Una rete di Nicolò Zaniolo (la quinta in dieci partite disputate nella competizione) permette alla Roma di vincere una coppa europea dopo più di sessant’anni, ai suoi tifosi di invadere festanti le vie della capitale e a José Mourinho di imprimere ancora una volta (la quinta per la precisione) il proprio marchio su un trionfo continentale.
La finale di Tirana ha rappresentato, nel suo svilupparsi, un trademark della Roma mourinhana quando questa si è trovata a dover affrontare avversari di spessore tecnico superiore.
L’inizio di partita è stato caratterizzato dal tentativo del Feyenoord di imporre appunto la qualità dei propri interpreti. La squadra di Arne Slot si presenta in modo fedele a quanto atteso alla vigilia: compagine disposta col 4-2-3-1 come sistema base, estremamente fluida in possesso, feroce in fase di riaggressione.

In fase offensiva gli olandesi tendono a costruire in modo molto fluido, con Geertruida (nominalmente il terzino destro) che viene ad assumere una posizione più stretta nel mezzo spazio, andando a formare la seconda linea costruttiva con Aursnes e Orkun Kökcü.

Il turco si trova a metà strada fra le funzioni di costruttore e quelle di invasore. Uno degli elementi di maggior spessore a disposizione di Slot, il 21enne turco galleggia nel mezzo spazio sinistro lavorando in combinazione con Malacia, alzando ed abbassando la propria posizione in base alla situazione.
Abituata a sovraccaricare le zone esterne del campo, la formazione olandese a sinistra cerca di sfruttare il possibile mismatch che vede Luis Sinisterra opposto a Mancini. Ma è sul lato destro che si sviluppa maggiormente il volume offensivo del Feyenoord (63%) dove Reiss Nelson alterna il suo posizionamento fra la rifinitura laterale e quella centrale.
La Roma prova a difendersi con un blocco medio, cercando di prendere 1c1 gli avversari senza abbassare molto i due quinti Zalewski e Karsdorp, per non concedere troppo campo al palleggio avversario.
In fase di risalita la compagine giallorossa si affida ai lanci diretti per Abraham e Zaniolo allo scopo di andare a colpire alle spalle Marcos Senesi e Gernot Trauner. Proprio un errore di valutazione del centrale austriaco su una giocata da lontano da Mancini consente a Zaniolo di aggiustarsi palla e battere Justin Bijlow per quello che poi risulterà essere il gol vittoria.
La Roma quindi arriva all’intervallo in vantaggio al termine di una prima frazione che l’ha vista lasciare alla rivale il controllo del pallone (59%) ma senza che questo comportasse il concedere troppo in termini di occasioni da gol.
La ripresa parte invece con un Feyenoord ancora più attivo in fase di possesso e di pressing (il PPDA finale sarà di appena 5.3), creando situazioni pericolose. In due circostanze è Rui Patrício a salvare la Roma.
Col passare dei minuti l’intensità del possesso olandese abbassa la squadra di Mourinho che si trova costretta a fasi di difesa posizionale vicino alla propria porta, senza riuscire ad attivare ripartenze in grado di allentare la pressione.
Man mano che la partita va avanti aumenta quindi la sofferenza romanista. Mourinho vede la squadra stancarsi per cercare di chiudere il palleggio avversario ma non ha molto da cui attingere in panchina. Il portoghese però trae il meglio da quanto disponibile, soprattutto inserendo Spinazzola.
Sapientemente utilizzato nello scorcio finale di campionato per prepararlo al meglio in vista dell’appuntamento decisivo della stagione, il nazionale azzurro svolge bene il compito affidatogli dal portoghese, vale a dire quello di risalire il campo in contropiede per alleggerire il forcing della squadra di Slot.
Alla fine, nonostante l’assedio finale, la resistenza della Roma viene premiata, al termine di un confronto nel quale il Feyenoord si è mostrata come la squadra migliore sul piano dell’espressione tecnica ma non in grado di tradurre la quantità di gioco prodotto in un numero di occasioni proporzionate e sufficienti a battere la muraglia giallorossa.

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