La vittoria dell’Italia di Roberto Mancini, al termine di una partita sofferta (conclusasi ai supplementari) pone fine all’avventura europea dell’Austria.
La sfida agli Azzurri ha confermato le qualità di una nazionale arrivata in sordina a questi Europei ma che è invece cresciuta man mano che passavano i giorni, dimostrandosi in grado di adattare il piano gara in funzione degli avversari.
Infatti dopo un inizio in salita, caratterizzato dall’utilizzo di sistema base 3-5-2 piuttosto reattivo (contro Macedonia del Nord e Olanda), il ct austriaco Franco Foda ha cambiato strada, virando verso una sorta di 4-2-3-1 piuttosto fluido.
Un sistema ed una interpretazione dello stesso che ha dimostrato di adattarsi meglio alle caratteristiche di una squadra che nelle prime due uscite del torneo aveva dimostrato di avere alcuni buoni elementi sui quali contare ma che era sembrata non in grado di sfruttarli adeguatamente.
Contro la nazionale di Goran Pandev e contro gli Oranje infatti, gli Austriaci avevano palesato non poche difficoltà, soprattutto in possesso.
L’idea di costruire con un rombo 3+1, cercando di alzare immediatamente i due quinti, non aveva trovato riscontri positivi, sia contro il blocco medio proposto dai Macedoni sia contro il pressing più avanzato della squadra di Frank de Boer.

In entrambi i casi la manovra austriaca risultava ingolfata, con l’uscita palla da dietro che non avveniva quasi mai in modo pulito e questo nonostante l’idea di Foda di schierare David Alaba (il giocatore più tecnico e di maggior livello a disposizione) sulla linea difensiva prima da centrale e poi, nel secondo tempo della partita con l’Olanda, da braccetto di sinistra.
Nessuna delle due soluzioni ha funzionato, particolarmente contro il forte pressing orientato sull’uomo organizzato dalla compagine olandese che aveva negli attaccanti Wout Weghorst e Memphis Depay e in un Georgino Wijnaldum posizionato da no.10 un trio offensivo in grado, con le opportune scalate in avanti, di contestare il possesso austriaco.
Contro l’Ucraina di Andrij Shevchenko l’Austria è però rifiorita, grazie ad alcuni cambiamenti tattici operati da Foda. Per affrontare Andriy Yarmolenko e compagni il 55enne ex difensore del Bayer Leverkusen decideva infatti di proporre un 4-2-3-1 con Alaba spostato nella posizione di terzino sinistro e con l’ingresso di Florian Grillitsch (già visto all’opera nella ripresa con l’Olanda) dal primo minuto.
Con Alaba riportato nella sua posizione naturale in un contesto come quello del calcio contemporaneo nel quale gli esterni bassi spesso fungono da veri e propri registi decentrati e con Grillitsch che in possesso agiva da play, la fase offensiva austriaca diventava molto più fluida e funzionale, con una costruzione ‘spagnola’ 2-3 e con lo sviluppo di forti connessioni sul lato sinistro del campo con la catena formata da Alaba, Marcel Sabitzer e Christoph Baumgartner.
Queste novità, unite all’aggressività in non possesso permettevano alla formazione di Foda di dettare il contesto aggiudicandosi una partita fondamentale per il passaggio agli ottavi.
Ottavi che, come detto in apertura, hanno visto Das Team soccombere contro gli Azzurri ma non senza averli impensieriti, molto di più di quanto atteso alla vigilia.
Per affrontare una delle squadre uscite meglio dalla fase a gironi di questo torneo, Foda è rimasto fedele alla versione presentata contro gli Ucraina. Così l’Austria si è schierata in campo ancora con un 4-2-3-1 di partenza che diventava 4-1-4-1 in fase di non possesso.

Il piano gara prevedeva di spostare la partita sul piano del ritmo e, non a caso, i primi minuti di partita sono stati caratterizzati da una serie continua di transizioni veloci, da una parte e dall’altra.
Questo tipo di atteggiamento, anche se poteva esporre la squadra alle temibili ripartenze azzurre, aveva però il positivo effetto di consentire agli Austriaci di essere pericolosi grazie alla capacità di attaccare in campo aperto dei vari Marko Arnautović, Baumgartner, Sabitzer e Konrad Laimer.
Quando poi, dopo questa fase iniziale del primo tempo, la squadra di Mancini è riuscita ad aggiustare il proprio gegenpressing, l’Austria è stata costretta ad accettare fasi di difesa posizionale organizzandosi in un 4-1-4-1 fortemente orientato sul lato palla e sugli appoggi che riusciva a negare spazio agli Azzurri in zona di rifinitura grazie soprattutto al lavoro difensivo di Grillitsch e delle due mezzali.

Nel secondo tempo poi gli uomini di Foda hanno alzato il proprio baricentro in entrambe le fasi riuscendo ad invadere con continuità la metà campo italiana.
Alla fine però la superiorità tecnica e la diversa profondità della panchina hanno fatto la differenza per un’Italia che, grazie agli innesti di Federico Chiesa e Matteo Pessina, è riuscita anche a riempire meglio tutti i corridoi verticali del campo, garantendosi superiorità numerica e posizionale in fase d’attacco grazie al lavoro dei cinque invasori.

Il risultato ha così premiato col passaggio del turno una nazionale azzurra che ha meritato la qualificazione in virtù di una maggior produzione offensiva.

Tuttavia questa sconfitta non deve far passare in secondo piano la buona prestazione di una squadra austriaca che ha saputo andare oltre le aspettative della vigilia della competizione, riuscendo a cambiare in corsa il proprio assetto tattico in modo da tale da correggere le storture delle prime due uscite.