Il Milan corona l’inseguimento alla Champions (durato sètte anni) conquistando l’aritmetica certezza di poter partecipare alla prossima edizione del più importante torneo europeo per club al termine della vittoriosa trasferta in quel di Bergamo (0-2), contro un’Atalanta bestia nera dei rossoneri da quando è Pioli l’allenatore.
Lo sviluppo della partita, condizionata anche da quanto stava accadendo sugli altri campi interessati dalla lotta Champions (Bologna e Napoli) ha fin dall’inizio assunto dei connotati diversi da quelli che possiamo considerare canonici per la squadra rossonera.
Il Milan infatti, presentatosi alla decisiva sfida del Gewiss Stadium con un possesso palla medio del 52.6%, ha lasciato il controllo del pallone ai bergamaschi (68%).

Con i padroni di casa che hanno via via imposto la loro supremazia territoriale (baricentro di 61.56m in fase offensiva), gli uomini di Pioli sono stati costretti a lunghe fasi di difesa posizionale (38.53m il baricentro medio sul possesso avversario) che si sono spesso risolte in un assedio agli ultimi sedici metri rossoneri.

Detto questo, il fatto di aver dettato il contesto non si è tradotto in una maggior pericolosità offensiva da parte atalantina. Sia il dato degli expected goals che quello relativo all’Indice di Pericolosità Offensiva testimoniano quanto detto, facendo ricavare la conclusione che al lungo dominio nerazzurro in termini di possesso e pressione offensiva non sia corrisposta una altrettanto evidente capacità di tramutare questa superiorità in concrete occasioni per segnare.

L’Atalanta ha provato a risalire il campo attraverso i rombi esterni ma con una modalità lenta di trasmissione palla e incontrando non poche difficoltà ad attaccare l’ultima linea milanista. Al contrario, la squadra più pericolosa offensivamente è stata proprio il Milan.
L’idea di abbassare il baricentro e, di conseguenza, anche la prima linea di pressione (27.75 il PPDA milanista) è apparsa evidente fin dalle prime battute di gioco.
Per mandare a vuoto il pressing alto della squadra di Gasperini, il Milan aveva predisposto una uscita palla più semplice e diretta in fase di costruzione, con l’intenzione di andare a cercare immediatamente Leão alle spalle della difesa nerazzurra.
Questo attacco diretto alla linea bergamasca finiva per allungare l’Atalanta (39.86m la lunghezza media dei padroni di casa con palla al Milan), dilatando la zona di rifinitura e aprendo spazi per i trequartisti rossoneri, in particolare Çalhanoğlu e Brahim Díaz. Tuttavia Pioli non ha sfruttato molto questa situazione, tanto è vero che i due no.10 della sua squadra hanno ricevuto in totale appena due passaggi chiave nella metà campo offensiva.
In generale il totale dei passaggi che hanno permesso al Milan di superare una linea difensiva avversaria è stato comunque molto basso (9) a conferma di una partita reattiva, volta più al controllo degli spazi che al tentativo di manipolare la struttura difensiva avversaria.
Alla fine comunque il Milan, pur giocando una partita in controtendenza rispetto ai principi di gioco evidenziati nel corso della gestione Pioli, è riuscito a portare a casa un preziosissimo risultato che, oltre a ricollocare il club al livello europeo che più compete alla sua storia, certifica lo straordinario lavoro svolto dal tecnico rossonero e dal suo staff.