Il derby della lanterna si è confermato partita equilibrata, disputata fra due squadre che hanno lasciato poco allo spettacolo e badato più alla sostanza.
La Samp ha fatto la partita ma alla fine ha creato poco in relazione ai numeri prodotti (58% di possesso, 54.64m il baricentro medio). Di contro, sono stati i rossoblù ad aver generato più occasioni, toccando più palloni nell’area avversaria (69 contro i 61 dei blucerchiati). Tutto questo senza però che nessuna delle due squadre possa dire di aver sviluppato una fase offensiva soddisfacente.

Proprio la squadra di Ranieri ha riscontrato le ben note problematicità quando si è trattato di attaccare un avversario chiuso. Abbastanza a proprio agio in partite di ripartenza, avendo a disposizione giocatori abili nel risalire il campo, la compagine blucerchiata va invece in difficoltà quando è costretta a cercare di forzare il sistema difensivo rivale.
Con un palleggio poco fluido e uno scaglionamento non sempre ordinato, la Samp ha faticato a produrre gioco, ricorrendo più che altro ad una fase di rifinitura basata sui cross (16, dei quali appena 3 quelli riusciti). Il gioco così veicolato per corsie esterne (soprattutto a sinistra, dove operava Augello e da dove sono arrivate il 41% delle azioni offensive blucerchiate) è stato in parte forzato anche dalla capacità del Genoa di creare densità centrale.
Detto questo, la Doria ha confermato la sua cronica difficoltà a invadere centralmente la zona di rifinitura (fra le due linee di centrocampo e difesa avversarie). Un problema comune ad entrambe le squadre visto che, insieme, hanno prodotto un totale di soli 32 passaggi chiave.
Da parte loro i rossoblù hanno cercato di palleggiare di più quando si sono trovati in fase offensiva, cercando soprattutto di servire Pandev fra le linee (3 passaggi chiave ricevuti). L’altro trequarti genoano (Zajc), è stato invece trovato appena una volta alle spalle di una linea di pressione avversaria, questo anche per l’abbassarsi dello sloveno in alcune occasioni per favorire la circolazione palla all’altezza del centrocampo.

Nel secondo tempo la Sampdoria decide di forzare, alzando la linea della prima pressione (alla fine il PPDA doriano sarà di 7.48) e costringendo la circolazione del Grifone verso corsie esterne, dove la squadra di Ranieri è più abituata a portare l’azione di pressing. Tuttavia, i blucerchiati hanno continuato a peccare in fase di rifinitura.
Alla fine, il risultato di parità appare il più corretto in relazione a quanto prodotto dalle due squadre.
Per il Genoa potrebbe essere un punto di (ri)partenza, con il passaggio di Maran al 4-3-2-1 dopo un inizio di campionato caratterizzato dall’utilizzo del 3-5-2 come sistema di base. Resta, al di là delle motivazioni addotte, l’incomprensibilità della scelta di lasciare Lasse Schöne fuori dalla lista per la serie A.
Per quanto riguarda invece la Samp, l’impressione lasciata da queste prime uscite (anche se siamo ancora all’alba della stagione) è quella di una squadra che non dovrebbe avere problemi a raggiungere la salvezza, obiettivo del club. Tuttavia, per la rosa a disposizione la squadra di Ranieri potrebbe forse provare ad osare qualcosa in più.
Dal punto di vista difensivo l’arrivo del tecnico romano (al quale va il grosso merito di aver raddrizzato una barca che, lo scorso torneo, sembrava prossima ad affondare definitivamente) ha positivamente inciso sulle sorti della compagine blucerchiata. Tanto è vero che ad oggi, chiusa nelle sue due linee da quattro, la Samp risulta la sesta difesa della massima serie in termini di gol subiti (9) e la settima per Indice di Rischio (44.2).
Là dove gli eredi di Vialli e Mancini potrebbero fare meglio è in fase offensiva (undicesima per Indice di Pericolosità Offensiva con un dato di 48.9). Con giocatori come Ekdal, Verre, Gastón Ramírez, Jankto e la sorpresa Mikkel Damsgaard (3.5 dribbling di media a partita) e con il ritorno in piena forma di Keita Baldé, la Samp potrebbe provare a variare il suo modo di invadere la metà campo avversaria. La percezione è che la squadra si accontenti visto che, come detto, l’obiettivo finale appare più che alla portata.