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La ‹‹partita ombra››

Maurizio Viscidi, nella sua tesi del 1997, descriveva l’allenamento per schemi come una esercitazione nella quale ‹‹gli avversari sono assenti e si lavora su spazi e con tempi propri e non in funzione di una risposta situazionale››.

C’è stato un periodo, non molto tempo fa, nel quale fra le esercitazioni considerate fondamentali per allenare la squadra durante il periodo preparatorio vi era l’11>0.

Questo non deve sorprendere: per la generazione dei tecnici cresciuti nel periodo di Sacchi e Zeman, che di queste esercitazioni faceva il punto cardine della loro didattica (è noto come Sacchi al Milan, addirittura, utilizzasse questa esercitazione senza palla), è stato naturale ispirarsi a questi due modelli nella costruzione del proprio modo di allenare.

Successivamente, con l’ascesa del calcio spagnolo prima e del fenomeno Guardiola poi, si è passati ad un utilizzo massiccio dei possessi palla. Anche in questo caso ci sono state, nel tempo, delle evoluzioni.

Inizialmente infatti questi possessi erano spesso proposti in condizioni di 10>10, magari in una metà campo, con un numero vincolato di tocchi e con lo scopo di esercitare il mantenimento del pallone da parte di una squadra e il pressing da parte dell’altra.

Attualmente, grazie anche alle novità giunte dalla scuola portoghese, si utilizzano spesso possessi con un minor numero di giocatori e su spazi ridotti, con lo scopo di allenare anche componenti fisiche. I giochi di posizione rappresentano una ulteriore evoluzione in tal senso, trattandosi di possessi correlati con il proprio sistema di gioco dove si privilegia appunto il rispetto delle posizioni. Si svolgono in disparità numerica e possono essere finalizzati o meno.

A questi mezzi vanno aggiunti gli small sided games (partite a campo ridotto), cioè dei possessi su campi rettangolari (che prevedano quindi la profondità e l’ampiezza) sempre finalizzati, vale a dire con un portiere per squadra e con l’obiettivo del gol.

Tuttavia, nonostante l’utilizzo di queste esercitazioni vada per la maggiore, le ‹‹partite ombra›› (11>0 ma anche 6>0 oppure 8>0) non sono sparite del tutto. Anzi, alcuni allenatori, nelle ultime stagioni, hanno adottato una metodologia di allenamento che prevede un mix fra possessi, SSG, giochi di posizione e ‹‹partite ombra››.

Una esercitazione senza avversari, oltre ad essere utile dal punto di vista didattico per insegnare alla squadra determinate giocate, può avere anche valore metabolico. Infatti, un 11>0 svolto a grande intensità è più allenante di un possesso palla svolto a ritmi blandi.

C’è chi sostiene che tutto dipenda dal tipo di calcio che un allenatore vuole proporre. Chi preferisce un calcio più schematico, con movimenti preordinati, ha bisogno di utilizzare questo tipo di esercitazioni. Chi propone un calcio più di controllo, attraverso il possesso del pallone, avrà maggiormente bisogno di un altro tipo di esercitazioni. Molto dipende dalla rosa a disposizione. I pareri sono vari.

‹‹Possono essere utili per una introduzione, a scopo analitico. Poi però va inserito il contesto, per renderli reali››, sostiene Enzo Maresca.

‹‹Personalmente ancora utilizzo questo mezzo di allenamento››, dice Cristian Bucchi. Lo utilizzo in fase inziale, per dare un’impronta alla squadra, per sviluppare alcune giocate…è ovvio che non è una situazione riproponibile continuamente››.

‹‹Si parte da un 6>0, un 8>0, un 11>0 per poi ovviamente perfezionarlo in base agli avversari che andiamo ad affrontare ad un modulo piuttosto che ad un altro››, prosegue il tecnico dell’Empoli.

‹‹Possiamo creare delle variazioni mettendoci delle sagome o dei giocatori attivi a disturbo, proponendo magari in una fase una transizione con giocatori attivi. Si può partire da lì per renderlo poi situazionale. Come mezzo di allenamento in una fase iniziale, soprattutto con una nuova squadra, ritengo che sia un modo per dare delle linee guida››.

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Bucchi al lavoro con l’Empoli.

‹‹Io non sono per criticare nessun tipo di lavoro››, dice De Petrillo….‹‹tutto è utile se finalizzato al progetto che uno ha. Trovo che un’evoluzione dell’11>0 sia quella di inserire degli sparring, a seconda di cosa si vuole lavorare…mi spiego meglio…se lavoro su come andarli a prendere alti, posso decidere di inserire sparring per lavorare su questo aspetto››.

‹‹Dare riferimenti concreti e direzionati, secondo me serve sempre››, continua il l’allenatore pisano. ‹‹Gli small sided games e i giochi di posizione sono da me molto usati ma sempre con i miei concetti. L’obiettivo è sempre quello di determinare le condizioni di una partita e non subirla e cercare di costringere le squadre a dover coprire sia la profondità che l’ampiezza››.

‹‹Poi è chiaro che una teoria può sembrare perfetta sulla carta…ma fare l’allenatore non si impara sui libri…si impara facendolo. In buona sostanza, anche l’allenatore, sia come persona che come ruolo, deve essere sempre in continua evoluzione››.

Per Davide Nicola gli 11>0 ‹‹equivalgono alla tecnica analitica, servono per facilitare l’idea di esecuzione e la sua comprensione. Inevitabilmente, se vogliamo migliorare le soluzioni o la scelta, non possono bastare. Bisogna avvalersi della presenza dell’avversario››.

Della partita ombra, Andrea Liguori dice che ‹‹per definizione non mi piace, perché non mi dà l’idea di fare qualcosa di allenante per la squadra. Il 6>0 o l’8>0 no. Ho fatto l’11>0 con obiettivi finalizzati sia alla parte fisica sia alla sincronizzazione dei movimenti. Può andar bene lavorando con delle sagome in modo che i giocatori che non sono impegnati nella finalizzazione possano lavorare sulle marcature preventive››, continua Liguori.

‹‹A quel punto l’11>0 è allenante se il difensore è attivo, se viene giocata una seconda palla per una ripartenza improvvisa, con la squadra che si deve riadattare. Ma 11> 0 solo per cercare solo i movimenti e la sincronizzazione, per me ha poca valenza››, conclude l’ex allenatore del Losanna.

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