato l’utilizzo di Camara, elemento che permette a Mourinho di alzare la prima pressione della sua squadra. Accettando il 3c3 dietro e creando duelli individuali a tutto campo.
È vero, Camara sta diventando praticamente un titolare in questa squadra, e le sue grandi capacità dinamiche e di contrasto permettono alla Roma un atteggiamento più aggressivo in campo. In effetti proprio un recupero alto di Camara aveva portato al tiro di Abraham dopo 2 minuti, azione che rimarrà l’occasione più nitida creata dalla Roma nell’intera partita (0.13 xG). Ancora una volta (come contro Napoli e Ludogorets) però il guineano ha mostrato limiti in rifinitura, ritardando il passaggio da una posizione che poteva portare a pericoli ben maggiori.
Il problema in rifinitura è tanto più evidente se andiamo a guardare i recuperi alti, la Roma ne ha effettuati ben 9 ieri, attuando un gegenpressing abbastanza accentuato nel 2o tempo, senza però creare nessun tiro da queste situazioni.
Permettimi di fornirti un dato sul baricentro, non è solo ieri che la Roma ha tenuto un baricentro alto, mi ha sorpreso leggere nel match program della partita che la squadra di Mourinho ha avuto nelle prime 13 partite un baricentro medio di 50.69 m, più di quello della Lazio, pari a 49.4 m.
In generale, la Roma è un generatore di transizioni, brevi o lunghe che siano, ma sempre verticali appena riconquistata palla. Questa è la miglior maniera che i giallorossi hanno evidenziato in questo campionato per essere pericolosi. Il derby ha seguito questa linea.
Ha seguito questa linea nel senso che l’occasione più pericolosa è effettivamente arrivata con la transizione generata dal recupero alto di Camara. Nel resto della partita l’ottima difesa degli spazi della Lazio non ha concesso profondità alla Roma e né Zaniolo, che comunque ha disputato una bona gara, né Abraham hanno avuto possibilità di esprimersi in campo aperto.
Uno dei pattern offensivi seguiti dall’undici di Mourinho è stato quello di muovere palla dai centrali difensivi ai quinti, cercando poi eventualmente il cambio di campo se il lato di inizio azione veniva chiuso da una Lazio attenta a scivolare in zona palla.
Il problema è stato nella lentezza di queste giocate, e nell’approccio ultra conservativo dei quinti in possesso. Nessuno tra Zalewski, El Shaarawy e Celik ha tentato un dribbling, l’unico dei quinti a provarci è stato Karsdorp, che notoriamente non eccelle in questo fondamentale ed infatti non è mai riuscito a saltare l’uomo.
L’idea era quella di chiamare fuori i terzini biancocelesti per andare a lavorare fra di essi e i centrali difensivi di parte con i due trequartisti (Pellegrini e Zaniolo). Il piano però non è riuscito per la squadra di Sarri non ha mai rotto la linea.
Anche a me è sembrata un piano chiaro, evidenziato soprattutto dalla ricerca insistente di Zalewski da parte di Mancini, una traccia molto esplorata nel primo tempo. Purtroppo per la Roma, una volta raggiunta quella zona, nonostante la vicinanza tra Pellegrini e Zalewski abbia costretto Lazzari all’ammonizione al 25’, non sono nati grandi pericoli, un po’ per le precarie condizioni del capitano, un po’ perché nessuno andava ad inserirsi nel mezzo spazio tra Lazzari e Casale.
Nonostante sia uscito al 73’ Zalewski è stato il giocatore della Roma ad aver ricevuto più passaggi dopo i 3 centrali (era anche la prima opzione in uscita per Ibañez) ed aver creato più pericoli attraverso passaggi o conduzioni con 0.18 xT.
Sono comunque mancati piani alternativi.
In effetti a parte le combinazioni sul lato sinistro e la solita irruenza di Zaniolo, la Roma è sembrata in difficoltà soprattutto nella prima costruzione. Il pressing della Lazio era principalmente orientato a chiudere le linee di passaggio e l’eccessiva prudenza col pallone di Mancini, Smalling ed Ibañez, unita ad un’ottima schermatura di Cristante da parte della Lazio, costringeva i giallorossi ad una sterile circolazione ad U o ad un lancio lungo.
