C’è stato un tempo, prima degli sceicchi, in cui il Paris Saint-Germain era già stata squadra in grado di poter lottare (o almeno aspirare) per la conquista del trofeo per club più ambito d’Europa, vale a dire la Champions League.
Quest’epoca ora apparentemente remota si colloca nella prima metà degli anni ’90. In quel periodo la compagine parigina, già semifinalista in coppa Uefa e coppa delle Coppe, si ritrovò a giocare le semifinali anche della coppa dei Campioni 1995, ad un passo dalla finale e dal possibile trofeo.
A spegnere i sogni di grandeur dei parigini (che avevano eliminato il Barcellona di Cruyff) fu il Milan di Capello, che si impose nel doppio confronto (0-1 e 0-2) qualificandosi per la finale, poi persa contro l’Ajax di van Gaal grazie ad un gol del giovane Kluivert.
Era, quello, il Psg di Luis Fernández, ex membro del carré magique della Francia campione d’Europa nel 1984 e semifinalista dei Mondiali 1986 e successivamente apprezzato tecnico anche dell’Athletic Bilbao.
La squadra poggiava su una difesa formata dal portiere Bernard Lama (non sempre una sicurezza), dai difensori centrali Ricardo Gomes e Alain Roche (con Antoine Kombouaré come alternativa) e dai terzini Patrick Colleter e Francis Llacer. Il reparto arretrato garantiva solidità alla fase di non possesso parigina, anche grazie al lavoro di centrocampisti bravi in interdizione come Paul Le Guen, Vincent Guérin e Daniel Bravo. Quando Luis Fernández voleva aumentare il tasso tecnico del centrocampo, introducendo un elemento in grado di garantire un secondo possesso più fluido, veniva inserito il brasiliano Valdo.
Questa era la struttura che doveva supportare i tre riferimenti offensivi nel 4-3-1-2 disegnato dal tecnico basco. A giostrare davanti c’erano elementi di grande qualità come Raí (il fratello di Sócrates), George Weah e David Ginola. Insieme, questi tre segneranno 46 reti (tutte le competizioni comprese) nella stagione 1994-95.
«La forza del gruppo del 1995 è stata lo spirito di gruppo, eravamo forti: Guérin, Colleter, Ricardo, Roche, Bravo, Raí, erano solidi. La priorità era il gruppo», ha ricordato recentemente Fernández.
In quella coppa dei Campioni, contro squadre più forti, l’idea era quella di occupare gli spazi con una difesa posizionale bassa per poi armare i tre giocatori offensivi con rapidi contropiedi.
In queste situazioni era essenziale il lavoro dei due attaccanti, Weah e Ginola. Più veloce e devastante in transizione il primo, più imprevedibile e abile ne fornire passaggi chiave il secondo, entrambi erano rapidi nel breve e dotati di straordinaria tecnica, oltre al fatto di essere in grado di giocare spalle alla porta.
Con VideoMatch di Sics vediamo due situazioni d’attacco del Psg con protagonista Ginola. Nella prima il francese gioca di sponda per i compagni mentre, nella seconda, si gira per attaccare la profondità, spezzando il raddoppio del Bayern.
Infatti, non era raro vedere il Psg appoggiarsi ai due per risalire il campo, con Weah e Ginola disposti spalle alla porta ma in grado sia di girarsi per puntare a rete che di combinare con i centrocampisti che arrivavano a rimorchio.
Utilizzando VideoMatch di Sics evidenziamo una tipica azione del Psg di Fernandez: palla in profondità per Ginola che serve un assist per il centrocampista (Guérin) che arriva a rimorchio.
Giocare spalle alla porta, davanti al difensore in marcatura, permetteva al liberiano ed al francese di guadagnare diversi calci piazzati. Il Psg era abilissimo a sfruttare le situazioni di palla inattiva, soprattutto gli angoli, grazie alle abilità dei giocatori che calciavano e alle buone qualità nel gioco aereo dei vari Gomes, Roche, Weah e anche dello stesso Ginola.
Proprio Ginola è forse il calciatore più creativo di quella squadra. Le sue partite si svolgono essenzialmente fra il mezzo spazio e la fascia sinistra, zone di campo dalle quali può rientrare e inventare col suo destro. È in quella porzione di campo dove il futuro giocatore del Newcastle e Tottenham dimostra di essere secondo a pochi.
Verticalizzazione diretta per Ginola, che manda a spasso Costacurta e Panucci.
Quel Psg si inseriva in un momento positivo per i club francesi nelle coppe europee. Un paradosso per il calcio transalpino, se si pensa che nel 1993 la nazionale transalpina, guidata da Gérard Houllier, vniva inopinatamente eliminata dalla Bulgaria nella corsa a Usa ’94 al termine di una partita drammatica, che vide protagonista in negativo anche Ginola.
Infatti, sul risultato di 1-1 (che avrebbe qualificato la Francia), al novantesimo minuto Ginola, dopo essersi conquistato una punizione all’altezza della bandierina, invece di tenere palla decide improvvidamente di metterla in mezzo. Il risultato sarà la riconquista della palla da parte dei bulgari, dalla quale poi scaturirà il gol vincente di Kostadinov.
Da questo cross per nessuno (in area per i francesi stazionava solo Cantona) nascerà il feud fra Houllier e Ginola e l’esclusione di quest’ultimo dalla rosa della nazionale che poi vincerà il Mondiale casalingo del 1998.
Di contro a questa débâcle, i club francesi come detto brillavano: il Monaco di Wenger finalista della coppa delle Coppe 1992, l’OM vincitore nella coppa dei Campioni 1993, l’Auxerre del 4-3-3 con marcatura individuale di Guy Roux fino appunto al Psg che, prima di Fernandez, aveva vissuto il passaggio alla difesa a zona col portoghese Artur Jorge.
Una parabola, quella del Psg, che avrà poi il proprio acuto nella vittoriosa coppa delle Coppe 1996, alla quale fece seguito la finale (persa col Barcellona) dell’anno successivo.