La Juventus, la sua carriera, l’infortunio, il momento del Südtirol…in questa intervista Hans Nicolussi Caviglia ci ha dato il suo punto di vista su tanti argomenti riguardanti il mondo del calcio e il suo vissuto personale.
Siete partiti con tre sconfitte nelle prime tre gare per imboccare poi una strada di crescita una volta arrivato Bisoli. Cosa ha portato il nuovo allenatore dal punto di vista tattico e psicologico?
Mister Bisoli è molto esigente, gestisce allenamenti intensi e decisi, che portino ad una condizione che sia la migliore possibile. Ci comunica il pensiero che le vittorie sono la diretta conseguenza di impegno e dedizione. Crede nella compattezza del gruppo, nel lavoro, nella fatica e nell’organizzazione di squadra. Condivide entusiasmo e l’idea che bisogna saper vivere intensamente ogni momento. Alla squadra richiede competenza e massima flessibilità, per poter cambiare spesso pelle, anche a gara in corso.
L’arrivo di Bisoli ha ripristinato quella sicurezza difensiva che la squadra ha mostrato nello scorso anno, vincendo il campionato di Serie C. Cosa è cambiato nel vostro modo di difendere, dopo che nelle prime tre uscite in campionato avevate concesso 8 reti?
Il mister è riuscito a calarsi molto rapidamente nel contesto e ha creduto da subito nelle qualità umane e tecniche della squadra, che si è messa totalmente a sua disposizione. Abbiamo appreso concetti difensivi e compattezza in un brevissimo lasso di tempo. Continuiamo a lavorare su questo e sull’elasticità di calarsi nei diversi contesti, puntando sempre sulla concretezza.
Il vostro ex allenatore (Leandro Greco) è rimasto nello staff del nuovo tecnico come assistente. È una cosa inusuale nel mondo del calcio. Come è cambiato il suo rapporto con voi ed il vostro con lui?
Siamo tutti concentrati sullo stesso obiettivo, quello di fare bene e dare il meglio a partire dalla fiducia nel lavoro quotidiano e nel gruppo. Leandro Greco è sempre stata una figura di riferimento e continua a darci molti consigli, in particolare a noi centrocampisti, essendo stato lui un ottimo giocatore in quel ruolo.
Quali compiti ti vengono richiesti nelle due fasi di gioco?
Ultimamente sto giocando molto da centrocampista mediano, a due o da solo, e le principali richieste del mister sono una grande capacità nelle letture e nello schermare le traiettorie avversarie. In fase di possesso mi chiede di essere me stesso, cioè di esprimere qualità d’impostazione, tanti cambi di gioco e verticalizzazioni. Il calcio di mister Bisoli è un’organizzazione finalizzata alla creazione di gruppo, dove è il gruppo che fa il singolo e non viceversa. Il ruolo che mi disegna richiede diverse competenze e spirito di sacrificio, è un ruolo che spesso non si mette in evidenza, ma se manca si sente. Da un punto di vista personale lo sto vivendo come un’occasione per approfondire ogni aspetto del mio ruolo di centrocampista e diventare il più completo possibile, rispondendo al meglio sul campo alle sue richieste per interpretare con la mia personalità e i miei strumenti la sua idea di calcio per la salvezza.
Dove può arrivare il Südtirol in questa serie B?
In un viaggio è molto importante il percorso. Siamo concentrati sul cammino, giorno per giorno. Stiamo nel momento, non per negare futuri obiettivi alti ma per costruire oggi il nostro meglio. C’è un detto: Tutti vogliono andare in paradiso ma nessuno vuole morire. Mi sento di dire che stiamo imparando a trarre il meglio dalle situazioni positive ma non ci spaventeremo se ci saranno momenti negativi. Le persone arrivano sempre al momento giusto nei luoghi in cui sono attese.
Quale importanza assumono a livello di squadra i big data? E quale per te? Ti rapporto ad essi come uno strumento per migliorare qualcosa? In questo senso com’è il rapporto che hai avuto (a Bolzano e anche in passato) con la figura del match analyst?
La video analisi è una risorsa, secondo me è utile perché aggiunge oggettività. Questo vale sia per l’elaborazione e la lettura di dati statistici, sia per l’analisi tattica del match (penso che le due cose debbano essere integrate, perché restituiscano significato). Al contrario del mondo anglosassone, in Italia siamo arrivati un po’ tardi a dare importanza al ruolo del data e del match analyst e fino a pochi anni fa nel calcio erano professionalità presenti solo in serie A. Bisogna poter far parte di uno staff tecnico che sappia integrare, confrontarsi e comunicare per migliorare reciprocamente il lavoro di tutti. In Juve mi sono sempre confrontato proficuamente su questo. Penso ci vadano competenze approfondite non solo da un punto di vista informatico e tecnologico: bisogna conoscere bene il gioco che si analizza, per poterlo leggere e sintetizzare, e acquisire grandi abilità tattiche. L’analista non si può certo sostituire all’allenatore, ma credo che per lui possa essere uno strumento di confronto e riflessione importante, perché ha la caratteristica del distacco e di fornire dati oggettivi. Lo stesso vale per l’atleta. Ovviamente sono fondamentali lavoro, mentalità e prestazione sul campo, ma lo studio del minimo dettaglio senza componenti emotive (grazie all’analisi) può aiutare il processo di crescita individuale e di gruppo. Curiosità e intraprendenza sono qualità utili per non smettere mai di migliorarsi.