L’abbassamento di Pellegrini ad aiutare la prima costruzione poteva essere una soluzione, cosi come l’ingresso verso il centro (da falso terzino) di Zalewski con Pellegrini a scalare nello spazio lasciato libero dal polacco (situazione già esplorata in alcune occasioni lo scorso anno).
Da parte sua, la Lazio ha cercato di venire a prendere alta la Roma, ma soltanto fino al gol del vantaggio. Dopo di che è entrata nella sua comfort zone fatta di blocco medio e ripartenze.
Va detto che dopo il gol, la Lazio ha praticamente smesso di pressare il primo possesso, e quindi anche le soluzioni alternative di cui parlavamo prima hanno smesso di aver ragion d’essere. Una volta in vantaggio la squadra di Sarri ha abbassato il baricentro evitando ogni rischio di lasciare spazio alle transizioni giallorosse. Nel 2o tempo in particolare il baricentro addirittura a 37 m, pur mantenendo una grande compattezza (con una lunghezza media di solo 23.4 m.)
In fase offensiva la Lazio ha alternato tentativi di risalita dal basso ad una costruzione più diretta, sfruttando soprattutto Provedel (7 passaggi chiave).
La Lazio è stata molto brava a non perdere mai la bussola della partita, né nel primo tempo quando la Roma è entrata abbastanza aggressiva, né quando, una volta in vantaggio, è stata costretta ad affrontare l’assedio giallorosso. I giocatori erano sempre ben spaziati a formare i soliti triangoli delle squadre di Sarri permettendo multiple linee di passaggio. Oltre a questo la capacità tecnica di Provedel permetteva un’ulteriore via d’uscita alla Lazio, ora con lanci precisi verso Felipe Anderson (tuttavia ben contenuto da Smalling) ora con lanci verso la zona sinistra d’attacco. A fine partita sono stati ben 17 i lanci riusciti, con un ragguardevole 60% di riuscita.
A proposito della rete che ha deciso il derby. Pedro è stato bravissimo ad indirizzare la pressione su Ibañez mettendo in ombra la linea id passaggio verso Zalewski e forzando così l’errore del centrale romanista. Come si sarebbe dovuto comportare il brasiliano in quella circostanza?
Premesso che è sempre facile parlare dal comodo di casa mia e che non mi piace gettare croci addosso a nessuno purtroppo l’errore è stato grave e decisivo.
Pedro è stato indubbiamente molto bravo a leggere l’errore di Ibañez (già pochi minuti prima aveva quasi intercettato un passaggio verso Zalewski in una situazione simile) tuttavia il giocatore brasiliano, poteva cercare soluzioni che, per quanto rischiose, lo fossero meno di un dribbling da ultimo uomo senza copertura in area di rigore.
Alzare la palla verso Zalewski sembra la soluzione più semplice, in alternativa anche un passaggio rasoterra verso sinistra che pur costringendo il polacco nella difficile situazione ricevere spalle alla porta sarebbe stato meglio del disastro avvenuto. Le altre due opzioni potevano essere un passaggio a Rui Patricio o un lancio lungo a spazzare verso gli attaccanti. Cristante non era un’opzione, sia perché ben coperto da Pedro e con Felipe Anderson vicino sia perché in posizione centrale e pericolosa.
Nella ripresa Mourinho ha tolto Mancini (ammonito) e lo ha sostituito con Celik. Il turco però avrebbe dovuto garantire più spinta sul lato destro del campo, mentre invece si è limitato a svolgere funzioni da braccetto statico.
Con una ammonizione a carico ed un gol da recuperare la sostituzione aveva perfettamente senso, quello che nessuno ha capito è stata la decisione di usare Celik da braccetto invece di passare direttamente ad una difesa a 4 (come contro la Juventus). Una mossa ritardata di 20 minuti con l’ingresso di El Shaarawy per Karsdorp ed il passaggio al 4-2-3-1. Probabilmente Mourinho non voleva sbilanciare immediatamente la squadra lasciando spazio ad eventuali contropiedi laziali.
