Nonostante la corretta attribuzione a Luciano Spalletti (con Totti durante il suo primo mandato come tecnico della Roma) dell’idea di riproporre in versione moderna la soluzione del falso centravanti già sperimentata dalla grande Ungheria con Nándor Hidegkuti, l’utilizzo del cosiddetto falso nueve è comunemente associata a Pep Guardiola.
Nonostante la sperimentazione precedente, è con il Barça 2011 che l’utilizzo di Leo Messi da no.9 atipico diventa non più un’alternativa ma una soluzione caratteristica del modello di gioco del tecnico catalano.
Operando in quella posizione, associandosi con Pedro e Villa, l’argentino finiva per attirare su di sé l’attenzione dei difensori centrali avversari muovendosi in zona di rifinitura, dalla quale poi poteva servire passaggi chiave ai compagni.
Lo 0-5 con il quale i blaugrana regolano in trasferta il Real Madrid nel novembre 2010 resta nella storia non solo per il risultato finale ma anche per la prestazione di Messi, il cui posizionamento ed i cui movimenti manipolano il meccanismo difensivo delle merengues.
Durante le sfide col Real, Guardiola era solito partire con un sistema base per andare poi a modificarlo nel corso della partita. In un momento storico nel quale andavano imponendosi sistemi liquidi, il calcio di quel Barcellona ne rappresentava una delle versioni più fluide.
Negli ultimi tempi, con il City, il falso nueve è tornato prepotentemente ad essere uno dei tratti più caratteristici delle ultime versioni proposte da Guardiola. Questa soluzione non ha per niente diminuito il potenziale offensivo della compagine inglese.
Tuttavia, nella sfida di andata dei quarti di finale di Champions League contro l’Atlético Madrid l’assenza di un centravanti classico nella prima parte dell’incontro è sembrata dare ragione ai sostenitori della tesi per la quale senza un no.9 tradizionale sia impossibile scardinare un certo tipo di difesa.
Nonostante l’approccio maggiormente attivo mostrato dai colchoneros in questa stagione (l’Atléti ha debunkerizzato la propria fase difensiva, ad oggi soltanto l’undicesima nella Liga per gol concessi) la partita contro i citizens è stata affrontata da Simeone come una delle tante sfide passate contro formazioni sulla carta più forti, vale a dire costruendo un blocco difensivo basso con tutti i giocatori sotto la linea della palla a protezione degli ultimi venti metri di campo.
Questo atteggiamento è stato tradotto in campo dagli spagnoli attraverso un 5-3-2 difensivo che, col passare die minuti, ha assunto i caratteri di un vero e proprio 5-5-0 attraverso l’arretramento ad esterni di centrocampo di Joao Felix e Griezmann.

Il 3-1-6 col quale sviluppava il City non riusciva quindi a trovare centralmente delle linee di passaggio per servire il falso nueve Bernardo Silva. Troppo intasati erano infatti i corridoi di mezzo così come troppo statici e mal posizionati risultavano essere gli invasori inglesi.
Quando poi gli uomini di Guardiola spostavano palla lateralmente, non arrivavano a penetrare dentro l’area di rigore avversaria per produrre i loro letali cut-back ma si limitavano invece ad uno sterile crossing game.
Nella ripresa la partita è cambiata non tanto (o non solo) per la volontà di Simeone di provare ad alleggerire la pressione offensiva rivale attraverso il posizionamento di un punto di riferimento avanzato (Griezmann) al quale arrivare per azionare il contropiede, quanto invece per il triplice cambio effettuato da Guardiola, che ha inserito Gabriel Jesus, Grealish e Foden.
Soprattutto l’impatto di quest’ultimo è risultato decisivo ai fini del risultato finale. Il 21enne di Stockport ha infatti confezionato l’assist vincente per il gol di De Bruyne in un’azione che lo ha visto utilizzare la corretta postura corporea all’interno di una situazione letta non bene dai difensori spagnoli.

Foden ha così confermato la sua abilità nel muoversi e giocare nello stretto, ma ha soprattutto riproposto la tematica del falso nueve, rispetto alla quale è stato recentemente definito come l’ultimo rappresentante in ordine cronologico.
Da quando infatti si è imposto il Barcellona 2011 citato all’inizio e col calcio che spesso segue le mode, molte squadre hanno cercato di introdurre la figura del falso nueve all’interno del proprio modello di gioco.
Tuttavia, questa soluzione è stata spesso attuata nella convinzione che bastasse schierare un generico elemento offensivo (spesso un no.10) nella posizione per ricreare in qualche modo quanto visto in Catalogna.
Di contro, il falso nueve è invece una funzione che non può essere svolta indistintamente da ogni giocatore d’attacco a propria disposizione. Non solo tecnica e capacità associative dunque: il finto centravanti deve essere in grado di muoversi nei tempi e nei modi giusti, di tenere una postura corporale corretta vedendo quanto più campo possibile al momento di ricevere la palla e di produrre passaggi chiave per i compagni, con questi ultimi che devono attaccare la linea alle sue spalle sfruttando lo spazio generato dai movimenti del falso nueve in questione.
La partita dell’Etihad e la prestazione di Foden ci hanno quindi ricordato come non sia sufficiente schierare un non centravanti da no.9 per avere un falso nueve in grado di manipolare il sistema difensivo avversario.

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