Alessandro Vittorio Formisano è allenatore della Primavera del Perugia. Soprattutto, è un tecnico in continua ricerca, la cui attività è documentata anche da un canale YouTube, nel quale si vedono molte delle sue proposte didattiche. In questa intervista mister Formisano (Allenatore Uefa A) ha risposto a domande inerenti la sua metodologia ed il suo approccio all’allenamento.
Un famoso opuscolo di Claudio Albertini uscito tempo fa (e facilmente reperibile in rete) aveva come titolo Calcio, Neuroscienze e Complessità e per sottotitolo Il contributo delle Neuroscienze e delle Teorie della Complessità alla Metodologia di Allenamento. Lo studio delle neuroscienze applicate al calcio è però ancora agli albori. Qual è la tua opinione su questo argomento?
Io credo che, seguendo un approccio multidisciplinare, si possano sempre ampliare gli orizzonti ed abbracciare l’evoluzione. Le neuroscienze ed in particolare il loro studio, personalmente mi hanno portato all’elaborazione di alcune linee guida metodologiche interessanti e stimolanti. Una di questa è sicuramente quella legata alla funzione dei neuroni specchio ed alla loro capacità di “interpretare e riconoscere” una gestualità in relazione al suo scopo. Nel contesto tattico (saper decidere) la loro specificità appare determinante, considerando il fatto che il gioco del calcio è una ripetizione (senza RIPETERE) di gestualità e scelte che sono mirate all’ottenimento di un vantaggio nelle varie situazioni di gioco. Riconoscere ed imitare i movimenti osservati in relazione al loro scopo è un atto determinante in ogni ambiente di apprendimento (esercitazione, sviluppo con o senza palla), gara. Andare a fondo di concetti, quali Neuroscienze e Complessità, amplia le possibilità in sede di creazione di un Ambiente di apprendimento. Il primo passo per formare è conoscere come funziona il soggetto che apprende.
Spesso negli ultimi anni (in Italia a partire dall’arrivo di Mourinho all’Inter) si è cominciato a parlare di allenamento specifico per i calciatori. Qui da noi però non sembra esserci molta chiarezza a tal proposito…a tuo parere cosa significa il termine specificità applicato al calcio e cosa vuol dire allenare in specificità?
Personalmente non credo nella specificità dei gesti, dei compiti, delle scelte. Credo che nel gioco tutto sia sempre condizionato dall’imprevedibilità, dall’interpretazione libera della circostanza e dall’intelligenza collettiva. Ogni azione individuare è condizionata dal comportamento di un altro, Compagno o avversario, condizionamento che si esprime attraverso una modifica continua dello spazio-tempo entro il quale si sceglie-agisce. La specificità tende a settorializzare, definire ed ingabbiare i comportamenti, preconfezionando qualcosa di incontrollabile. Il calciatore, in quanto sistema complesso che apprende e si modifica attraverso e con l’ambiente, deve possedere quante più open skills e capacità di scelta possibili. Deve essere orientato alle sue funzioni nel gioco ovvero ai comportamenti tattici che gli portano un vantaggio. La specificità di un ambiente poi rischia di minare le fondamenta dei questa differenziazione che sta alla base della non-linearità dell’apprendimento nel gioco.
Il calcio è un sistema complesso. Io stesso ho spesso utilizzato l’immagine del tavolino con quattro gambe (corrispondenti agli aspetti tecnici, tattici, fisici e psicologici) per dare l’idea di come sia necessario allenare tutte queste componenti affinché la squadra (come il citato tavolo) stia in piedi. Tenuta conto la difficoltà (impossibilità?) di allenare questi aspetti separatamente, a compartimenti stagni, quali ritieni sia l’approccio migliore per migliorare queste caratteristiche fondamentali di una squadra e farla diventare un sistema olistico dove il tutto è più della somma del valore delle singole parti?