La girandola dei cambi ha visto Mourinho riproporre il tema dell’accumulo di giocatori offensivi per cercare di trovare la via della rete. Già con Volpato in campo (al posto dell’infortunato Pellegrini) l’assetto romanista era passato al 3-4-1-2. Le successive sostituzioni (che hanno visto via via entrare anche El Shaarawy e Belotti) hanno allungato la Roma e hanno trasformato la sua struttura base in una sorta di 3-2-1-4 all-in. La squadra così iper-fluida è risultata però essere più liquefatta che liquida…
A questo proposito, sai che la Roma è una delle squadre ad aver ottenuto meno gol dai subentranti quest’anno (solo 2)? Quello delle sostituzioni iper-offensive è un pattern già visto e che Mourinho ha attuato anche in passato con altre squadre (ricordi il famoso Inter-Samp 3-2 nel recupero). Immagino che senza infortunio l’assedio finale sarebbe stato portato con Pellegrini tra i 2 di centrocampo, magari con Matić accanto. Volpato è stato l’unico dei subentranti a creare qualche pericolo, anche se non sempre supportato dai suoi compagni di squadra (non seguendo ad esempio l’italo australiano nella sua azione in area all’85mo). El Shaarawy non ha mai cercato un dribbling mentre Belotti continua a sembrare avulso dalla manovra e poco a suo agio con Abraham accanto, come dimostrano i soli 7 tocchi nei 27 minuti giocati. 12
Alla fine la Roma ha confermato le sue difficoltà nell’attaccare blocchi bassi, con la Lazio che si è abbassata sempre di più man mano che passavano i minuti, fino a registrare un baricentro medio di 37.01m nel secondo tempo.
Ne abbiamo parlato prima del baricentro basso della Lazio, una strategia assolutamente legittima viste le assenze di Immobile e Milinkovic Savic, la situazione di vantaggio e la conoscenza delle difficoltà della Roma ad attaccare difese compatte e blocchi bassi. È interessante notare che in ben 4 delle 6 sconfitte stagionali la Roma abbia avuto più possesso palla dell’avversario. Allo stesso tempo sappiamo benissimo che un possesso lento e sterile difficilmente porta ad occasioni da gol. Come nel primo tempo contro il Ludogorets il possesso giallorosso è spesso lento e se non si tentano neanche i dribbling (solo 9 tentati ieri, di cui nessuno riuscito) l’unica soluzione diventa lo sterile cross dalla trequarti (25 ieri, di cui solo 4 riusciti), una situazione di facile lettura per difese esperte. I vari infortuni stanno certamente pesando: l’assenza di Dybala ha privato Mourinho allo stesso tempo di un creatore, finalizzatole e facilitatore (in 4 delle 7 partite giocate senza di lui la Roma ha effettuato meno di 10 tiri in porta), quella di Spinazzola, al netto degli alti e bassi mostrati finora, di uno dei pochi giocatori in grado di fornire strappi e velocità, di Wijnaldum neanche ne parlo perché non l’abbiamo ancora visto, in più ieri l’uscita di Pellegrini ha privato i giallorossi del principale giocatore creativo in squadra ed anche di uno dei migliori calciatori da fermo del campionato.
Per quanto riguarda l’undici biancoceleste, la squadra di Sarri ha patito (come era prevedibile) le assenze di Immobile e di Milinković-Savić nelle varie fasi della propria manovra. Detto questo, la squadra ha limitato gli errori anche se l’impressione è che una squadra più ordinata e organizzata contro il tipo di sistema difensivo messo in pratica dagli uomini di Sarri avrebbe potuto trovare la via del pareggio. Alla fine sono più i meriti della Lazio o i demeriti della Roma a pesare sul risultato di una partita sostanzialmente da 0-0?
Anche io penso che la partita fosse sostanzialmente da 0-0, vinta dalla squadra che ha commesso meno errori. È stata brava la Lazio ad indurre Ibañez all’errore, a sfruttarlo cinicamente e ad impostare il resto della partita sulle ben note difficoltà della Roma a manipolare blocchi difensivi compatti. La storia della Roma di Mourinho mi porta a pensare che se fossero stati i giallorossi a passare in vantaggio avrebbero portato a casa il risultato nella stessa maniera. La Roma può recriminare solo sull’infortunio di Pellegrini, ma ha comunque fatto troppo poco nei 47 minuti giocati senza il capitano per raggiungere almeno il pareggio. Per rispondere alla tua domanda, credo il confine sia stato molto sottile, con meriti e demeriti ad influenzarsi l’un l’altro in un circolo infinito.

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