Al di là della partita Analisi tattica

Il Manchester United torna a vincere, il Psg continua…

È stata una finale dai due volti quella di coppa di Lega che ha visto il Manchester United affrontare il Newcastle. Il primo tempo infatti è stato piuttosto bloccato, con le due squadre che hanno probabilmente sentito il peso di giocarsi un trofeo. Di contro la ripresa è stata maggiormente aperta, con continui ribaltamenti di fronte.

In linea di massima, nel giorno che ha visto il ritorno di Loris Karius fra i pali dopo lungo tempo, è stato il Newcastle a fare la partita gestendo il possesso (64%) con lo United che ha agito prevalentemente di rimessa.

Dal punto di vista tattico ten Hag ha presentato una formazione orientata 4-2-3-1 con Lisandro Martínez da difensore centrale al fianco di Raphaël Varane e con la coppia di brasiliani formata da Casemiro e Fred a coprire alle spalle ad un quartetto offensivo che vedeva Bruno Fernandes da no.10 e Marcus Rashford sulla sinistra.

Senza palla lo United applicava una marcatura a uomo sui riferimenti avversari mentre in possesso Bruno Fernandes si abbassava per andare a comporre una terna di centrocampo con un play basso e due mezzali.

Da parte sua Eddie Howe ha mandato in campo una squadra aggressiva in non possesso e che cercava di muovere palla per superare il blocco difensivo avversario. All’interno di questa costruzione un ruolo determinante lo avevano la mediana e Allan Saint-Maximin.

Per quanto riguarda il primo punto, il centrocampo del Newcastle assumeva la classica disposizione a tre con Bruno Guimarães che agiva da play ma avanzato, in linea con le due mezzali. Quando poi in costruzione il brasiliano veniva preso da Bruno Fernandes, le rotazioni del centrocampo della squadra di Howe cercavano di liberare Joelinton o Sean Longstaff per sviluppare.

La vocazione offensiva di Joelinton costringeva poi spesso Casemiro ad abbassarsi e a giocare vicino ai propri difensori.

Venendo a Saint-Maximin, il francese ha cercato di sfruttare l’uno contro uno nei confronti di Diogo Dalot, da ten Hag preferito a Aaron Wan-Bissaka come esterno basso di difesa. Soprattutto nella ripresa i Magpies hanno messo in difficoltà lo United sul lato sinistro del campo.

Ad aprire le marcature è stata la quinta realizzazione stagionale di Casemiro, di testa su azione da calcio d’angolo. A queste reti vanno aggiunti i cinque assist prodotti, a riprova dell’importanza del brasiliano nell’economia del gioco di ten Hag. Nell’ex Real Madrid e nel suo compagno di reparto Fred il tecnico olandese ha trovato due equilibratori in grado di bilanciare i quattro riferimenti avanzati, ma anche due giocatori in grado di contribuire alla gestione palla della squadra.

Per recuperare il risultato nella ripresa Howe inseriva Alexander Isak ad agire a supporto di Callum Wilson passando ad una sorta di 4-2-3-1/4-4-2 che diventava via via sempre più offensivo e padrone del campo.

Con Casemiro che veniva portato fuori posizione da Isak, si aprivano spazi interessanti per il Newcastle anche nei corridoi centrali. A queste problematiche reagiva però immediatamente ten Hag, confermandosi ancora una volta abile nel leggere le partite. L’olandese infatti mandava in campo sia Marcel Sabitzer che Scott McTominay, aggiungendo nel finale anche un quinto difensore (Harry Maguire) per impedire al Newcastle di riapre la partita.

Alla fine il risultato ha premiato il Manchester United e la capacità del suo allenatore di intervenire al momento giusto per difendere il doppio vantaggio acquisito in pochi minuti nel corso del primo tempo. Una vittoria che rafforza ancora di più il lavoro che sta svolgendo ten Hag all’Old Trafford.

Per quanto riguarda il Newcastle invece, Howe ha poco da recriminare. La sua squadra ha cercato di dettare il contesto sia con che senza palla e nel secondo tempo, con l’avanzare del baricentro, ha anche messo dentro palloni interessanti.  