Cosa ti ha lasciato l’esperienza alla Juve?
La Juventus è la mia origine, la mia esperienza fondativa. Quello che sono oggi l’ho costruito soprattutto lì.

L’infortunio che hai subito e che ti ha tenuto fuori dai campi per sei mesi ha anche rallentato la tua ascesa. Oltre alle cicatrici esteriori che cosa ti ha lasciato quella esperienza?
Ho appreso molto. Gli eventi negativi, ma anche quelli positivi, non sono definitivi, dobbiamo riuscire a trasformarli in esperienza e andare avanti più forti di prima. Penso che siamo tutto ciò che superiamo. Ho maturato consapevolezza del mio corpo, della mia testa e questo mi ha migliorato nella gestione della partita e nella lettura delle situazioni di campo. La mia motivazione, se possibile, è cresciuta ancora di più. Ora ho solo voglia di giocare il più possibile e il meglio possibile.
Come si affronta la fase di recupero in una situazione del genere? Hai mai avuto momenti di scoramento?
Come per ogni situazione, è il fare che aiuta. Non ho mai smesso di lavorare. Non si può restare inermi davanti alle prove che la vita ti mette davanti. Fin qui ho superato dislivelli incredibili, ho vissuto un esordio in serie A e uno spezzone di stagione con la Juventus, ho visto davanti a me porte che si aprivano e poi momenti veramente duri, ma non ho mai perso la voglia di andare avanti.
Dal punto di vista tecnico sei un giocatore di grande qualità. Come ti descriveresti?
Brevemente, direi che sono un centrocampista che può ricoprire tutti i quattro (tre) ruoli del rombo di centrocampo. Ho capacità di valutazione e lettura, qualità balistiche e di gioco palla a terra, consapevolezza dei momenti della partita.
Sei entrato giovanissimo nel settore giovanile di un club prestigioso come la Juventus. Quando ti sei accorto che non eri un bambino come gli altri, ma che avevi qualità che ti avrebbero probabilmente permesso di diventare un calciatore professionista?
Non ho mai fatto speculazioni di questo genere. Sono entrato in Juve a 8 anni e ho fatto tutto il percorso fino all’esordio in serie A, a 19 anni. Io amo il calcio e sono sempre stato in quello che ho fatto sul campo, sia in allenamento che in partita, con tutto me stesso. Per me il calcio è ancora oggi un gioco serio, nel senso di come è serio il gioco dei bambini quando giocano a qualsiasi gioco, mi spiego?
In bianconero ti sei allenato con grandi calciatori, Cristiano Ronaldo su tutti. Com’è il portoghese visto da vicino? È tatticamente davvero così condizionante averlo in campo, nel senso che la squadra si deve adattare a lui in entrambe le fasi di gioco?
Visto da vicino è un esempio totale e anche solo dall’osservazione e dall’interiorizzazione di ciò che un giocatore come lui ti trasmette arrivano grandi insegnamenti. Quando lo si ha in squadra ovviamente si è consapevoli dell’arma di cui si dispone, e quindi si fa di tutto per servirlo nel migliore dei modi, non per condizionamento ma per spirito calcistico!
Immagini di poter tornare in prima squadra alla Juve un giorno?
È la mia volontà da quando ero un bambino che si allenava alla Juve e giocava le prime partite con quella maglia. Ad oggi ho fatto dodici stagioni sul campo in bianconero e la mia volontà è rimasta la stessa.
Come si vive a Bolzano? Cosa fai nel tempo libero (che immagino sia poco con un calendario del genere…) ?
Ho scelto di vivere in un piccolo paese vicino a Bolzano, ma soprattutto vicino al centro sportivo. E’ immerso in una natura bellissima in cui sto bene. Mi piace fare una vita tranquilla. Ascolto musica, mi piacciono il cinema e il golf. Mi rilassa suonare il pianoforte, cosa che faccio a livello amatoriale. Faccio passeggiate, vado in bici e studio: sono iscritto a Scienze Motorie – Curriculum Calcio. Non c’è niente da fare: il calcio è la mia più grande passione.

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