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Che fine ha fatto Adem Ljajic?

Da quando è arrivato per sostituire Sinisa Mihajlovic, Walter Mazzarri ha rigenerato il Torino. E questo non soltanto dal punto di vista mentale, ma anche sul piano dell’impostazione tattica. A dire il vero anche l’ultimo Mihajlovic aveva deciso di abbandonare il 4-2-3-1 con cui aveva finito la scorsa stagione e cominciato questa per spostarsi su un 4-3-3 con un uomo in più a centrocampo ad aiutare i mediani nel controllo delle zone davanti alla retroguardia granata. Portato avanti quindi soprattutto per garantire maggiore efficacia alla fase difensiva granata, il passaggio al 4-3-3 non ha invece risolto quelle problematiche già evidenziata dalla squadra col 4-2-3-1, vale a dire la mancanza di pressione sulla palla di pressione e l’incapacità di eseguire una soddisfacente difesa posizionale.

Impostata la fase difensiva sempre sui duelli individuali, ma senza quell’organizzazione di gioco che caratterizza, ad esempio, l’Atalanta di Gianpiero Gasperini (altra compagine che fa della marcatura uno contro uno la base della propria fase di non possesso palla) la compagine granata è rimasta vittima di una mancanza di compattezza difensiva, solo a tratti mascherata dalle capacità dei singoli (come quelle di N’Koulou).

Con l’avvento di Mazzarri, il Torino ha voltato pagina virando verso una maggiore attenzione ad una fase difensiva collettiva. A centrocampo, l’ex tecnico del Watford sembra aver trovato la quadra intorno al trio formato da Baselli, Rincon e Obi, col venezuelano ed ex juventino impiegato nell’insolito ruolo di centrocampista basso davanti alla difesa.

I risultati ottenuti dal nuovo allenatore sono fin qui in linea con quanto prodotto da Mihajlovic (undici punti in sei gare) ma la squadra ha mostrato una maggior quadratura.

Anche contro la Juventus, nel derby perso 1-0 in casa, Mazzarri ha costruito il suo piano tattico intorno alla compattezza di squadra in fase di non possesso e al lavoro dei tre centrocampisti, con Baselli che spesso si alzava in marcatura di Pjanic mentre Rincon accompagnava Ansaldi nel controllo degli interni bianconeri.

A questa fase difensiva dovevano poi accompagnarsi le ripartenze, che però sono mancate, anche e soprattutto nella prima parte di gara quando cioè la Juventus ne aveva concesso l’opportunità.

In questo contesto tattico, nel quale i granata faticavano a diventare pericolosi, ha sorpreso ancora una volta il non utilizzo di Adem Ljajic.

Già in difficoltà con Mihajlovic (al di là del rapporto fra i due) per questioni tattiche, con l’esterno inserito in un contesto tattico “anarchico” nel quale era chiamato praticamente a cercare di inventare qualcosa da solo ogni volta che veniva chiamato in causa, Ljajic è praticamente sparito dai radar con l’avvento di Mazzarri, sotto la cui gestione deve ancora esordire.

Torino – Cagliari, partita di inizio campionato sotto la guida di Mihajlovic. I granata sono disorganizzati tatticamente: la fase offensiva è demandata alle iniziative individuali degli esterni (lo stesso Ljajic in questo caso).

Eppure, il 26enne serbo nelle sedici partite disputate sotto la precedente gestione tecnica ha mostrato di poter contribuire come dimostrano i tre gol e i cinque assist finora realizzati. Il suo indice di pericolosità rimane buono come dimostra il 2.65 in termini di expected goals (xG). Ma Ljajic in questa stagione ha dato anche l’impressione di essere maggiormente coinvolto col resto della squadra: tenta appena 1.7 dribbling a partita mentre mette maggiormente i compagni in condizione di tirare (2.62 passaggi che portano alla conclusione a partita).

È vero che Ljajic tende ad estraniarsi dalla partita e che il suo lavoro in fase difensiva è rivedibile (0.4 contrasti e 0.3 intercetti ogni novanta minuti) ma è altrettanto evidente come il serbo potrebbe comunque essere preso in considerazione almeno nei minuti finali delle partite nelle quali il Torino è costretto a ricorrere o nelle quali vuole modificare il risultato in essere.

Invece, nelle gerarchie di Mazzarri vengono prima Iago Falque, Niang e anche Ansaldi, impiegato anche come interno di centrocampo. Quando è entrato in campo a partita in corso (come contro la Sampdoria o contro l’Udinese) l’ex interista ha sostituito Niang come esterno d’attacco.

La scelta di schierare Ansaldi invece di Ljajic garantisce al Torino maggior equilibrio tattico anche se priva i granata della possibilità di impiegare un giocatore più veloce a bile nei duelli individuali. Così facendo il Torino perde anche in capacità di risalire il campo nelle transizioni dal lato di campo dell’argentino.  Di contro, Ansaldi garantisce quell’aiuto esterno a Molinaro che Ljajic non è in grado di offrire.

Ljajic non può garantire l’aiuto difensivo di un Ansaldi, qui impegnato contro la Juventus in un’azione che lo vede rubare palla a De Sciglio.

Qualora l’utilizzo di Ansaldi da esterno dovesse continuare si ridurrebbero ulteriormente le possibilità di Ljajic di trovare minutaggio, anche in considerazione della crescita di Berenguer.

Le scelte di Mazzarri, in sostanza, anche in fase di sostituzioni a partita in corso, sembrano privilegiare l’equilibrio tattico (che per l’allenatore del Toro è salvaguardato anche con una coppia di esterni formata da Iago Falque e Niang) e la compattezza anche a scapito di una maggior pericolosità offensiva.

Tuttavia, attualmente il Torino è decimo in termini è soltanto il decimo attacco della massima serie con 35 reti segnate e undicesimo per qualità di occasioni create (xG) con 31.12.

Per puntare all’Eruopa Mazzarri dovrà migliorare la fase offensiva della sua squadra e questo potrebbe passare anche da un maggior utilizzo di Ljajic. Sempre che il giocatore serbo resti in granata: per lui infatti ci sono le sirene russe (Spartak Mosca), campionato il cui mercato è ancora aperto.

 

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