Come in una matrioska nel gioco del calcio tutto è un sistema complesso in continua evoluzione, il gioco stesso, il sistema interno Squadra, il sistema interno calciatore, il SISTEMA esterni Allenatore, il SISTEMA esterno club e così via. Sistemi che avranno sempre condizioni di arrivo diverse da quelle di partenza. Sistemi che tenderanno sempre a cercare una Auto-organizzazione nell’entropia (grado di disordine un sistema), ovvero per trovare un equilibrio avranno sempre bisogno di una incertezza, di un problema da risolvere, di una interferenza. In questo scenario di evoluzione randomizzata non possiamo sicuramente dividere le componenti del SISTEMA gioco in parti, fasi o aree. Tutto deve essere sempre compreso ed inglobato in ogni ambiente di apprendimento dalla singola esercitazione alla gara. I quattro piedi del tavolo vivono ed esistono l’uno in funzione dell’altro, senza uno solo il tavolo crolla e l’apprendimento si interrompe. Da un punto di vista strettamente metodologico questo si traduce all’atto pratico, in ambienti che prevedano Sempre direzionalità, compagni, avversari, scelte inconsapevoli, comportamenti emergenti e soprattutto prove ed errori.
Mister, è possibile allenare la complessità e, quindi, l’imprevedibilità? Alla fine, per quanto si alleni una squadra ed un singolo a leggere le situazioni, non sarà mai possibile riprodurre in allenamento tutte le possibili variabili che potrebbero sorgere in partita…
La complessità non si allena, si impara a conoscerla nel tempo, si impara ad accettarla con le sue variabili, si impara a rispettarla in quanto parte integrante di ogni processo decisionale. Quando parliamo di complessità legata al Gioco dobbiamo capire, che non siamo difronte ad una teoria astratta ma ad un intreccio (complexum) che concretamente determina ogni processo. L’importanza delle singole parti, la variabilità, le modifiche dello spazio-tempo in relazione alle scelte sono aspetti che possiamo ripetere negli allenamenti soltanto attraverso un approccio che rispetti la naturalezza non tanto del gioco, ma dell’apprendimento. Se creiamo contesti nei quali i calciatori sono obbligati attraverso progressioni, obblighi, ripetizioni standardizzate, ad un apprendimento lineare, allora stiamo ignorando la complessità del Gioco. Scendiamo nel pratico, i mezzi di allenamento che prevedono la casella 0 relativa ad uno dei sistemi coinvolti nelle relazioni (compagni, avversari) tendono alla riduzione della complessità (intreccio), dunque ad una diminuzione dell’entropia e di riflesso alla morte dei comportamenti emergenti (Auto-organizzazione) che sono il tratto distintivo della realtà del gioco.
Personaggi come Paco Seirul-lo o Vitor Frade hanno permesso a Spagna e Portogallo di compiere delle vere e proprie rivoluzioni culturali che poi sono state seguite (o copiate maldestramente in alcuni casi) anche in altre realtà. Metodologie come la Periodizzazione Tattica o come il metodo di Seirul-lo (riassunto in una famosa intervista dal titolo La preparación física no existe) mettono l’accento sulla globalità dell’approccio metodologico e sull’allenabilità dell’aspetto psicologico. Qual è il tuo parere a riguardo?
Credo che avere una matrice culturale che, possa tessere le fila di una rete di concetti ed approcci, nati da una forte identità, possa essere l’unica strada in grado di condurre all’evoluzione. I paesi citati hanno una forte identità, cementificata nel tempo grazie ai percorsi accademici che rendono lo studio dell sport ed in particolare del calcio un laboratorio itinerante, fatto di scoperte ed intuizioni. L’importanza che si da allo sport in certi paesi ed alle dinamiche relazionali, psicologiche e performanti e distante anni luce dalla visione. L’impronta Metodologica nata dalle teorie di Seirul-lo e Frade nasce dall’esigenza di dare una risposta ad alcune domande fondamentali, una su tutte: come appende e si evolve il calciatore nel gioco? È evidentemente che Questa domanda è in totale contrasto con i quesiti strategici che invece altrove definiscono la “cultura”. Il mio parere è che per costruire un’identità bisogna Sempre partire dallo studio e dalla conoscenza, partite dalla situazionalità (scelte) per arrivare ai gesti (mezzi) e mai viceversa
Come vedi i ragazzi interfacciarsi ad un calcio ecologico, complesso? Come si caratterizza la crescita di un giocatore in un contesto del genere?
