Il Derby della Mole vinto dalla Juve è stata un’altra occasione per vedere all’opera Federico Chiesa da attaccante. Fin dai suoi esordi in serie A con la maglia della Fiorentina, intorno al futuro campione d’Europa si è scatenato un dibattito in merito alla sua posizione in campo.

A Firenze Chiesa si assumeva la responsabilità di portare su di sé il peso dell’attacco, giocando sia da esterno che da punta, spesso prendendosi anche tiri a bassa percentuale di realizzazione tanto è vero che, nei quattro campionati disputati in riva all’Arno, il talento bianconero ha realizzato 27 gol fuori da un dato di 32.45 xG, con un differenziale di -5.45 fra gol attesi e reti effettivamente realizzate.
Arrivato a Torino, Chiesa si sta invece evolvendo anche in fase di finalizzazione, come dimostrano i fin qui 9 gol realizzati in bianconero, in linea con gli 8.94 xG prodotti.
Già visto all’opera in avanti contro il Chelsea, Chiesa ha visto preconizzare per lui un futuro da centravanti da parte di Max Allegri. E in tale posizione è stato riproposto e poi promosso contro il Toro dal tecnico juventino.

La sfida ai granata ha quindi probabilmente rappresentato un ulteriore step nel processo di adattamento del classe 1997 alla nuova posizione. Durante i novanta minuti della stracittadina si sono potuti osservare pregi e difetti (leggasi difficoltà) di questo cambiamento.
Nel primo tempo, con la Juve che operava con un baricentro basso (41.99m) la compagine bianconera ha fatto fatica a servire l’ex viola, non riuscendo quindi a sfruttare il campo aperto venutosi a creare. Proprio la risalita del campo in transizione è uno dei punti di forza di Chiesa.

Nella ripresa invece, con la squadra di Allegri che si è alzata notevolmente (56.9m il baricentro medio nei secondi quarantacinque minuti di gioco), riducendo il campo d’azione dell’ex viola, Chiesa è stato maggiormente coinvolto nella manovra offensiva della Juve. In particolare quando quest’ultima riusciva a connettersi col no.22 fronte alla porta.
Lo spostamento di Bernardeschi sulla trequarti nella nuova disposizione 3-5-1-1 ha aiutato (così come la decisione di Allegri di mandare in campo Cuadrado) ma, in generale, la sensazione attuale è quella di un giocatore che (indipendentemente dall’essere schierato da centravanti o da no.11) abbia comunque bisogno di avere la possibilità di giocare palla guardando il portiere avversario mentre schierarlo spalle alla porta rischia di limitarne il potenziale.
Vedremo se questo nuovo posizionamento di Chiesa avrà un seguito e se, in tale posizione, il ragazzo continuerà in quella evoluzione che, sotto porta, sta facendo tornare in auge il paragone col padre Enrico.