La sfida di Champions fra Milan e Atlético è stata indubbiamente condizionata dall’espulsione di Kessié. Al di là del merito della seconda ammonizione, che ha portato all’allontanamento del giocatore rossonero, il cartellino rosso ha improvvisamente cambiato la partita.
Fino a quel momento infatti il Milan era in controllo di un match cominciato con la squadra di Pioli a fare la partita, con un dato del possesso che nei primi trenta minuti di gioco (cioè appunto fino all’espulsione del centrocampista ivoriano) aveva toccato anche una punta del 62%.

Contrariamente a quanto preventivabile alla vigilia, Diego Simeone ha infatti presentato a San Siro una versione old style dei colchoneros, predisponendo la compagine rojiblanca intorno al tradizionale, compatto 4-4-2, mettendo da parte quelle velleità offensive che invece stavano caratterizzando quella sorta di rivoluzione tattica in corso al Wanda Metropolitano in questa annata.
Via quindi la fin qui sperimentale difesa a tre e ritorno ad una linea arretrata di quattro elementi comprendente Trippier, Felipe, Giménez e Mario Hermoso.
Il piano gara era quello di abbassare la prima linea di pressione (17.4 il PPDA spagnolo nella prima frazione) al fine di creare spazio alle spalle retroguardia avversaria da attaccare poi con rapidi contropiedi.
Dopo l’espulsione che ha lasciato i padroni di casa in dieci per un’ora abbondante, Simeone (nella necessità di dover raggiungere il pari) ha messo da parte ogni remora e provveduto alla sostituzione di Trippier (per far posto a João Félix) prima dell’intervallo e, a metà gara, agli inserimenti di Renan Lodi e De Paul.
Queste sostituzioni e il successivo ingresso in campo di Griezmann hanno trasformato il 4-4-2 iniziale in una sorta di 4-3-3 iper-offensivo, con una difesa che vedeva Marcos Llorente agire da terzino destro, con il no.8 francese impiegato da mezzala destra d’attacco e con Kondogbia prima e il più offensivo Lemar poi a completare la mediana con De Paul.

Per rispondere ad un Atlético sempre più a trazione anteriore e via via padrone del campo, Stefano Pioli (che nel frattempo aveva mandato in campo Tonali al posto di Rebić) ha risposto creando un 5-3-1 che a volte vedeva situazionalmente dare vita ad una vera e propria ultima linea a sei col aveva il compito di chiudere tutti i corridoi del campo e di accumulare uomini nella zona centrale e in area.

Davanti a questa muraglia rossonera la squadra di Simeone è inizialmente andata a sbattere, appoggiandosi ai cross (14), alle conclusioni da fuori area (6) e a giocate sul corto che non sempre riuscivano anche se, in una situazione del genere, le occasioni spagnole andavano aumentando. Il gol del momentaneo pareggio realizzato da Griezmann avveniva in una delle situazioni in cui Atlético sfruttando una disattenzione in marcatura di Romagnoli.
L’azione è stata figlia di una delle tante palle buttate in avanti da un Milan che, tolto dal campo Leão, aveva nel neo-entrato Giroud il punto di riferimento più avanzato. L’idea di Pioli probabilmente era quella di avere davanti un elemento in grado di tenere palla e far respirare la squadra. La mossa non ha pagato col milanista apparso fuori contesto e senza più un velocista come il già citato Leão in grado di attaccare la profondità allungando gli spagnoli e costringendoli a dispendiosi ripiegamenti difensivi.
Alla fine il rigore trasformato da Luis Suárez ha sancito la vittoria di una squadra che era partita con enormi difficoltà ma che ha saputo adattarsi meglio alla nuova situazione creata dall’espulsione di Kessié.