Credo che questo tipo di approccio rispetti l’ordine naturale delle cose, mantenendo principi di coerenza rispetto all’apprendimento del soggetto che sceglie. In quanto sistema complesso il calciatore è composto da singole parti in continua evoluzione e disequilibrio, per tanto sarebbe impossibile non creare ambienti che favoriscano la sua libera evoluzione. Ambienti (esercitazioni, partite) che dovranno sempre fungere da acceleratori situazionali, capaci di far ripetere una gestualità con finalità tattica (ottenimento di un vantaggio) senza doverla ripetere come mera esecuzione, ma aggiungendo sfumature diverse ad ogni nuova proposta. Un calciatore che cresce nel rispetto della complessità, impara in fretta la sua importanza, capisce di essere protagonista e sistema interno capace di determinare concretamente nel Gioco. La sua crescita è esponenziale e continua nel tempo perché alimentare dalla presa di coscienza che le sue SCELTE, soprattutto quelle nate in una sfera di inconsapevolezza (l’azione precede la consapevolezza della stessa) sono figlie di un percorso sensato.
A che punto siamo in Italia dal punto di vista dell’approccio metodologico per allenare un calcio che, allo stato attuale, è molto più complesso di quanto non fosse anche soltanto venti anni fa?
Siamo maledettamente indietro da un punto di vista culturale. Mettiamo in cima alle nostre priorità sempre e solo l’aspetto strategico, la meta e le valutazioni quantitative. Dimentichiamo l’importanza del percorso e dei mezzi con i quali il calciatore e di conseguenza la SQUADRA, costruiscono i modelli di gioco (plastici ed infiniti). Costruiamo gli ambienti con rigidità, ragioniamo per fasi, per progressioni, alleniamo per “sentito dire”. L’evoluzione del gioco del calcio va di pari passo con l’evoluzione del soggetto che apprende e gioca, oggi ci troviamo in un’epoca in cui la soglia di attenzione si aggira attorno ai 20 secondi al minuto. Il calciatore è un Animale social(e) che passa il suo tempo tra i videogiochi e lo smartphone, limita le relazioni, ha dimenticato l’importanza del contatto, è chiuso in una bolla dove il pensiero non è richiesto. Le SCELTE metodologiche devono mirare al “breve ma intenso” , per rispettare le capacità cognitive del soggetto che determina nel gioco. In Italia determinati tipi di ragionamento sono nascosti come la polvere sotto il letto, si ritiene che siano di serie C, rispetto alla didattica della circostanza senza palla con una difesa a zona pura, o la scomposizione di una gestualità tecnica in forma analitica. In Italia ci fermiamo ancora alla superficie senza mai andare a fondo e la motivazione risiede nella paura della conoscenza, si è diffusa la credenza che chi conosce tanto poi non sa trasmettere, una bugia che alimenta le divisioni, chiude le possibilità e mortifica i giovani.
Sul tuo canale Youtube troviamo tutta una serie di esercitazioni particolari. Altrettante ne troviamo in rete, soprattutto per quanto attiene alla scuola tedesca. Il primo aspetto che colpisce è la variabile spazio: il terreno di gioco viene modificato anche al di là della canonica conformazione rettangolare allo scopo di creare strutture che allenino i principi di gioco. Puoi andare più nello specifico di questo tipo di proposte e del loro significato?
Quelle proposte nascono per andare incontro al processo evolutivo del singolo calciatore che nasce da una forma di apprendimento differenziale. La caratteristica principale dell’allenamento che prevede una forma di apprendimento differenziale è senz’altro la ripetizione, senza ripetizione, come ho detto in precedenza. I calciatori nel Gioco devono risolvere i problemi cercando da soli ke risposte.
