Nella ultime stagioni il Bologna ci aveva abituato a viaggiare nel gruppone di centro classifica, facendo parte della classe media del campionato. Questa medietà rappresentava per i Felsinei una sorta di aurea mediocritas, un procedere sonnacchioso verso lidi che già a febbraio erano tanto tranquilli da non vedere la squadra coinvolta nella lotta per non retrocedere ma mai così alti da garantirle di poter combattere fino in fondo per un piazzamento europeo.
Generalmente questo approdo veniva raggiunto senza particolari squilli di tromba, praticando un gioco redditizio in termini di punti ma mai particolarmente brillante o almeno interessante.
Quest’anno le cose sono cambiate. Molto merito va ascritto al tecnico Thiago Motta. Arrivato dopo poche giornate al timone di comando della nave rossoblù, il tecnico italo-brasiliano ha cercato fin da subito di imprimere le sue idee nel gruppo ereditato dalla gestione precedente.
Frettolosamente etichettato come un fenomeno social per aver espresso idee attuali in modo non convenzionale, l’ex centrocampista di Inter e Psg è arrivato in Emilia con alle spalle la fallimentare esperienza col Genoa di qualche anno prima ma anche con la brillante salvezza ottenuta alla guida di uno Spezia impossibilitato a fare mercato nel campionato del scorso anno.
Dal suo arrivo a Bologna lo scorso ottobre i felsinei hanno inanellato una serie di risultati positivi, intervallati da qualche caduta (come il 6-1 subito a San Siro contro l’Inter a novembre), che hanno issato la compagine rossoblù fino all’attuale settima posizione in classifica.
Un ruolino di marcia notevole che parla di nove vittorie, un pareggio, e quattro sconfitte in 14 partite con Motta alla guida. Ad oggi il Bologna presenta una precisa identità di squadra che è figlia delle idee di calcio del suo allenatore.
Dal punto di vista tattico Motta predilige disporre il suo Bologna con un sistema base 4-2-3-1 nel quale tutto il quartetto offensivo lavora sotto palla quando si tratta di difendere.
In fase difensiva la squadra concede ancora molto (33 reti subite) ma non rinuncia ad un atteggiamento aggressivo, come dimostra il terzo dato PPDA della massima serie (11.36) ed anche efficace, come evidenziato dalla Build-up Disruption. L’indice che quantifica l’efficacia della pressione di una squadra sul possesso dell’altra è infatti il sesto del torneo (+2.48%).
A questi dati va aggiunto quello relativo alla GPI, il terzo del campionato (51.59%), che misura il numero di volte in cui una squadra riaggredisce rispetto alla volte in cui perde palla.
Anche dal punto di vista offensivo il Bologna è compagine dall’identità chiara. Motta vuole iniziare l’azione costruendo dal basso e ricerca questo obiettivo con costruzioni che possono variare in funzione della disposizione e dell’atteggiamento avversario.
L’uscita palla da dietro nel sistema di Motta ha un duplice scopo. Da una parte serve a settare il possesso in zona di sviluppo. Dall’altra ha l’obiettivo di attirare la pressione rivale nella propria metà campo per andare poi diretti a cercare la profondità nell’altra.
In questo approccio ha trovato collocazione ideale Marko Arnautović. L’attaccante austriaco, (capocannoniere della squadra con 8 gol) sta vivendo una seconda giovinezza a Bologna o forse, per meglio dire, sta finalmente facendo vedere quanto di buono prospettato da giovane e mai compiutamente realizzato ad alti livelli.
Nel trentunenne di Floridsdorf il Bologna ha trovato un no.9 funzionale sia per attaccare direttamente la profondità sia per tener palla e associarsi con esterni e trequartista che gravitano alle sue spalle.
Quando l’austriaco è assente, il Bologna può contare su Joshua Zirkzee. L’olandese, impiegabile anche da esterno, è anch’egli in grado di difendere palla e giocare in zona di rifinitura, così come di creare superiorità numerica sfruttando l’uno contro uno.
In generale, quando attacca il Bologna è squadra altamente posizionale, che cerca quindi di riempire tutti e cinque i canali verticali del campo. La massima ampiezza è ricercata con dei meccanismi di risalita sul lato sinistro del campo e con Orsolini a destra.

Proprio l’esterno italiano sta vivendo un momento d’oro. La qualità del suo gioco è un’arma importante per il Bologna sia in fase di rifinitura che di finalizzazione, come testimoniano le 7 reti e i 3 assist registrati fino ad oggi.

In mediana poi il Bologna può contare su due elementi come Jerdy Schouten e Nicolás Domínguez. Si tratta di una coppia ben assortita, ma non come si potrebbe pensare sulla carta. Guardando i dati infatti è l’olandese che agisce da ruba palloni e frangiflutti (5.9 palle recuperate a partita) mentre l’ex Vélez Sarsfield è un playmaker mobile che spesso asseconda la propria tendenza a pressare in avanti e che produce un significativo 3.1 passaggi chiave a partita, dato non lontano dal 3.5 di Schouten.
A completare il reparto di mezzo ci sono poi l’esperienza di Gary Medel e la freschezza del ventitreenne scozzese Lewis Ferguson.
A dover migliorare come detto è la fase difensiva, specialmente una linea arretrata non sempre impeccabile individualmente e che può comunque contare su un Łukasz Skorupski che risulta l’ottavo portiere della massima serie per gol evitati (1.80).
A fare di queste individualità una realtà organica, tatticamente organizzata, è stato come detto il lavoro di Motta. Un allenatore che ad oggi sembra essere anche un po’ sottovalutato o, almeno, non tenuto nella giusta considerazione. Eppure l’anno scorso ha fatto bene in Liguria e quest’anno si sta ripetendo a Bologna con una squadra che, a questo punto della stagione, ha ancora qualcosa da dire al campionato. E questa è una novità per come era stata abituata la piazza negli ultimi anni.
(dati soccerment, Sics)

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