Al di là delle questioni in merito alla cifra spesa per assicurarsi le sue prestazioni, l’acquisto di Erling Håland da parte del Manchester City rappresenta un altro passo che la compagine inglese compie nel tentativo di arrivare all’agognata Champions League, sfuggita anche quest’anno a seguito dell’eliminazione patita ad opera del Real Madrid in semifinale.
In questo doppio confronto il City ha prodotto un numero esorbitante di tiri in porta non riuscendo però ad arrivare ad una conversione in rete tale da consentire agli inglesi di superare i gol subiti dal Real.
Nonostante l’ennesima debacle difensiva nel momento cruciale della massima competizione per club, Pep Guardiola ha cercato di aggiustare il tiro rimanendo fedele alla sua idea di attaccare, vale a dire acquistando un centravanti.
Proprio l’arrivo del no.9 più quotato delle ultime stagioni sembra essere il segnale di un ritorno al passato da parte del tecnico catalano.
L’esperienza di Guardiola al City è stata infatti caratterizzata per lo più dall’assenza di un vero centravanti, secondo il noto mantra guardiolesco per il quale il centravanti è lo spazio.
Gabriel Jesus, l’unico attaccante centrale attualmente a disposizione dei Citizens (arrivato nel 2017, ha giocato da titolare soltanto diciannove partite nella Premier di questa stagione, segnando 8 gol) sembra infatti in partenza.
L’aggiunta di Håland al proprio line up offensivo basterà da solo a implementare ulteriormente il potenziale d’attacco a disposizione del City? Nel calcio a volte due più due non equivale a quattro. Inserire un giocatore dalle straordinarie doti realizzative in un contesto che già di per sé segna regolarmente non significa automaticamente garantire un ulteriore plus realizzativo alla squadra in questione.
Dal punto di vista tattico, l’ex Borussia Dortmund aggiunge come detto un elemento in più (attaccante centrale) al meccanismo del Manchester City. Per Guardiola non si tratta di una prima volta: l’allenatore spagnolo ha infatti già avuto a che fare con no.9 più classici sia al Barcellona (con Ibrahimović) che al Bayern (con Lewandowski).
Nel primo caso l’esperienza fu fallimentare, anche a causa dell’idiosincrasia di Ibra nel calarsi in un contesto nel quale non gli veniva chiesto di essere il numero uno assoluto e il leader tecnico di squadra. Con Lewandowski invece le cose si sono incastrate perfettamente. Il polacco infatti ha un ego meno smisurato dello svedese ed il suo inserimento nei meccanismi offensivi dei bavaresi è stato tale che sia Lewandowski che la squadra ne hanno alla fine tratto beneficio.
In Håland, pur con le dovute differenze tecniche, Guardiola ritrova un attaccante che, fra Ibra e Lewandowski, si avvicina di più al giocatore del Bayern, vale a dire un elemento in grado di giocare con e per la squadra.
Le statistiche avanzate parlano infatti di un giocatore associativo, come dimostrano i 7 assist fin qui prodotti e il 3.24 in termini di expected threat.
A livello di xOVA (7.54) Håland si colloca fra i primi quindici attaccanti di movimento che giocano nelle maggiori cinque leghe europee.
Detto questo, a Håland verrà probabilmente chiesto di migliora il livello qualitativo dei passaggi. La sua attuale percentuale di riuscita infatti (71.3%) è inferiore tanto alla media di squadra del City (89.6%) quanto a quella di elementi offensivi come ad esempio Foden (88%), Stearling (85.9%) o Gabriel Jesus (85.3%).
Il norvegese riuscirà a calarsi nel gioco di Guardiola o il catalano modificherà qualcosa (come ha sempre fatto) per adattarsi alle caratteristiche di un elemento che potrebbe rivelarsi importante come Håland?
A questa domanda solo il campo potrà dare risposta.
(dati: soccerment).

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