Le lacrime di Lorenzo Insigne al termine della partita fra Napoli e Roma (1-1) sembrerebbero certificare l’addio dei partenopei alla corsa scudetto. Troppo poco il bottino di un punto nelle due partite casalinghe avute a disposizione (contro Fiorentina e appunto Roma) per coltivare ulteriori speranze.
In realtà, è ancora presto per abdicare anche se ad oggi il campionato in corso sembra proporre Milan o Inter per un titolo che significherebbe il bis per i nerazzurri o che farebbe rivivere il biennio 1987-1989 (scudetti alle due milanesi) nel caso di successo dei rossoneri.
In verità, della sfida del Maradona si è scritto molto in chiave Napoli, sottolineando le scelte iniziali di Spalletti (centrocampo a tre con Lobotka play, Fabián Ruiz e Anguissa interni) e quelle finali, con la decisione di difendere il vantaggio di 1-0 attraverso l’inserimento di un quinto difensore (Juan Jesus).
Nel primo tempo i meccanismi offensivi preparati dall’allenatore toscano avevano funzionato. In particolare, ad essere efficaci erano i posizionamenti di Insigne e Lozano che si muovevano abilmente fra corsia laterale e mezzo spazio di competenza, mettendo in difficoltà Mancini a sinistra e Zalewski e Ibañez sulla corsia destra d’attacco.
Il trio di centrocampo romanista (Sérgio Olivera e Cristante più l’avanzato Pellegrini) faceva fatica a contenere i dirimpettai azzurri. Così, il blocco medio della Roma nel primo tempo (49.68m il baricentro), con Abraham che spezzava spesso la linea partenopea muovendosi incontro, si affidava molto alle sgroppate n campo aperto di uno Zaniolo ben contenuto da Koulibaly.
L’infortunio di Lobotka ha finito per inaridire il palleggio del Napoli che via via ha lasciato spazio alla Roma. A cambiare l’inerzia della partita in senso contrario ai padroni di casa non è stata però soltanto l’uscita dal campo del regista slovacco (sostituito da Piotr Zieliński) ma anche la lettura della partita fatta da Mourinho.
Al rientro dagli spogliatoi infatti il tecnico dei giallorossi aveva già operato un cambio, inserendo Mkhitaryan per Cristante e chiedendo a Zaniolo e Pellegrini di fungere da doppio trequartista alle spalle di Abraham.

A quel punto, con un doppio pivote di palleggio (Olivera e Mkhitaryan) e con Spalletti che cercava di ovviare all’uscita forzata di Lobotka spostando Fabián Ruiz in regia, la Roma prendeva campo (53.17m il baricentro medio nel secondo tempo) e possesso del contesto.

Al Napoli non restava che affidarsi alle palle in profondità per Osimhen mentre Mourinho inseriva altri elementi offensivi a sua disposizione (El Shaarawy al posto di Zalewski e Carles Pérez per Mancini) forzando ulteriormente la difesa posizionale del Napoli.
In questo senso, la difesa a cinque introdotta da Spalletti con l’ingresso di Juan Jesus a sètte minuti dal termine va letta nel quadro del tentativo del tecnico partenopeo di difendere con le unghie e con i denti il vantaggio in una situazione nella quale la sua squadra faceva fatica a palleggiare e a risalire il campo.
Detto ciò, il pareggio della Roma è stato ampiamente meritato e questo sposta ora l’obiettivo su Mourinho. Come è stato scritto tempo fa, l’inizio di stagione della formazione capitolina aveva fatto porre l’accento sul lavoro svolto dal portoghese e sull’opportunità di chiamarlo nella capitale spendendo tutti quei soldi per il suo ingaggio.
La sconfitta contro il Bodø/Glimt (6-1) in Conference League aveva ulteriormente rafforzato il fronte delle critiche. Nelle ultime settimane però qualcosa è cambiato. La squadra si è qualificata per le semifinali del terzo torneo europeo (unica italiana rimasta in corsa a livello continentale) mentre in campionato la Roma è imbattuta da dodici giornate.
Mou ha mostrato ancora una volta la capacità di adattarsi al materiale a disposizione, mettendoci del suo nella crescita di Abraham, nell’esplosione di Zalewski e nel ridefinire la zona di operazioni di Zaniolo, portato più centralmente rispetto agli inizi in fascia.
In un torneo come quello di quest’anno, dove le big sembrano giocare a ciapanò (o al gioco dell’oca) mostrando un livellamento verso il basso, la Roma (pur con tutte le problematiche di organico) sembra essersi inserita all’interno di quella classe media della serie A che invece va palesando dei miglioramenti rispetto agli scorsi campionati.
Dove potranno arrivare i giallorossi è ancora presto per dirlo. L’idea però è che due o tre acquisti di livello, avallati da Mourinho, potrebbero aprire nuovi orizzonti per la squadra la prossima stagione.

Sostieni la Gabbia
Sostieni la Gabbia offrendo un caffè
2,00 €