Il ritorno di Massimo Oddo sulla panchina del Pescara (dopo il biennio 2015-17) è stato finora avaro di soddisfazioni. La compagine biancazzurra infatti occupa attualmente l’ultimo posto in classifica in serie B, con appena un punto racimolato nelle prime sei uscite stagionali.
La situazione è talmente grave che il tecnico abruzzese (nativo proprio della provincia pescarese) sarebbe sul punto di giocarsi la panchina nella prossima sfida col Cittadella. Una sfida quindi che assume valore doppio per un tecnico giovane (44 anni) e che soltanto poche stagioni fa veniva considerato appartenente alla nouvelle vague degli allenatori rampanti
Invece, al netto di critiche che possono essere mosse all’operato dei due direttori dell’area tecnica Giorgio Repetto e Antonio Bocchetti (la squadra non sembra essersi rinforzata durante l’ultima campagna acquisti e questo nonostante una salvezza strappata in extremis dopo la lotteria dei rigori vinta contro il Perugia guidato proprio da Oddo), non si può non sottolineare come il tecnico abbia messo del suo in questa partenza schock della compagine adriatica.
I contrasti con parte dello spogliatoio (con i vari Valdifiori, Galano e Riccardi lasciati fuori dalla lista dei convocati per la trasferta di Lecce) e con parte della stampa sono riflesso della brutta situazione di classifica ma rappresentano anche le difficoltà che la squadra ha manifestato a livello di prestazioni offerte.
Dal punto di vista tattico, dopo un inizio ancorato all’amato 4-3-2-1 Oddo ha virato verso la difesa a tre, presentata nelle ultime due uscite contro Frosinone (3-5-1-1) e Lecce (3-4-1-2).

L’idea era quella di garantire maggior protezione in fase difensiva e, nello stesso tempo, di creare un contesto tattico più semplice da leggere per una squadra imbottita di giovani. Il piano non ha funzionato, con i biancazzurri che hanno perso entrambe le gare (0-2 in casa col Frosinone, 3-1 a Lecce).
In fase di costruzione bassa il Pescara si appoggia a Fiorillo, cercando di costruire intorno al proprio no.1 una rete di linee di passaggio. Contro squadre che invece attendono più basse, la squadra di Oddo costruisce con i 3 centrali più il play (Valdifiori, Omeonga o Fernandes). Se le squadre avversario chiudono l’uscita centrale, il gioco degli adriatici viene veicolato per vie esterne, dove lavorano i due quinti.
La squadra cerca di risalire il campo palleggiando per portare palla in zona di rifinitura e sfruttare le qualità sul corto di giocatori come Maistro.
Qualora la rifinitura sia chiusa, il Pescara muove palla lateralmente. Non per rifinire tramite cross (la squadra è solo 16° per numero di cross effettuati finora) ma sempre per cercare delle combinazioni palla a terra che consentano di entrare in area di rigore.
Questo tipo di approccio non ha per ora funzionato e il Pescara risulta essere l’ultimo undici della cadetteria in termini di IPO (22.4).
I problemi degli abruzzesi non si limitano però soltanto al possesso. Anche in fase difensiva infatti la squadra di Oddo ha palesato evidenti difficoltà, come indicano le 14 reti incassate (soltanto il Pisa ha fatto peggio) e il dato IRD (49.4), migliore soltanto di quello di Ascoli (53) e Cosenza (56).
In conclusione, il Pescara è squadra ancora in via di sperimentazioni, che non ha saputo fin qui dotarsi di una chiara identità tattica né è stata in grado di individuare i giocatori chiave (a parte Fiorillo) intorno ai quali costruire il resto della formazione base. Di conseguenza, in assenza di un un modello di gioco ben preciso, la compagine abruzzese risulta troppo dipendente dalle individualità tecniche di singoli che non sempre sono stati all’altezza del compito.