La ripresa del campionato dopo la pausa per i Mondiali del Qatar ha visto, com’era prevedibile, alcune squadre più in difficoltà e altre che invece sono uscite dai box mantenendo quanto di buono mostrato nella prima parte della stagione.
Fra queste ultime va certamente annoverato il Monza di Silvio Berlusconi e Adriano Galliani. Il club brianzolo aveva approcciato in modo difficoltoso la sua prima, storica stagione nella massima serie, collezionando un punto nelle prime 6 partite.
Dopo il pareggio (alquanto casuale) ottenuto a settembre sul campo del Lecce, la dirigenza biancorossa ha deciso di procedere ad un cambio della guida tecnica. Via Giovanni Stroppa, ex giocatore del Milan di Berlusconi e artefice della promozione del Monza e dentro Raffaele Palladino. Al momento della nomina del nuovo allenatore i più hanno pensato ad una soluzione ponte, con l’allenatore della Primavera promosso in attesa dell’ingaggio di una guida di maggiore esperienza.
In realtà già il giorno della presentazione ci ha pensato Galliani a sgomberare il campo da possibili equivoci. L’amministratore delegato del Monza dichiarò infatti in quella circostanza come la scelta di Palladino non andasse intesa come soluzione ad interim, ma fosse invece da considerarsi come definitiva, arrivando ad azzardare una somiglianza con quella presa da Berlusconi nel 1987 quando il presidente decise di affidare la panchina del Milan all’allora quasi sconosciuto Arrigo Sacchi.
In realtà il paragone di Galliani voleva riguardare solo il coraggio di affidarsi ad un nome a sorpresa e non voleva essere un paragone diretto fra Sacchi e Palladino. Ma tanto è bastato per rimettere il Monza al centro dell’attenzione dei media nazionali.
Il modello di Palladino
Fin da questo primo contatto con la stampa il nuovo trainer del Monza disse di vedere Gian Piero Gasperini (sotto il quale ha giocato nella Primavera della Juventus e a Crotone) come un maestro, non dimenticandosi però di citare gli insegnamenti ricevuti da allenatori dalla filosofia diversa da quella del Gasp come Marcello Lippi, Roberto Donadoni e Didier Deschamps.
E in effetti, pur annoverabile nel coaching tree dell’allenatore dell’Atalanta, il gioco proposto da Palladino si diversifica per alcuni aspetti, segnatamente per la fase di possesso.
Rispetto al Gasp infatti Palladino ha elaborato un modello offensivo che è partito dall’eredità lasciatagli in eredità da Stroppa, come detto suo predecessore a Monza. In questo senso la fase di costruzione è molto palleggiata: i biancorossi costruiscono dal basso per cercare di settare poi il possesso in zone più avanzate di campo.
La struttura costruttiva è fluida, potendo sfruttare i tre difensori ed il play così come l’aprirsi della linea arretrata per assumere una disposizione a quattro nella quale i laterali possono trovarsi anche sfalsati, cioè a diverse altezze di campo.
L’idea è quella di allungare gli avversari per manipolarne il sistema difensivo al fine di creare spazi fra le linee o fra uomo e uomo all’interno della stessa linea, da andare poi ad occupare con i giocatori predisposti all’invasione.
Nel far questo il Monza si prende tutto il tempo del caso. Non a caso la formazione di Palladino risulta la seconda della Serie A (dietro al Napoli) per tempo medio delle azioni d’attacco (10.65sec.) e la terza (dopo gli uomini di Spalletti e la Lazio) per numero di passaggi per sequenza offensiva (3.79).
Detto questo, il Monza è anche la terza compagine del torneo per velocità nella progressione della palla in avanti (1.36 m/s). Questo perché nel modello di gioco di Palladino, una volta superata la prima linea difensiva avversaria, la squadra deve cercare di andare in verticale il più velocemente possibile.

All’interno di questo costrutto, le posizioni che i giocatori devono occupare (e, di conseguenza, le funzioni che sono chiamati a svolgere) non sono particolarmente complesse, ma sono invece funzionali al progetto che l’allenatore ha per il ruolo in questione. Così ad esempio ai laterali non viene chiesto di entrare dentro il campo quanto invece di correre lungo il loro binario.
Le corsie assumono una importanza tale nel modo di attaccare del Monza che il sistema Palladino può essere definito wing oriented e, in questo sì, richiamare quello di Gasperini.
Nell’ultimo terzo di campo il Monza mantiene una struttura fortemente associativa. In ciò, relativamente ai discepoli di Gasperini, Palladino si colloca come più vicino ad un Igor Tudor che ad un Ivan Jurić anche se non sempre si trova sempre nel Monza quella simmetria che caratterizza l’attuale allenatore del Marsiglia.

