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Cosa ci lascia Liverpool – Roma

La Roma esce battuta dalla semifinale di Champions League ma conserva ancora qualche speranza di passare il turno grazie ai gol segnati negli ultimi minuti della partita d’andata contro il Liverpool.

Il piano gara previsto da Di Francesco si basava sulla capacità della sua squadra, già dimostrata contro il Barcellona, di sporcare la fase di costruzione bassa avversaria. In questo senso Dzeko e Ünder avevano il compito di pressare Lovren e Van Dijk coinvogliando i flussi di gioco della squadra di Klopp verso il centro del campo dove Nainggolan marcava Henderson mentre De Rossi e Strootman si alzavano sugli altri due interni dei Reds.

In questa prima fase del match la Roma riusciva a leggere bene le situazioni, negando la profondità al Liverpool col proprio sistema 5-2-1-2.

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La disposizione iniziale della Roma, fornita da @Ben8t.

Tuttavia, una volta riconquistata palla, i giallorossi non erano in grado di proposi bene in avanti, soprattutto perché non veicolavano il gioco verso gli esterni dove Kolarov e Florenzi potevano sfruttare la libertà d’azione concessa loro dal fatto che Salah e Mané non partecipavano alla fase difensiva, rimanendo invece alti per sfruttare situazioni di tre contro tre in contropiede contro i centrali difensivi della Roma. Muovere efficacemente la palla verso le fasce avrebbe invece non solo consentito alla squadra di Di Francesco di sfruttare la libertà concessa ai propri esterni ma anche permesso ai giallorossi di costringere il Liverpool ad abbassarsi e difendere in ampiezza, cioè a confrontarsi con una delle difficoltà mostrate in stagione dalla fase difensiva dei Reds.

La situazione favorevole dei primi minuti si è ribaltata quando Klopp ha inserito Wijnaldum al posto dell’infortunato Oxlade-Chamberlain, col conseguente spostamento di Milner davanti alla difesa. La posizione più arretrata del centrocampista inglese consentiva al Liverpool di rendere più efficace la costruzione bassa, saltando la prima pressione giallorossa. Inoltre, l’ingresso di Wijnaldum dava ai Reds ulteriore forza a centrocampo. Così facendo, la squadra di Klopp poteva mettere più facilmente in pratica il proprio disegno tattico, fondato su contrasti a centrocampo, lanci lunghi e gegenpressing.

Nella conferenza stampa e nelle dichiarazioni post-gara, Di Francesco ha proprio messo in evidenza la capacità del Liverpool di vincere i duelli individuali. In realtà, se guardiamo i dati relativi ai dribbling e ai contrasti notiamo come la Roma sia risultata più efficace in entrambe le situazioni con 13 dribbling riusciti contro 7 e con 18 contrasti favorevoli contro 15. Anche i duelli aerei sono stati favorevoli ai giallorossi (30 a 17).

La questione quindi non è tanto quella dei duelli vinti quanto della zona di campo dove sono stati vinti questi duelli e dell’utilizzo fatto dei palloni ottenuti o difesi vincendo questi confronti. Dal punto di vista dei contrasti e dei duelli aerei, i Reds hanno avuto la meglio a centrocampo e, in generale, hanno conquistato le seconde palle sfruttandole bene, col risultato di avere a disposizione molte occasioni per innescare rapide transizioni verso i tre riferimenti offensivi. Per quanto riguarda i dribbling, Firmino (4/4) e Salah (3/3) sono risultati incontenibili, con l’egiziano che ha sfruttato le sue capacità nell’uno contro uno per avere costantemente la meglio su di un Juan Jesus che non ha mai ricevuto raddoppi in aiuto dai compagni.

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Gli expected goals (xG) di Liverpool – Roma, secondo il modello di @MC_of_A.

Quando poi il risultato ha cominciato a sorridere alla squadra di casa, l’undici di Di Francesco è uscito mentalmente dalla partita, allungandosi troppo (41.3 metri) col risultato di favorire ulteriormente l’attacco alla profondità di Firmino, Salah e Mané contro la difesa a schema puro della Roma.

L’inerzia della partita è cambiata quando, complici anche il calo del Liverpool e le sostituzioni di Klopp (che toglie i protagonisti della partita sentendosi già sicuro del risultato), la Roma decide di tornare alla difesa a quattro inserendo Gonalons e Perotti al posto di De Rossi e Juan Jesus. Nonostante lo scompenso iniziale, con i giallorossi schierati 4-2-3-1 invece del 4-3-3 chiesto dall’allenatore (e ripristinato successivamente), gli uomini di Di Francesco hanno da quel momento mostrato maggior equilibrio, proponendo quel gioco in ampiezza che, soprattutto a sinistra, ha riproposto le difficoltà del Liverpool nel difendere sui lati di Arnold e Robertson.

Alla fine, è difficile affermare che il piano tattico iniziale di Di Francesco fosse sbagliato in toto perché, inizialmente, la Roma era riuscita comunque ad annullare il Liverpool. Il problema (e questo è stato evidenziato dall’ingresso in campo di Wijnaldum in poi) è che una tattica del genere aveva necessità di essere sostenuta dai continui raddoppi su Salah e dalla capacità della linea difensiva di leggere le situazioni di palla scoperta, scappando correttamente all’indietro. Questo non è stato fatto, con la retroguardia della Roma che ha invece mostrato proprio quelle difficoltà nella lettura di quelle situazioni di gioco che qualche problema lo avevano creato anche nella parte iniziale di questa stagione.

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