Il Napoli non riesce ad andare oltre il pareggio (1-1) nel turno casalingo col Torino, chiudendo così un mese di dicembre che si era aperto con le vittorie contro Crotone e Sampdoria e che invece si chiude con un punto conquistato nelle ultime tre gare.
Da parte loro i granata vedono sfuggire dei punti preziosi sul finale di gara al termine di una prestazione comunque convincente sul piano difensivo.
Ancora senza Osimhen, il Napoli è stato schierato da Gattuso con quel 4-2-3-1 di base che, inizialmente, doveva essere l’alternativa al 4-3-3 da utilizzare col francese in campo insieme a Mertens.
Tuttavia, come già accaduto in altre gare in questa stagione, i partenopei hanno fatto fatica a creare contro la linea a cinque riproposta da Giampaolo dopo il momentaneo ritorno al rombo di centrocampo in azione col Bologna.
Il dato degli expected goals (appena 0.90) certifica le difficoltà della fase offensiva napoletana, che ha mostrato una sorta di regressione durante le ultime uscite. Senza Osimhen e Mertens (ma in realtà anche con loro presenti) il Napoli si è infatti dimostrato non particolarmente pericoloso, soprattutto contro avversari che opponevano una fase difensiva ordinata.
In pratica, in situazioni di questo tipo la soluzione scelta dai partenopei è stata essenzialmente quella di affidarsi al crossing game. Non a caso la squadra di Gattuso è fra quelle che cercano di più il cross nell’intera serie A. Se però guardiamo ai tiri nati dai cross, il dato del Napoli non è incoraggiante.

Qualche soluzione alternativa contro chi tende a chiudere il centro del campo la si è vista, come ad esempio quella vista contro la Lazio (con Fabián Ruiz che si allargava in costruzione per aiutare l’uscita palla da dietro) o quella con l’Inter (Insigne play a sinistra) senza tuttavia che questa producesse qualcosa in termini di occasioni create (contro i biancocelesti il dato degli xG è stato di 0.98).
In generale, senza i giocatori per i quali è stato costruito (appunto Osimenh e Mertens) il 4-2-3-1 ha finora limitato le soluzioni in possesso del Napoli, ridotto le linee di passaggio nella metà campo offensiva e contribuito all’appannamento di giocatori come Fabián e Zielinski, abituati ad invadere giocando da mezzali.
Per di più, contro il Toro (baricentro medio di 45.13m) i due interni utilizzati all’inizio sono stati due mediani difensivi (Bakayoko e Demme). È chiaro come una situazione del genere riproponga la questione dell’utilizzo del doble pivote in squadre che vogliono o devono fare la partita.

Forse, l’idea di insistere col 4-2-3-1 è derivata dalla volontà di Gattuso di impiegare contemporaneamente quattro riferimenti avanzati nel tentativo di aumentare il potenziale offensivo della squadra. Così non è stato e, nelle ultime cinque giornate, l’IPO del Napoli (49.6) è risultato essere solamente il sesto del campionato, con un rapporto IPO/reti fatte di 35.4: soltanto cinque squadre hanno fatto peggio.
Al netto di questioni strutturali, come quella della prima punta (Osimenh, Mertens, Petagna e Llorente sono quattro centravanti diversi fra loro), il Napoli sembra essere regredito sul piano del gioco soprattutto quando, come detto, si trova a dover attaccare squadre che privilegiano la difesa posizionale bassa.
Sulla capacità della sua squadra di risolvere queste partite passeranno probabilmente molte delle speranze di Gattuso di qualificarsi alla prossima Champions.