L’associatività del Monza la si evince anche dai giocatori (molto tecnici) che vengono allineati come rifermenti più avanzati. I vari Dany Mota, Gianluca Caprari, Patrick Ciurria ma anche Andrea Petagna (quarto per expected assist fra i mobile finisher della Serie A con 0.09 p/90) sono infatti elementi in grado di legare fra loro, così come di andare a riempire gli ultimi sedici metri di campo.
Qualche dato
I numeri offensivi parlano chiaro in merito alla trasformazione e alle migliorie introdotte dal Palladino. Come evidenziato dai dati prodotti da Roberto Angioni, head of data science di Soccerment, il cambio di panchina ha prodotto un incremento degli expected goals (xG) creati dal Monza, che sono passati da 0.62 della precedente gestione a 1.51 con Palladino. A questo va aggiunto il dato relativo agli xGA, passati da 2.32 a 1.01, con una xGD (xG difference) anch’essa migliorata, essendo passata da -1.70 a +0.50 (valori medi per partita).
Come sottolineato da Angioni, questo confronto va comunque ‹‹contestualizzato guardando anche al calendario: se confrontiamo il livello degli avversari affrontati usando i loro Expected Points medi registrati finora, vediamo che Stroppa ha dovuto affrontare avversari nettamente più forti, con un valore di xPoints medio a partita di 1.76, contro 1.15 per le squadre affrontate finora da Palladino››.

Dal punto di vista del dominio territoriale, in termini di Field Tilt, la differenza fra i due tecnici avvicendatisi sulla panchina monzese è contenuta: 50.9% per Stroppa, 51.2% per Palladino. Nella figura seguente vediamo l’andamento in media mobile.

Ad aiutare la progressione del Monza è stata anche la rinnovata fase di non possesso. Dal punto di vista difensivo i brianzoli sono caratterizzati per essere una compagine aggressiva. Anche in questo, per analizzare meglio come il Monza difende, ci vengo in aiuto i dati.

In base a questi ultimi l’arrivo di Palladino sulla panchina biancorossa ha comportato non tanto un aumento del pressing, valutato in termini di PPDA (12.0 per Stroppa, 12.8 per Palladino) o del gegenpressing della squadra (GPI, frazione di palle perse in attacco che vengono riaggredite, passate dal 44.9% al 45.8%) quanto piuttosto dell’efficacia di queste due azioni, come si nota dalla netta differenza della BDP media (-2.84 con Stroppa, +0.13 con Palladino) e della GPE (frazione di palle perse in attacco che vengono recuperate), passata dal 24.6% al 27.4%.

In pratica, il Monza di Palladino pressa e riaggredisce in modo abbastanza simile a quello di Stroppa, ma con risultati più soddisfacenti. Anche l’orientamento difensivo, costruito sulla creazione di uno contro uno, è fluido e in grado quindi di adattarsi al sistema avversario.

Nell’immagine precedente vediamo proprio una situazione di non possesso del Monza con gli uomini di Palladino stretti sul lato palla e orientati sull’avversario.
Dove può arrivare il Monza?
‹‹La società mi ha chiesto di inculcare le mie idee, di far andare più forte la squadra. Non mi ha chiesto nessun obiettivo››. Le parole pronunciate da Palladino al momento della presentazione ufficiale sembrano lasciare poco spazio alla fantasia. Il Monza è sempre una neopromossa, anche se particolare vista la proprietà che ha alle spalle.
Per un club appena salito dalla Serie B l’obiettivo primario resta dunque quello della salvezza. Questo approccio serve anche a smorzare i facili entusiasmi creati dal buon inizio di Palladino e a concedere al ragazzo (appena 38 anni) di Mugnano di Napoli il tempo necessario per adattarsi ad un calcio nel quale in questo momento sta ancora svolgendo l’apprendistato.
Certamente le ambizioni della società nel breve e medio periodo sono altre. La speranza è che la crescita del club vada di pari passo con quella dell’allenatore. Se così dovesse essere, Palladino avrà a disposizione una comfort zone nella quale sperimentare con relativa tranquillità, in attesa di accettare un domani più o meno prossimo delle sfide anche più impegnative.

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