Classe 1980, pronto ad iniziare il Corso per allenatore Uefa Pro a Coverciano, Enzo Maresca è uno dei rappresentanti di quella nouvelle vague di allenatori italiani che sta cercando di portare qualcosa di nuovo nel nostro calcio. La Gabbia di Orrico ha avuto la possibilità di intervistarlo per scambiare alcune impressioni sul calcio attuale.
Il calcio moderno è diventato fluido a livello tattico: il modo di stare in campo (4-4-2, 4-3-3…) non conta quasi più. O meglio, conta come una squadra si dispone nelle varie fasi di gioco e quali principi applica. Cosa pensi di questa evoluzione recente del calcio?
Penso che si tratti più di occupazione degli spazi che di moduli…logicamente bisogna avere un’idea iniziale, però poi gli sviluppi ti portano ad avere diversi moduli nella stessa gara…in pratica, una “occupazione degli spazi” a secondo della situazione.
La tua esperienza di Ascoli, anche se durata poco tempo, ha confermato che un altro tipo di calcio è possibile in Italia. Allenatori come te, Roberto De Zerbi o Cristian Bucchi propongono un’idea con al centro il gioco e il possesso del pallone usato come arma per manipolare la struttura difensiva avversaria. Un’idea del genere si è vista qui da noi ad alto livello solo con la Fiorentina di Paulo Sousa e la Juventus di Max Allegri. Pensi che questa strada innovatrice sia percorribile da altri anche in un calcio estremamente conservatore come il nostro?
Assolutamente sì! In ogni caso credo ci siano più allenatori che stanno provando ad avere un’idea propositiva. Il calcio, a mio avviso, è una continua evoluzione, di conseguenza ci sono sempre cose da fare. È giusto evolversi cercando di mantenere ciò che va mantenuto.
Enzo Maresca in panchina con l’Ascoli.
Qual è la tua idea di calcio? Quali i tuoi principi di gioco?
Definire un’idea di calcio credo che possa essere un discorso riduttivo, nel senso che è talmente ampio che rischiamo di restare “corti”. Nella mia idea di calcio il giocatore deve assolutamente essere consapevole di tutto ciò che succede e di tutto ciò che fa.
Il calciatore non può avere il pilota automatico. Mi piace che il giocatore “capisca” cosa sta facendo. Sono del parere che sul giocatore bisogna lavorarci, bisogna metterlo nelle condizioni di capire, di imparare, di crescere.
Quale tipologia di esercitazioni sono le più adatte per trasmettere il tuo calcio ai giocatori?
Le esercitazioni vanno create a seconda delle esigenze e delle necessità della squadra. Esigenze che, a mio avviso, cambiano di partita in partita.
Quale importanza rivestono gli half-space nella tua proposta di gioco?
Oggigiorno il calcio va in una direzione di “spazi”. È importante approfondire.
Negli ultimi anni esperti come Vitor Frade o Paco Seirul-lo hanno distrutto le convenzioni tradizionali in merito alla preparazione atletica e, in generale, si sta andando verso una individualizzazione del lavoro tarata sulla base della proposta di gioco che ogni allenatore vuole far esprimere alla propria squadra. Credi che in futuro si proseguirà su questa strada? E qual è la tua posizione in proposito?
Tutto va bene ma sempre avendo equilibrio. In ogni caso, cerco sempre di lavorare con il pallone, semplicemente perché si gioca con il pallone…correre con il pallone vuol dire imparare a correre mentre giochi, correre senza pallone vuol dire “correre”.
Tattica, tecnica, psicologia, preparazione atletica…che importanza dai ad ognuno di questi aspetti?
Sono tutti importanti, però penso che quello più importante stia nel cercare o creare “giocatori intelligenti”.
Un aspetto importante nel calcio di possesso è rappresentato dalla fase di costruzione. Molte squadre, anche le cosiddette piccole, adottano una costruzione bassa per consolidare il possesso in zone più avanzate di campo o per attirare la prima linea di pressione avversaria per poi cercare di superarla e attaccare in spazi ampi. Tu cosa pensi di questo approccio e cosa è importante fare, nella tua idea di calcio, in fase di costruzione?
