Da quando è arrivato a Genova lo scorso 7 dicembre Cesare Prandelli ha lentamente cominciato l’opera di trasformazione della squadra rossoblù.
Il segnale più chiaro delle novità apportate da Prandelli e dal suo staff è dato dal rendimento difensivo della squadra: in otto partite sotto la nuova gestione il Genoa ha incassato 10 reti, per una media di 1.25 a partita. Un numero alto, ma anche un deciso miglioramento rispetto ai due gol di media (14 in 7 gare) che i rossoblù concedevano sotto Ballardini e ai 2.15 subiti con Juric in panchina.
Il nuovo Genoa ha migliorato la fase difensiva ma non è comunque esente da errori: contro il Sassuolo la squadra stringe molto sul lato palla lasciando libero Đuričić di ricevere e segnare.
Questi numeri sono frutto di un’attenzione particolare messa dal nuovo allenatore sulla fase difensiva della squadra. In realtà, il lavoro di Prandelli non è arrivato a compimento. Infatti, in non possesso il Genoa tende ancora ad abbassarsi troppo, un retaggio derivante dal precedente campionato e dall’inizio di questa stagione.
Prandelli vorrebbe invece una linea difensiva più avanzata e una squadra che difenda accorciando maggiormente in avanti. Precedentemente invece, come accennato, il Grifone si abbassava molto nella propria metà campo al fine di creare spazio alle spalle della linea avversaria, da attaccare poi con palloni in profondità per Piatek e Kouamé.
Con il passaggio dal 5-3-2 ad un sistema a base quattro, con l’ivoriano in fascia in non possesso, un eccessivo abbassamento del baricentro della squadra finirebbe per complicare la fase di risalita del campo.
Risalita che non è quindi più affidata esclusivamente alla ricerca della profondità ma anche alle combinazioni laterali per catene che hanno il compito di rendere più fluida la manovra genoana e di aiutare la squadra a creare delle fasi di consolidamento del possesso praticamente assenti nel precedente Genoa a trazione verticale.
Questo possesso viene generalmente proposto nell’altra metà campo, dopo una fase di costruzione piuttosto immediata volta appunto a raggiungere il prima possibile zone più avanzate di campo.
Dopo una costruzione con palla lunga, il Genoa gioca nell’altra metà campo con una combinazione esterna a tre giocatori che si conclude con un cross. L’area è attaccata da quattro giocatori.
Detto questo, il Grifone rimane comunque una squadra più orientata a controllare gli spazi che il pallone, come dimostra il basso dato relativo al possesso palla medio (44%).
Nel progetto tattico di Prandelli hanno un posto particolare sia Kouamé che Lazovic. Infatti, tanto l’ex Cittadella quanto il giocatore serbo devono supportare Sanabria in fase offensiva e non rinculare troppo all’indietro in non possesso.
Il lancio per Kouamé, per allungare la linea difensiva avversaria, resta una opzione valida per il Genoa anche con Prandelli in panchina.
In questo senso è importante anche l’apporto che il tecnico rossoblù chiede ai suoi interni di centrocampo, ora non più prevalentemente deputati alle uscite laterali in fase difensiva ma invitati anche ad avanzare per occupare l’area di rigore avversaria in fase offensiva. La presenza di uno schermo come Radovanović davanti alla difesa garantisce quegli equilibri necessari per poter sganciare le mezzali in avanti.
Ovviamente, questo tipo di calcio richiede che la squadra sia in grado di aggredire subito la palla persa, per evitare di subire transizioni con molto campo da difendere alle spalle della linea difensiva e pochi giocatori in grado di rallentare gli avversari.
Come si vede, la trasformazione del Genoa in qualcosa di diverso è ancora in fase embrionale. A livello numerico, al netto del miglioramento difensivo citato in apertura, la media punti ottenuta da Prandelli nelle prime 7 giornate (cioè lo stesso numero di partite disputate sia da Ballardini che da Juric alla guida della squadra in questa stagione) presenta un netto miglioramento rispetto alla gestione del tecnico croato (1.14 contro 0.42) ma è inferiore a quanto invece prodotto dall’allenatore romagnolo a inizio campionato (1.7).
Il lavoro dell’ex c.t. della nazionale azzurra è ancora agli inizi. L’eredità tattica trovata da Prandelli era ben radicata. Si tratterà ora di vedere il tecnico bresciano riuscirà a far evolvere la squadra verso un tipo di gioco maggiormente proattivo e più in linea con la sua filosofia calcistica o se, invece, deciderà di mantenere questa sorta di ibrido tattico con le precedenti gestioni, almeno fino al termine della stagione.