L’Inter vince il derby con pieno merito al termine di una partita pressoché dominata dal punto di vista tecnico e tattico. Se si escludono infatti i primissimi minuti della ripresa (durante i quali Handanovič compie tre parate degne di nota che impediscono al Milan di raggiungere il pari) la formazione di Antonio Conte è stata fin da subito padrona del campo, riuscendo a dettare il contesto tattico.
La sfida, come prevedibile, si è articolata con una squadra che ha gestito il pallone (i rossoneri hanno registrato alla fine il 61% di possesso palla) e l’altra che ha invece occupato bene gli spazi, alternando fasi di pressione alta ad altre (la maggior parte) di difesa posizionale (baricentro di 37.01m sul possesso avversario).

Il gol segnato da Lautaro Martínez dopo appena cinque minuti finisce per incanalare subito il confronto su binari favorevoli ai nerazzurri. Agendo infatti di rimessa gli uomini di Conte si dimostrano pericolosi in più di una circostanza, dando l’idea di poter segnare ad ogni transizione contro un Milan che invece, specialmente per quanto riguarda la linea arretrata, mostra enorme fatica nel difendere a campo aperto.

Quando il Milan prova ad alzare la prima linea di pressione (52.68m il baricentro con l’Inter in possesso) il risultato non è soddisfacente: il PPDA piuttosto elevato (10.14) è stavolta indice non di una gara attendista in fase difensiva ma di una errata attuazione del pressing offensivo, con l’Inter che riesce sempre ad eludere il primo pressing rossonero per risalire poi velocemente il campo.
Come dichiarato dallo stesso tecnico milanista nel post partita, la costruzione bassa dell’Inter ha messo in difficoltà il sistema di pressione del Milan.
In particolare, a risultare problematica è stata la salita degli esterni offensivi a contrasto con i i giocatori che prendevano ampiezza nella costruzione bassa della squadra di Conte.
In fase offensiva poi i rossoneri non riescono quasi mai ad essere pericolosi (0.71 xG) mentre la squadra di Conte si dimostra pericolosa ogni volta che ha il possesso (2.96 xG). Alla solidità difensiva della compagine nerazzurra ha contribuito la compattezza garantita dai tre difensori e dai tre centrocampisti centrali che di fatto hanno negato al Milan l’utilizzo della zona fra le linee, elemento chiave della fase di possesso rossonera.
A risultare importanti, oltre a Lukaku e Handanovič, sono anche i contributi di Barella (64 palle giocate, più di tutti i compagni), Hakimi e Perišić (61). La mezzala nerazzurra si muove come usuale a tutto campo, allargandosi per sovraccaricare il lato destro o inserendosi in zona di rifinitura a seconda delle situazioni. Da parte loro i due quinti interisti aiutano la risalita palla costringendo i terzini del Milan a giocare essenzialmente solo in fase difensiva.

In questo contesto funzionale, chiamato quindi a farne parte e non a dettarlo, risalta anche la prestazione di Eriksen. Con Brozovic che aiuta la costruzione da dietro, il danese (59 palloni giocati) si segnala per il suo lavoro in situazione di consolidamento del possesso in zone più avanzate e di aiuto alla fluidità della manovra offensiva, registrando 11 passaggi riusciti sulla trequarti d’attacco e 24 palloni positivi giocati in avanti.

I numeri relativi all’IPO delle due squadre confermano alla fine la netta supremazia interista. Se si escludono i primi minuti del secondo tempo, il Milan non è apparso mai in partita. La battaglia tattica ha quindi premiato il piano gara predisposto da Antonio Conte.