La vittoria del Barcellona al Santiago Bernabeu sul Real Madrid va al di là del prestigio derivante dal trionfare nel clásico. Infatti, il risultato finale (4-0) e il modo in cui è maturato certificano il lavoro che sta svolgendo Xavi Hernández da quando, a novembre, è stato ingaggiato come nuovo allenatore blaugrana al posto dell’esonerato Koeman.

Quattro mesi dopo la presa dell’incarico l’ex centrocampista del Barça di Pep Guardiola ha risollevato le sorti della compagine catalana, portandola dal nono al terzo posto nella Liga e, fattore non trascurabile, ridando alla squadra una identità tattica.
Certamente il lavoro di Xavi è stato agevolato da una campagna acquisti invernale che ha portato al Camp Nou i vari Pierre-Emerick Aubameyang (9 gol in 11 partite con i catalani, con una shooting accuracy del 17.9%), Ferran Torres, Adama Traoré e Dani Alves. Da quando i quattro sono arrivati e da quando sono stati recuperati Pedri e Ousmane Dembélé, il Barcellona ha perso soltanto contro l’Athletic Bilbao nella coppa del Re.

Tuttavia questa considerazione non deve, come detto, sminuire il lavoro di rebuilding operato da Xavi. Considerato allievo e successore di Guardiola nello stesso modo in cui l’attuale tecnico del Manchester City lo è di Johann Cruyff, il 42enne di Terrassa sta sì ristabilendo l’orgoglio del giocare per il Barça e la concezione per la quale il collettivo ha la precedenza sulle individualità (che devono appunto essere messe al servizio della squadra) ma lo sta facendo con un’idea di calcio diversa da quella dei blaugrana di Pep.
Infatti, pur avendo sempre il controllo della partita tramite il possesso (65.2% quello medio attualmente) come arma tattica principale e pur utilizzando lo stesso sistema base (4-3-3), il Barcellona di Xavi differisce da quello edizioni 2008-2012 (gli anni di Guardiola) per una diversa interpretazione della fase offensiva, legata ovviamente alle diverse caratteristiche degli interpreti attualmente in rosa.
Da questo punto di vista, mentre l’iconico Barcellona di Pep poteva annoverare un centrocampo comprendente Sergio Busquets, Iniesta e proprio Xavi, la squadra allenata da quest’ultimo ha in Pedri e de Jong un altro tipo di mezzali.
In questo senso, il centrocampo catalano non è più un reparto di riciclo del possesso, che occupava determinate posizioni in campo al fine di costruire una struttura di palleggio a più linee di passaggio per destabilizzare il sistema difensivo avversario, quanto invece una mediana con un play (sempre Busquets) e due no.8 invasori, che si occupano di creare superiorità posizionale nei mezzi spazi della zona di rifinitura e di attaccare l’area.
È, questo, il compito che Guardiola ha assegnato a calciatori come de Bruyne o Silva dal suo arrivo a Manchester. Si tratta quindi di due mezzali che non devono soltanto aiutare la squadra a settare il possesso ma che devono anche creare spazio attraverso il movimento.

Partendo da questo assunto, il 2-3-5 (o 2-3-2-3) sviluppato dal Barcellona di Xavi in fase offensiva crea una struttura che va a riempire sia i corridoi centrali (con le mezzali) che quelli laterali (con le ali) della zona di rifinitura, tenendo sempre presente l’opzione del passaggio verticale per attaccare alle spalle la linea difensiva avversaria.

D’altra parte era lo stesso Cruyff a indicare a Guardiola come prima opzione, una volta entrato in controllo del pallone, quella di guardare in avanti verso Romário.
Quest’ultima soluzione è stata in qualche modo recentemente riscoperta dal calcio moderno. Dietro questa giocata non c’è però l’idea di sparacchiare la palla a caso in avanti quanto piuttosto quella di attaccare una profondità che esiste sempre alle spalle dell’ultima linea di difesa. Un concetto espresso recentemente anche da Luciano Spalletti.

Quando lo spazio non c’è più, perché si è arrivati alla linea di fondo, l’opzione del cutback (o pase de la muerte) per il giocatore a rimorchio resta la più efficace.
Poco dopo la sfida col Real, Gerard Piqué ha twittato We are back. È forse presto per dirlo ma di certo Xavi ha dato ai culé la speranza di essere sulla buona strada.

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