Le sedute di allenamento di questo tipo, prevedono Sempre un’enorme quantità di variazioni. Ogni calciatore apprende e si evolve in modo diverso, codificare le esercitazioni rischia di non rispettare questo principio di base. Per capire come funziona esattamente l’Apprendimento differenziale, dobbiamo immaginare di superare un ostacolo, magari una transenna: ogni volta che faremo una scelta per superarla, saltandola, scavalcandola, passandoci sotto, metteremo in gioco una variazione. Queste variazioni però, non saranno riconosciute da noi stessi, ricevuto ricorderemo solo di averla superata, non importerà il come.
Un giorno però mentre stiamo superando la nostra transenna arriva un’altra persona che ci getta un secchio d’acqua addosso mentre la stiamo superando per questo, a quel punto saremo chiamati ad una scelta non prevista (comportamento emergente) per risolvere un problema e raggiungere il nostro obiettivo, a quel punto ricorderemo bene la variazione messa in atto.
Il calciatore se riceve un disturbo eccessivo dall’esterno (rumore-noise) passa da una fase di equilibrio ad una fase di squilibrio (alta entropia) ed è proprio in quello squilibrio che nasce la sua evoluzione. Ogni calciatore “sopporta” un determinato livello di disturbo. Un atto motorio ed una conseguente scelta senza disturbo e senza comportamenti emergenti di reazione non porterà mai ad un miglioramento.
Come è organizzata la tua settimana tipo di allenamento?
Non credo nel microciclo settimanale, nelle progressioni didattiche e nell’utilizzo degli spazi di gioco predefiniti. La “mia” settimana tipo è caratterizzata da una “programmazione” smart che si evolve giorno dopo giorno. Ogni giorno creiamo degli Ambienti che possano favorire la messa in pratica di alcuni principi di gioco, tali principi dovranno essere interiorizzati dalla squadra ed eventualmente modificati, se in fase di analisi ci rendiamo conto che il singolo individuo e la squadra ha trovato “una strada alternativa”. Baso tutto sui Principi di gioco che divido in: Meta-Principio principio collettivo da cui parte tutto e dove tutto deve ritornare. Principio di Sviluppo, come mettiamo collettivamente in pratica un Meta-Principio per ottenere un vantaggio.
Principio individuale, come il singolo calciatore “sceglie” e mette in pratica gestualità tecniche al fine di raggiungere il Principio di Sviluppo ed i relativi vantaggi. Tutti questi principi sono proposti ed inseriti in ambienti che prevedano sempre la presenza del compagno, dell’avversario e del ciclo del gioco. ciclo del gioco che non prevede fasi (es: fase di possesso/ non possesso) ma solo Transizioni, quindi continui cambiamenti ed Intra-Transizioni ovvero il cambiamento degli spazi e del tempo entro il quale si svolge un’azione di gioco, senza necessariamente dover perdere o riconquistare il possesso della palla. È chiaro l’osservazione e l’analisi dei comportamenti singoli e collettivi attraverso la video training analisi diventa per questo approccio un elemento fondamentale. Soltanto osservando quello che avviene in un giorno possiamo decidere cosa fare il giorno successivo.
Al giorno d’oggi le squadre attaccano in un modo e difendono in un altro. Si parla non a caso di fluidità. Come si allena una squadra ad assumere strutture e comportamenti diversi nelle due fasi di gioco?
