Dopo le prime quattro giornate di campionato, le tre neopromosse messe insieme hanno racimolato solo due punti, per merito dei due pareggi registrati dal Lecce.
Al di là delle differenze di calendario, Monza, Cremonese e Lecce si sono subito accorte di quanto sia difficile affrontare il livello della massima serie. Se questo era prevedibile per lombardi e salentini, lo era forse meno per un Monza che, nonostante una campagna acquisti di alto profilo (soprattutto considerato il fatto che si tratta di un club comunque alla sua prima esperienza in serie A) ha anch’esso affrontato un avvio shock.
Partenza difficile come comun denominatore fra le tre squadre, anche se l’approccio a questa stagione è stato fatto in maniera meno omogenea di quanto possa apparire a prima vista se andiamo a vedere i cambiamenti di organico fra la scorsa e la corrente annata. Del Monza e del suo mercato abbiamo già scritto. La Cremonese ha scelto di rivoluzionare sia l’impianto di gioco, sia la rosa a disposizione di Alvini. Dal canto suo, il Lecce ha sì cambiato di molto l’organico rispetto allo scorso, vittorioso campionato cadetto, ma ha deciso di confermare in Baroni la guida tecnica.
Dal punto di vista tattico sono state scelte tre proposte diverse. Il Monza continua nella ricerca del possesso come arma per manipolare il sistema difensivo avversario attraverso una manovra ragionata (11.83sec. il tempo medio per sequenza offensiva, 4 la media di passaggi per azione) all’interno di un sistema fluido. Questo approccio si è però scontrato con il difficile ambientamento di alcuni giocatori alla serie A (soprattutto i difensori) e con la lentezza con la quale la palla ancora viaggia in categoria superiore.
Per quanto riguarda la Cremo, i lombardi con Alvini sono passati da un sistema più orientato sul controllo della palla e sulla copertura delle linee di passaggio avversarie ad uno che estremizza l’1c1 e la verticalità (i grigiorossi sono la squadra più diretta della serie maggiore con una velocità di risalita del campo di 2.29 m/sec.). In queste prime giornate, oltre ad un calendario difficile (forse col solo Torino si poteva parlare di sfida accessibile, mentre le partite contro Fiorentina, Roma e Inter erano oggettivamente fuori portata in questo momento del campionato) la compagine grigiorossa ha pagato ovviamente il fatto che il gruppo sia quasi totalmente nuovo rispetto allo scorso anno e che, come detto, sia appena all’inizio nella strada che porta all’acquisizione di nuove conoscenze tattiche.

Contro l’Inter, nella sfida di San Siro, la Cremonese ha mantenuto il suo atteggiamento aggressivo (15 palloni recuperati nella metà campo nerazzurra) e la ricerca di duelli individuali a tutto campo. La formazione di Alvini nel primo tempo ha sofferto gli sganciamenti in avanti di Dimarco (81 palloni giocati) e qualche problema nelle scalate difensive, ma nella ripresa la situazione è stata aggiustata e per larghi tratti del secondo tempo si è vista una Cremo pericolosa. A mancare è stata la gestione delle transizioni dell’Inter, che si sono rivelate letali per gli ospiti.

Tuttavia, se andiamo ad analizzare i gol subiti, vediamo come il primo sia frutto di un contropiede lungo orchestrato dalla squadra di Inzaghi a seguito di un pallone intercettato su passaggio sbagliato della Cremonese in situazione di calcio d’angolo a favore. Il secondo poi, pur mancando qualcosa in riaggressione, è stato una prodezza individuale di Barella.
Anche Baroni a Lecce avrà bisogno di tempo per amalgamare tutti i nuovi. In questo primissimo scorcio di stagione il tecnico giallorosso è stato alle prese con le problematiche fisiche che ne hanno decimato la linea arretrata, costringendolo spesso a cercare soluzioni di emergenza (anche se quella di Baschirotto centrale si è rivelata una forzatura positiva). In fase offensiva la squadra dovrebbe trovare delle soluzioni alternative a quella di mettere cross e traversoni dalle fasce, in modo da poter mixare un po’ la propria fase di rifinitura.
Alcuni giocatori hanno impattato bene con la nuova realtà, in alcuni casi anche grazie a esperienza pregressa (Strefezza, Hjulmand) mentre altri stanno faticando (Gallo, Bistrović).
Contro il Napoli, agevolati anche dalla scelta di Spalletti di cominciare la sfida senza Lobotka e con una mediana a due composta da Ndombélé e Anguissa, i salentini sono riusciti ad ingolfare la fase offensiva partenopea, provando quando possibile (nel primo tempo) a risalire il campo.

L’aver lasciato agli avversari il 71% del possesso, oltre ad essere il frutto della superiorità tecnica dell’undici di casa conferma anche la tendenza del Lecce a cercare di difendersi per ripartire, dettando il contesto senza palla più che con la palla (7.51sec. il tempo medi per sequenza offensiva, 2.61 il numero di passaggi), come invece accadeva l’anno passato.
La realtà è che il salto di categoria verso la massima divisione è diventato difficile e richiede un certo periodo di adattabilità. Questo vale anche per la Premier, il campionato più ricco (e più bello?) del mondo. Anche lì infatti, due delle tre neopromosse stanno vivendo un avvio di campionato alquanto problematico. Il Bournemouth ha esonerato l’allenatore Scott Parker dopo la sconfitta per 9-0 subita ad opera del Liverpool. La squadra è stata però riconosciuta carente dallo stesso club, avendo allestito un organico con molti giocatori di Championship e scommesse.
Dall’altro lato c’è il Nottingham Forest. In questo caso si è seguita una politica opposta, che ha dato vita ad un mercato dispendioso, che ha portato al City Ground molti nomi nuovi (fra i quali l’ex atalantino Remo Freuler) in attesa di adattarsi alla Premier.
Tornando a noi, detto che anche la serie A non aspetta, le comuni difficoltà erano ampiamente preventivabili (forse con l’eccezione del Monza) e non devono scoraggiare le piazze in questione. Anche per queste problematiche, la quota salvezza potrebbe essere più bassa quest’anno e la lotta per non retrocedere dovrebbe veder coinvolte almeno un paio di formazioni che si sono invece salvate lo scorso anno.

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