Derby di ritorno come quello d’andata: partita chiusa, non eccezionale sul piano tecnico, con elevati toni agonistici (come si conviene ad una stracittadina), errore di Roger Ibañez, vittoria della Lazio grazie alla qualità dei riferimenti offensivi.
Questo in sintesi. In generale è stata una partita ovviamente condizionata dal rosso al difensore della Roma, che ha lasciato i giallorossi in inferiorità numerica per sessanta minuti.
Tatticamente la sfida si è dipanata sui binari attesi, con la Lazio in controllo del pallone (69.4%) alla ricerca del fraseggio stretto per aprire una difesa romanista posizionata inizialmente sul classico blocco medio, in attesa di ripartenze. Entrambe le squadre hanno quindi giocato nelle rispettive comfort zone.
Senza Ciro Immobile, Maurizio Sarri ha utilizzato ancora una volta Felipe Anderson da falso nueve, col compito di attirare fuori zona i centrali difensivi della Roma e creare spazio da attaccare per i compagni a rimorchio.
Il lato chiave della fase offensiva laziale si rivelava essere ancora una volta quello sinistro, dove gravitavano Luis Alberto e Mattia Zaccagni. Lo spagnolo, al netto di qualche lacuna in fase difensiva, aggiunge enorme qualità al palleggio biancoceleste e il derby lo ha confermato.

Inizialmente affidato alle cure di Georginio Wijnaldum, il no.10 della Lazio approfittava di un cuscino troppo ampio lasciatogli dall’olandese per dirigere comodamente il traffico nel mezzo spazio sinistro e dettare i ritmi della manovra d’attacco, arrivando a giocare un totale di ben 117 palloni.
In generale, in fase difensiva la Roma utilizzava l’ex Paris Saint-Germain e Byran Cristante per difendere su Luis Alberto e Sergej Milinković-Savić, lasciando Danilo Cataldi (il play della squadra di Sarri) alla marcatura di Lorenzo Pellegrini.
Con la Lazio che gestiva il pallone, la Roma non riscontrava particolari difficoltà nel controllare gli spazi. Qualche problema i giallorossi lo incontravano però quando toccava a loro comandare il gioco. Sarri aveva predisposto un interessante sistema di pressione sui tre centrali romanisti che prevedeva l’attacco da parte di Zaccagni e Pedro su Gianluca Mancini e Ibañez con un posizionamento tale da chiudere le linee di passaggio fra questi, Nicola Zalewski e Leonardo Spinazzola, in modo da chiudere la tradizionale uscita palla dall’interno all’esterno della Roma.
Questo sistema difensivo andava ad aumentare ulteriormente le tradizionali difficoltà dei tre centrali giallorossi in fase di impostazione. La partita cambia quando viene espulso Ibañez per doppia ammonizione. A quel punto la Roma si abbassa, registrando un baricentro medio di 44.37m sul possesso biancoceleste.
La formazione di Sarri prende il sopravvento anche se, al netto di un field tilt del 72%, non riuscirà a creare grandi pericoli dalle parti di Rui Patricio.
In inferiorità numerica, José Mourinho decide di accentuare le tendenze reattive della sua squadra, per cercare di difendere lo 0-0. Le scelte della panchina romanista sono dunque conservative: fuori Paulo Dybala e dentro Llorente per ripristinare la difesa a tre con Pellegrini già scalato a centrocampo da mezzala.
Il piano viene spezzato dal gol della Lazio, con Zaccagni bravo a sfuggire a Zalewski e a battere Rui Patricio per l’1-0 biancoceleste.
A quel punto Mourinho tenta il tutto per tutto inserendo via via Tammy Abraham, Nemanja Matić, Stephan El Shaarawy e Ola Solbakken dando un’impronta più offensiva alla sua squadra.
La manovra non produce effetti e la Lazio riesce a difendersi bene con il possesso, non creando molto altro ma, come detto, concedendo anche poco.
Alla fine è stato un derby equilibrato con la Lazio che ha generato un dato di 0.59 expected goals con 0.05 xG per tiro mentre la Roma ha prodotto 0.51 xG totali e 0.06 per conclusione.

La squadra di Sarri ha mostrato solidità e la capacità di condizionare gli episodi grazie alla qualità dei singoli. Di contro la Roma ha pagato la leggerezza di Ibañez e le difficoltà da questa scaturite.
Forse Mourinho poteva gestire meglio l’inferiorità numerica, rinunciando alla difesa a cinque o almeno non sostituendo Dybala. L’idea invece è stata quella di lasciare in campo un centravanti come Andrea Belotti. Ma l’ex Torino non è stato in grado di difendere palla o di allungare la Lazio attaccando la profondità.
La Lazio quindi registra due derby vinti sui due giocati in stagione senza subire gol, come non accadeva dal 1972-73. In più si porta avanti negli scontri diretti sulla Roma in questa pazza corsa Champions dove quasi tutte le contendenti avanzano col freno a mano tirato.

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