Editoriale

Come sta la Nazionale italiana?

Le due sfide contro Inghilterra e Malta, valevoli per la qualificazione ai prossimi Europei di Germania 2024, hanno confermato quello che da più parti si va dicendo da tempo sulla crisi del nostro calcio, da quando cioè la nazionale azzurra, campione d’Europa in carica, non è riuscita a qualificarsi ad un Mondiale per la seconda volta consecutiva. Diversamente da quanto accaduto sempre in passato (Arrigo Sacchi docet) gli strali della maggior parte della stampa e dell’opinione pubblica non si sono diretti contro il commissario tecnico, ma ne hanno invece assecondato le lamentele in merito allo scarso gruppo di italiani di alto livello dai quali poter pescare per fondare un’Italia nuovamente competitiva.

In effetti, il numero di italiani convocabili da Roberto Mancini presenti in Serie A è basso, tenuto conto che il 62.7% dei calciatori tesserati sono stranieri. Il problema è comune anche ad altri Paesi come l’Inghilterra, che però ha una nazionale più completa.

Il problema quindi non sembra essere solo quantitativo, ma anche qualitativo. E, in effetti, la sfida di Napoli contro l’Inghilterra ha messo in evidenza alcune problematiche. Soprattutto nella prima frazione di gioco si è assistiti ad uno show degli uomini di Gareth Southgate, che hanno dominato il confronto soprattutto a centrocampo. Nella zona nevralgica del campo infatti la mediana dei Tre Leoni, disposta con Declan Rice vertice basso e con Kalvin Phillips e Jude Bellingham interni, ha avuto la meglio sulla corrispettiva linea italiana.

A farsi notare è stato soprattutto Bellingham, ma anche Rice si è distinto a livello di gestione del possesso, trovando spesso i compagni ai lati o oltre Jorginho. Nella ripresa è venuta fuori l’Italia, grazie però al solito vizio inglese di abbassarsi su risultato di vantaggio e sfruttando anche il doppio giallo di Luke Shaw.

Contro Malta gli Azzurri hanno fatto il minimo sindacale per centrare la vittoria. La penuria di giocatori dai quali poter attingere è particolarmente stringente in attacco, tanto è vero che Mancini è stato costretto a rivolgersi all’estero convocando giocatori che non hanno mai giocato in Serie A (come Vincenzo Grifo e Wilfried Gnonto) o nemmeno in Europa (come Mateo Retegui). Che l’Italia abbia un problema a livello di terminali offensivi in grado di finalizzare è noto da tempo, fin dall’Europeo vinto dove l’apporto dei vari Ciro Immobile e Andrea Belotti non è stato certo entusiasmante. Sono problemi che hanno però anche Spagna e Germania e che riguarda anche il modello di calcio proposto negli ultimi anni fin dai settori giovanili.

Se guardiamo però al resto della rosa, il problema non è soltanto relativo alla quantità dei giocatori selezionabili, ma chiama in causa anche le scelte del tecnico della nazionale.

Detto che in porta siamo coperti con Gigio Donnarumma, è vero che l’addio alla nazionale di Giorgio Chiellini e la fase declinante che sta attraversando Leonardo Bonucci lasciano dei buchi al centro della retroguardia. Ma non era possibile affidarsi ad una coppia migliore di quella vista al Maradona e formata da Rafael Tolói e Francesco Acerbi?

Già Alessio Romagnoli e Giorgio Scalvini contro Malta (al netto di un avversario di livello inferiore e di una incertezza nei minuti iniziali) sono parsi decisamente meglio. Se giocare in una difesa a tre nel club non costituisce un problema (come dimostrano appunto le scelte dei già menzionati Tolói e Acerbi) perché non affidarsi ad Alessandro Bastoni? E Federico Baschirotto, col campionato che sta disputando, non meritava almeno la convocazione?

In attacco perché non è stato convocato Mattia Zaccagni, uno dei migliori prodotti di questo campionato, sia a livello di gol (9) che di assist (6)? Perché non rendere centrale nel progetto Lorenzo Pellegrini, che fra i convocati da Mancini sembra poter assolvere la funzione di leader tecnico della squadra? Contro gli Inglesi il calciatore della Roma è stato ancora una volta relegato all’ala sinistra, posizione dalla quale poteva ovviamente accentrarsi ma che finisce per renderlo meno presente di quanto si potrebbe nel cuore della manovra (e questo a dispetto dell’assist per Retegui).

La polar chart di Soccerment relativa all’one to one explorer Mattia Zaccagni.

A questo ragionamento si aggiunga poi la questione dell’Under 21. Elementi come Fabiano Parisi, Destiny Udogie o Nicolò Fagioli hanno mostrato in campionato le qualità per essere presi in considerazione dalla nazionale maggiore. E inoltre, con la penuria di no.10 nel nostro calcio, non sarebbe il caso di aggregare ai grandi anche Tommaso Baldanzi?

Se aggiungiamo al novero dei nomi citati anche quello dell’assente Federico Chiesa vediamo come l’Italia abbia sì dei problemi in alcune posizioni, ma non sia del tutto priva di talento come si dice. Un centrocampo con Jorginho, Marco Verratti, Sandro Tonali, Nicolò Barella, Matteo Pessina e Bryan Cristante al top della forma può competere con quello di altre nazionali, escludendo forse Francia e Brasile.  

Come si vede quindi il problema dell’Italia non è legato soltanto alla mancanza di determinate tipologie di interpreti, ma anche delle decisioni tecniche che vengono prese, sia a livello di convocazioni in nazionale che di organizzazione generale e formazione degli istruttori che devono poi andare a lavorare con i giovani. Stiamo facendo il meglio possibile per allevare i talenti del domani? Si potrebbe intervenire di più a livello di strutture e, magari, inserire il calcio nella scuola pubblica visto che ad oggi si gioca quasi solo per poche ore alla settimane in scuole calcio che non tutti si possono permettere?

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