Una delle notizie calcistiche della settimana è sicuramente quella dell’arrivo a Cremona di Ariedo Braida. Con questa mossa, la società del patron Arvedi rinnova le proprie ambizioni, che guardano al sogno di riportare la Cremonese in serie A.
L’ultima esperienza del club lombardo nella massima serie è infatti datata 1996 quando, dopo due salvezze consecutive, i grigiorossi retrocessero in serie B, cominciando poi quel lungo peregrinare fuori dal calcio che conta, conclusosi solo nel 2017 col ritorno fra i cadetti.

Era, quella, la Cremonese di Gigi Simoni e del direttore sportivo Erminio Favalli. Ex compagni di squadra alla Juventus, da calciatori, tecnico e ds avevano la rara possibilità di operare in un contesto in cui il proprietario del club, Domenico Luzzara, sceglieva di non mettere bocca in questioni tecniche, sia che fossero relative al mercato sia che riguardassero la formazione da mandare in campo la domenica.
La Cremonese di allora è un club modello, quello che sarà poi l’Udinese o, ai giorni nostri, l’Atalanta. Pur senza mai toccare i vertici raggiunti dai bergamaschi, i grigiorossi riescono a far quadrare i bilanci, fuori e dentro il campo. Le cessioni eccellenti degli elementi più validi (il trio di belle speranze Favalli, Bonomi e Marcolin alla Lazio, il portiere Rampulla alla Juve) rimpinguano le casse societarie. Sul terreno di gioco, Simoni riesce sempre a trovare la quadra.
I lombardi praticano un calcio lineare, semplice ma efficace, senza troppe complicazioni. Un 3-5-2 con la difesa a tre che si usava a quel tempo (fino all’avvento dello zonista Malesani): libero staccato (Corrado Verdelli, ex Inter); due marcatori, di cui uno sul centravanti (Luigi Gualco) e l’altro più rapido, per la seconda punta (Gigi Garzya, buonissimo giocatore passato alla storia anche per quel famoso ‹‹sono pienamente d’accordo a metà col mister›› immortalato dalla Gialappa’s); sulle fasce un terzino di spinta (Luigi De Agostini) e un tornante (Gianluca Petrachi); davanti la classica coppia d’attacco formata da un no.9 (Andrea Tentoni) e da un brevilineo (lo sgusciante Florjancic, la bandiera Gustavo Abel Dezotti o Enrico Chiesa, al quale basterà la stagione 1994/95 per far capire a tutti di essere elemento di livello superiore), innescata da un no.10 di talento, posizione ricoperta a Cremona da Riccardo Maspero (31/71 tiri nello specchio della porta e 6 gol nel 1993/94), che aveva il compito di cucire il gioco a metà campo e di rifinire fra le linee avversarie nell’ultimo terzo.

‹‹Maspero aveva un bel sinistro, col quale poteva mettere la palla dove voleva››. Così il fantasista grigiorosso viene ricordato da John Aloisi, attaccante australiano di quella squadra. ‹‹Era un grande rigorista e segnava tanto anche su punizione. Maspero era l’elemento al quale ci rivolgevamo in partita quando avevamo bisogno di creatività››.

Come praticamente tutte le squadre di quei tempi impegnate in zona retrocessione, la Cremonese non ruba l’occhio. Si distingue però per essere una squadra quadrata, reattiva, che si abbassa per creare spazi dietro la linea difensiva avversaria, da attaccare poi con rapide verticalizzazioni una volta entrata in possesso palla. ‹‹Giocavamo con due difensori centrali ed un libero›› ricorda Aloisi. ‹‹Eravamo una squadra difensiva che giocava in contropiede, questo anche perché in Tentoni e Florjancic avevamo due attaccanti molto veloci››.

Il piano era di arrivare in porta per vie centrali in pochi passaggi. Quando questo non era possibile, per il ripiegamento difensivo avversari, la palla transitava sugli esterni per essere poi messa dentro l’area di rigore, attaccata con diversi giocatori.
Una Cremo che si toglie diverse soddisfazioni: conquista a Wembley il Trofeo anglo-italiano nel 1993, l’anno in cui centra la promozione in A e, durante le tre stagioni nella massima serie, più volte fa tremare le grandi.
L’ultimo acuto sarà il 7-1 rifilato al malcapitato Bari di Fascetti nel dicembre 1995. ‹‹Segnai il mio primo gol contro il Padova al mio esordio, dopo due minuti, credo con il mio primo tocco di palla in serie A. La mia seconda rete venne proprio in quella partita contro il Bari, grazie ad un colpo di testa acrobatico›› rammenta Aloisi. ‹‹Non eravamo una squadra che segnava molto così una vittoria come quella divenne l’highlight della stagione››.
Nonostante la squadra veleggi sempre agli ultimi posti, la società di Luzzara e Favalli rimane fedele al tecnico di Crevalcore, che infatti non viene esonerato.
‹‹Quando arrivai quella stagione, a gennaio, eravamo ultimi in classifica e dovevano recuperare tanti punti. Abbiamo avuto una buona seconda parte di campionato ma non è bastata. Con I giocatori che avevamo penso avremmo potuto restare in serie A invece sfortunatamente siamo retrocessi››. Questo il commento di Aloisi su quel torneo 1995/96.
Il buon lavoro fatto, nonostante la retrocessione, vale a Simoni la partenza per altri lidi, fino all’apice raggiunto con l’Inter. Aloisi ricorda che ‹‹tutti i giocatori amavano Gigi Simoni. Era così calmo in un mondo he dove c’è tanta pressione. Era molto saggio ed aveva molta esperienza, non solo come allenatore ma anche come giocatore. Quando il mister parlava, tutti lo ascoltavano››.
Spetterà ora all’ex dirigente del Milan il compito di riportare la Cremonese ai fasti di un tempo. Con nel mezzo un derby dei sentimenti contro il Monza di Berlusconi e Galliani.