Accolto come un carneade al momento del suo arrivo a Roma, il tecnico portoghese Paulo Fonseca ha invece dimostrato di essere un valido alfiere di quella scuola di allenatori lusitani che già nel passato più o meno recente (con Josè Mourinho e Paulo Sousa) aveva favorevolmente impressionato nel campionato italiano.
Una delle caratteristiche migliori del 47enne allenatore di origine mozambicana e del suo staff è stata la capacità di adattamento al contesto straniero (peraltro già ampiamente dimostrata durante l’esperienza in Ucraina alla guida dello Shakhtar Donetsk) insieme alla rapidità nel modificare il proprio modello di gioco in funzione del materiale a disposizione.
Arrivato infatti come un sostenitore del 4-2-3-1 con gli esterni offensivi pronti ad entrare in campo (per costruire un rombo avanzato con il play e il trequarti), Fonseca ha via via adattato lo schieramento base della Roma ai giocatori, restando comunque fedele ai principi del gioco di posizione.

Così ad esempio, all’inizio della sua avventura italiana, il portoghese ha insistito su una uscita pulita da dietro, variando però la disposizione in campo della squadra in fase di costruzione.
Se inizialmente l’idea era quella di riproporre la salida lavolpiana già vista in Europa con lo Shakthar, successivamente (a causa delle difficoltà manifestata dalla squadra) Fonseca ha scelto di ricreare la difesa a tre in costruzione tramite il mantenimento di un terzino bloccato (Florenzi o Kolarov) o mediante l’abbassamento di un mediano come braccetto (Veretout).
Il posizionamento di Cristante come difensore centrale, così come quello di Pellegrini in mediana (o quello dell’anno scorso con Mancini a centrocampo) sono stati tutti volti a cercare di favorire una prima costruzione fluida ed efficace, tanto più da quando Fonseca ha scelto di sostituire un no.1 abile con i piedi come Pau López con un altro (Mirante) meno abile ma che dava più garanzie fra i pali.
Contro l’Atalanta poi, Fonseca per la prima volta con la Roma, decide di proporre una difesa a tre di partenza. Una soluzione che quest’anno è diventata stabile, dopo un inizio di stagione caratterizzato invece dalla riproposizione di una linea arretrata a quattro.

Da quando la Roma è passata alla difesa a tre (in Napoli – Roma dello scorso novembre) i giallorossi hanno migliorato le proprie statistiche.
Fino alla trasferta al Diego Maradona la squadra di Fonseca aveva totalizzato 18 punti in 9 partite (media di 2 punti a partita). Nelle 7 partite successive i punti sono stati 16 (+0.28 a partita).
Dal punto di vista prestativo la Roma aveva prodotto 22.55 xG (19 gol fatti), 11.97 xGA (12 gol subiti) con un PPDA di 10.59.
Nelle ultime 7 giornate gli xG sono stati 16.74 (16 gol fatti), gli xGA appena 5.38 (migliore della serie A) per 9 gol subiti col PPDA a 9.68.
I giallorossi hanno quindi leggermente alzato il livello di campo della propria linea di pressione anche se, in generale, l’approccio in non possesso continua ad essere il medesimo: anche in virtù dell’età e delle caratteristiche dei riferimenti offensivi, Fonseca preferisce non lavorare su un pressing avanzato intenso quanto piuttosto far compattare la squadra più indietro per coprire le linee di passaggio centrali e far scattare la pressione quando la palla viene mossa lateralmente.
Tornando invece ai dati offensivi di cui sopra, la differenza fra gol attesi e reti effettivamente realizzate è quindi passata da -3.55 a -0.74.
Prendendo in considerazione le ultime 5 giornate di campionato (quindi un campione recente) e andando ad analizzare invece gli indici di pericolosità offensiva (IPO) e di rischio difensivo (IRD) notiamo come i giallorossi risultino essere il quinto miglior attacco (53.2 di IPO) e la quarta miglior difesa (33.7 di IRD) della massima serie.
A livello di equilibrio generale, sempre tenendo presenti le ultime cinque uscite in campionato, la Roma è dietro soltanto a Atalanta, Napoli e Juventus nel rapporto IPO/IRD (19.4).
Con un dato di 24.2 di IPO/Reti fatte, la Roma conferma anche qui la necessità di dover migliorare il proprio rapporto fra volume di gioco proposto e gol segnati.

La strada sulla quale lavorare per un ulteriore salto di qualità è dunque quella di un miglioramento della fase di finalizzazione.