La fase di costruzione è la base per la fase intermedia e per quella finale, ecco perché è giusto darle importanza. Un errore che non va commesso e quello di preoccuparsi solo della costruzione senza dare importanza alla progressione. La progressione dà un senso alla costruzione.
La nostra scuola tecnica riconosce soltanto due fasi (offensiva e difensiva) mentre da altre parti si considerano anche le transizioni e le palle inattive come fasi di gioco. Qual è la tua idea in proposito?
Penso sia corretto dare importanza a tutto.
Maresca guida l’allenamento a Siviglia.
Un altro aspetto importante nel calcio moderno è rappresentato dalla match analysis. Addirittura, molti allenatori hanno a disposizione nel proprio staff più di un tattico. Quanto ritieni importante poterti affidare ad alcuni occhi in più nello studio della tua squadra e dell’avversario e cosa chiedi al tuo analista tattico?
L’analista è importante. L’allenatore deve essere bravo a far capire ciò di cui ha bisogno, di cosa necessita e su che concetti lavorare. L’analisi video serve per “accentuare” e “chiarire” ciò che vogliamo che succeda.
Ultimamente si diffondono sempre più dati statistici sulle partite. Questi dati sono ora a disposizione di un numero sempre crescente di addetti ai lavori, giornalisti e anche tifosi. Così, ognuno può farsi un’idea più chiara sull’esito di una partita valutando pass maps, linee di passaggio più utilizzate o expected goals (xG). Cosa pensi di questa ‘numerizzazione’ del calcio e quali sono per te i dati più importanti da leggere per valutare la prestazione dei tuoi giocatori e dell’altra squadra?
Anche in questo caso penso che siano tutti dati importanti.
Sempre riguardo agli staff tecnici si nota la tendenza alla specializzazione, un po’ come avviene nel football americano. Hanno destato scalpore la scelta di Gareth Southgate di dotarsi di uno specialista che allenasse gli attaccanti nel tiro in porta o di Jürgen Klopp che a Liverpool ha ingaggiato un esperto delle rimesse laterali. Cosa pensi di questi staff allargati e, potendo, ti doteresti anche tu di diversi specialisti per le varie situazioni di gioco?
Ognuno si crea il proprio staff a seconda delle esigenze.
Le tue esperienze come allenatore ti hanno portato a vedere diverse realtà e a confrontarti anche con allenatori di livello internazionale come Joaquín Caparrós o Manuel Pellegrini in campionati come La Liga o la Premier League. A che punto di evoluzione tattica sono questi due campionati?
Oramai c’è una evoluzione tattica ovunque. Devo dire che qui in Inghilterra, grazie anche alla presenza di Guardiola, Sarri, Pochettino e tanti altri, il calcio da un punto di vista tattico è molto avanti.
Maresca (primo da sinistra) nello staff di Manuel Pellegrini al West Ham.
Quali sono gli allenatori stranieri che segui maggiormente e perché?
Sono anni che seguo diversi allenatori, guardo ed analizzo le loro gare. Tra questi c’è Fonseca dello Shakhtar, Favre del Dortmund, Sarri, Guardiola (a tal proposito, ho avuto la fortuna di vivere il suo inizio come allenatore visto che a quel tempo giocavo in Spagna). In Italia seguo con interesse ed affetto il mio amico De Zerbi.
Il nostro calcio è, come detto, conservatore e questo lo si nota anche a livello di allenatori. L’accesso ai corsi più elevati come Uefa A e Uefa Pro sono riservati praticamente soltanto ad ex giocatori professionisti e anche le big della Serie A sono allenate da tecnici che hanno alle spalle un passato da calciatore pro. Julio Velázquez dell’Udinese è la sola eccezione ma si tratta di un tecnico straniero. Un fenomeno come quello che ha visto in Germania i vari Tedesco o Nagelsmann arrivare giovanissimi a guidare squadre della Bundesliga senza u passato da giocatore alle spalle sembra impossibile in Italia. Tu cosa pensi al riguardo?
Si tratta di cultura…diciamo che in Germania, ma all’estero in generale, sotto tanti aspetti sono avanti rispetto all’Italia.