A mancare è stata la fase di finalizzazione con i Magpies che si sono procurati conclusioni a bassa percentuale di realizzazione. E questo anche per merito di uno United che si è abbassato proponendo una difesa efficace dei propri sedici metri difensivi, mettendo molti corpi sulla linea di tiro compresa fra David de Gea e gli attaccanti avversari.

Le Classique

Il classico fra OM e Psg ha visto alla fine prevalere i parigini. A premiare la squadra di Christophe Galtier non è stata soltanto la superiorità tecnica dei suoi giocatori (a partire da Mbappé e Messi) ma anche il ritorno del tecnico francese al calcio che predilige, fatto di difesa e contropiede.

Solo due settimane dopo la cocente eliminazione patita in coppa di Francia, il Psg si è dunque preso una sonora rivincita sulla squadra della Provenza. Per affrontare il 3-5-2 del Psg, Igor Tudor è rimasto fedele ai suoi principi, mandando in campo una squadra fortemente orientata sull’uomo con i due difensori centrali (Bailly e Balerdi) a marcare gli attaccanti avversari e con Nuno Tavares e Kolasinac da esterni ad occuparsi di Nuno Mendes e Mukiele.

Dal punto di vista tattico Tudor ha presentato una difesa ibrida, con Valentin Rongier a svolgere la doppia funzione di difensore aggiunto in non possesso e di centrocampista in quella di possesso.

Da parte sua Galtier, privo di Neymar, Renato Sanches e Achraf Hakimi, ha come detto schierato una difesa a cinque con Marquinhos, Sergio Ramos e Presnel Kimpembe come centrali. L’ex allenatore del Nizza ha mantenuto il paino gara anche dopo il precoce infortunio occorso a Kimbempe (infortunatosi al tendine d’Achille), mandando in campo Danilo Pereira al posto del francese dopo sedici minuti di gioco.

Davanti alla linea difensiva veniva schierato ancora un centrocampo a tre, come nelle ultime uscite, ma stavolta rovesciato, senza cioè un no.10 effettivo e con invece un play basso in Marco Verratti, affiancato da Fabián Ruiz e Vitinha come mezzali.

Con Messi e Mbappé che partecipavano poco alla fase difensiva, non scendendo sotto la linea della palla, il Psg difendeva in pratica con soli otto uomini di movimento. Tuttavia questo atteggiamento non era sfruttato a dovere dal Marsiglia, che faceva fatica a penetrare il blocco basso parigino.

Al contrario era invece il Paris St-Germain a cogliere le occasioni che lo sbilanciamento in avanti dell’OM lasciava. La pressione della squadra di Tudor infatti non era efficace come nella precedente sfida di coppa e questo lasciava campo aperto alle ripartenze parigine.

Era in particolare Bailly a soffrire il fatto di dover difendere in campo aperto contro Mbappé. E il no.7 del Psg si è rivelato ancora una volta letale in queste situazioni. L’OM ha pagato le assenze di Samuel Gigot e Chancel Mbemba più di quanto la squadra campione di Francia abbia patito le proprie.

Galtier non ha avuto problemi a cedere il possesso, presentando una versione della sua squadra più reattiva e quindi più vicina a quelle messe in mostra quando allenava Lille e Saint-Étienne. Il risultato finale poteva essere anche più ampio a favore dei parigini data la quantità di occasioni avute.

Galtier dovrà ora dimostrare di poter organizzare efficacemente la sua squadra anche contro avversari che non lasceranno tanto campo alle spalle della linea difensiva come fatto dall’OM.

Per quanto riguarda Tudor, il tecnico croato ha come detto mandato in campo una formazione aggressiva, secondo quanto messo in evidenza fin dal suo arrivo a Marsiglia. D’altra parte questo atteggiamento ha pagato in Ligue 1 e si era dimostrato vincente anche nell’ultimo confronto diretto con i rivali di sempre.

La batosta subita al Vélodrome non può inficiare quanto di buono mostrato dai marsigliesi in stagione. Di certo il risultato finale ha confermato la distanza che ancora esiste fra le due squadre, col Psg che ora si ritrova con otto punti di vantaggio in classifica.

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