Arrivato a Milano dopo qualche campionato complicato, Theo Hernández si è trovato immerso nella confusione tattica del Milan di Giampaolo, per il quale aveva comunque potuto giocare appena 286 minuti a causa di problemi fisici.
Tuttavia, con l’esonero dell’ex allenatore della Sampdoria, il passaggio alla gestione Pioli ed il recupero di una buona condizione, l’ex Atletico e Real Madrid ha beneficiato forse più di altri compagni del nuovo corso rossonero.
Infatti, nel 4-3-3 che diventava 3-2-4-1 in fase di possesso con il quale il tecnico di Parma ha iniziato la sua esperienza milanista, il terzino francese si è visto collocare all’interno di un sistema che privilegia il gioco sulle fasce e che, fin dalla fase di costruzione bassa, puntava su di lui per la risalita del pallone.
Accantonato quindi il palleggio estremizzato del 4-3-1-2 del suo predecessore il nuovo Milan di Pioli si è subito caratterizzato per una maggiore verticalità e per uno sfruttamento maggiore delle corsie esterne, in particolare di quella di sinistra dove i rossoneri possono appunto contare su Hernández.
Terzino offensivo, il 21enne francese ha potuto così dare il meglio di sé, confermandosi non soltanto il giocatore di miglior rendimento della squadra in questa annata ma anche l’elemento più pericoloso del Milan dal punto di vista offensivo.
Agendo all’interno della catena completata da Bonaventura e Calhanoglu, Hernández ha potuto trarre sfruttare il movimento ad occupare l’half-space sinistro di questi ultimi due, avendo così a disposizione spazio da aggredire lungo la corsia di competenza.
Una combinazione fra Hernández e Bonaventura sul lato sinistro del Milan.
Partendo da quella posizione Hernández riusciva a offrire ampiezza ma anche a rivelarsi particolarmente pericoloso nei suoi tagli a convergere verso l’area di rigore avversaria.
Durante la circolazione della palla in fase di attacco posizionale, una delle opzioni di gioco del Milan diventava ben presto il cambio di gioco sul lato debole per cercare l’isolamento in uno contro uno di Hernández sul lato sinistro del campo.
Contro il Bologna, il Milan attacca da destra. Suso gioca sul lato debole per l’accorrente Hernández, che segna.
Con l’arrivo di Ibrahimovic e il passaggio al 4-4-2 si poteva pensare che la presenza di un secondo attaccante potesse in qualche modo limitare il raggio di azione del francese togliendo spazio per i suoi attacchi alla porta, specialmente con l’utilizzo da seconda punta di un giocatore come Leao, portato ad allargarsi a sinistra.
Invece, i rossoneri sono tornati a segnare (otto reti in tre partite) e hanno cominciato ad attaccare l’area con più giocatori, senza per questo finire col limitare Hernández. Anzi, l’esterno del Milan si è ritrovato a poter dialogare con due riferimenti offensivi più avanzati mentre ha continuato a sfruttare il movimento a stringere centralmente fatto da Bonaventura, traendo vantaggio anche dall’uso che Pioli sta facendo di ali a piede invertito (senza dimenticare il fatto che Hernández è comunque abile a muoversi anche più internamente).
Uno sviluppo offensivo nel 4-4-2 di Pioli. Ibrahimovic viene incontro con la seconda punta (Leao) che comincia ad allargarsi mentre Hernández attacca lo spazio liberato da Bonaventura, andato ad occupare la posizione dello svedese.
Grazie alla propria velocità e tecnica il terzino sinistro milanista ha quindi continuato a rappresentare una valida arma offensiva per la compagine allenata da Pioli, stavolta però inserita in un contesto nel quale non ne è più l’unica (o quasi) come in precedenza.
Così, nelle sedici presenze totali accumulate finora, Hernández ha realizzato 5 reti (primo difensore del Milan a segnare così tanto in campionato da Christian Panucci nel 1995/96), e registrato 2 assist.
Il tiro di Hernández può essere utilizzato anche in situazione da calcio piazzato.
È presto per dire se il francese riuscirà ad eguagliare o superare il record di Aldo Maldera (9 gol nella Serie A 1978/79). Certamente, il Milan si è assicurato quello che al momento è uno dei terzini sinistri migliori d’Europa e un giocatore che aiuta la squadra non soltanto in fase di costruzione e possesso ma anche di finalizzazione, dimostrando che i 20 milioni sborsati la scorsa estate per il classe 1997 sono stati ben spesi.