Io credo che il primo punto per arrivare una determinata attitudine è quello di eliminare una serie di sovrastrutture che vanno a stereotipare i comportamenti, che tengono il giocatore bloccato in una determinata zona di campo. Tutto ciò che lo rende leggibile dagli avversari va eliminato. Questo vantaggio è comprensibile da tutti. Il calcio si è evoluto a livello di comportamenti, andando con il cambiamento verso un approccio spazio-temporale. Il calcio di oggi sfrutta spazi differenti, prima c’erano spazi sequenziali, si passava da una zona 1 a una zona 2 a una 3. Ora è diverso. Le azioni sono più breve (4-5 secondi). In un calcio alla velocità della luce devi diventare camaleontico. Devi sapere interpretare tutte le situazioni sia con che senza la palla. Alcuni lo fanno mettendo al centro la situazione di gioco, l’interpretazione e la comprensione, facendo tanti lavori situazionali. Io adotto un tipo di lavoro che abbia rispetto di tutte le componenti del gioco. In ogni sviluppo è presente tutto ciò che si ritrova in partita. C’è una direzionalità, una contrapposizione, c’è il ciclo del gioco. Il tutto annullando il ruolo e le didattiche di reparto e senza scindere le parti. Poi chiaro, vanno allenati anche i comportamenti individuali ma lì vanno date solo indicazioni, le scelte sono dei giocatori. Oggi vedere un laterale di difesa che chiude un’azione è normale. Soprattutto, bisogna essere difensivi con la palla e offensivi senza palla. Il calcio si sta evolvendo in questo senso.
La tua tesina per il corso UEFA A si intitola Approccio ecologico alle dinamiche di gioco. Ci spieghi bene di cosa si tratta?
Mi rifaccio a quanto scritto nella stessa tesina. ‹‹Per Approccio Ecologico e Visione Sistemica in riferimento al nostro gioco di sistemi dobbiamo citare Ros Harrison, il primo a parlare di pattern of organization, schema di organizzazione…l’approccio Ecologico al gioco ci porta a considerare il rapporto continuo e come abbiamo definito in precedenza “accoppiato strutturalmente” tra i sistemi e l’ambiente. Tra il calciatore e tutto ciò che lo circonda in uno sviluppo di gioco. Considerare questo rapporto e queste influenze, però non ci basta, abbiamo bisogno di quella Visione Sistemica che ci rende possibile valutare ogni elemento in quell’insieme che poi costruisce, quello che semplicisticamente abbiamo sempre definito e definiamo come Modello››.
Un altro riferimento essenziale per comprendere il concetto di approccio ecologico è quello del filosofo francese Edgar Morin, per il quale un metodo non è valido se non include la complessità e la semplificazione è il male, perché dobbiamo considerare come il semplice e il complesso siano legati. Un metodo non è valido se non include la complessità, così come è necessario un apprendimento non-lineare. Morin è stato uno dei primi a comprendere l’importanza dell’approccio interdisciplinare.
Io stesso ho avuto la possibilità di dialogare con tecnici di altre discipline diverse e confronto continuo finisce per arricchire anche sui contenuto metodologici.
Prendiamo ad esempio i frattali, figure geometriche la cui forma è invariante nel cambiamento della scala delle lunghezze. La natura si auto-organizza secondo il modello frattale. Nella mia tesi ho scritto come abbia letto molto spesso che ‹‹gli allenatori dovrebbero pensare al calcio, figurando nella propria mente delle rappresentazioni geometriche, euclidee e predefinite››.
Io mi allontano da questa visione del gioco, perché è lontana dalla realtà. La squadra è un Sistema complesso frattale, è figlia di un processo di evoluzione ed apprendimento.
In questo senso, pur muovendosi a seconda delle varie circostanze che si presentano, la squadra non perde mai la sua identità, mantenendo gli stessi Principi di gioco ed i medesimi comportamenti collettivi che portano gli undici ad una comprensione comune della situazione. In ogni parte c’è il tutto. ‹‹Lo spazio da occupare si dilata e si restringe sempre in funzione della circostanza, ma la forma della squadra acquisita grazie ai Principi di gioco pur ripetendosi senza ripetere le stesse scelte, sarà riconoscibile nei cambiamenti continui, questo è il tratto distintivo di una squadra che possiede un’identità…c’è molto altro oltre le apparenze››.

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