Ha vinto il calcio

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Diventa difficile scrivere un’analisi tattica restando sul lato tecnico quando ci si trova di fronte ad una partita così emozionale, carica di significati culturali oltre che calcistici. La vittoria, dopo i supplementari, del Fluminense (2-1) sul Boca Juniors ha infatti fatto gridare al ritorno vincente di quel tipo di calcio di cui si parla da tempo, il modello funzionale che viveva in un cono d’ombra praticamente dall’11 luglio 1982 quando, al Sarriá di Barcellona, l’utopia venne sconfitta dal pragmatismo.

Il Flu ha approcciato la gara fedele al suo modello di gioco: possesso (69% nel primo tempo), creazione di legami associativi in zona palla fra i giocatori che lì convergevano, giocate tipiche del calcio funzionale.

Lo stesso gol del vantaggio del Tricolor, realizzato da German Cano, riflette appieno la filosofia del tecnico Fernando Diniz. L’azione infatti si sviluppa sul lato destro del campo con l’intera squadra brasiliana compresa in quella zona. Senza massima ampiezza, con i due esterni Keno e Arias vicini dalla stessa parte. Da otare il posizionamento di Marcelo, terzino sinistro in partenza, all’interno dell’area di gioco.

Il posizionamento medio dei giocatori brasiliani, ricavato dal report  Sics, rende ulteriormente l’idea del calcio funzionale proposto da Diniz: strutura asimmetrica, prossimità fra i calciatori, creazione di ‘scale’ di passaggio.

L’obiettivo degli Xeneizes era quello di difendersi in modo compatto per azione poi il contropiede. Una volta passati in svantaggio i gialloblù cambiavano strategia: Jorge Almirón (tecnico degli argentini) passava ad un rombo più avanzato, con Ezequiel Fernández come vertice alto.

Così facendo il Boca rientrava in partita, anche se non riusciva a produrre occasioni molto pericolose (se si eccettua una di Cavani, con l’uruguaiano che però inspiegabilmente rinuncia alla conclusione preferendo passare la palla) limitandosi a mettere dentro senza costrutto palle laterali.

La differenza fra il numero di questi palloni prodotti dal Boca (29 in totale) e quelli registrati dal Fluminense (soltanto 8) rende bene l’idea delle differenti filosofie di Almirón e di Diniz.

L’altra opzione in mano al Boca era quella di provare una conclusione da fuori area. E proprio con un tiro da oltre i sedimi metri avversari arrivava il gol del pareggio degli Xeneizes, reaizzato dal peruviano Luis Advíncula.

La rete del pareggio non piegava però un Flu che Diniz modificava inserendo Marlon al posto di Felipe Melo e mandando in campo anche i vari Diogo Barbosa, Lima e John Kennedy al posto di Marcelo, Martinelli e Ganso. La squadra di Rjo de Janiero passava così ad un accentuato 4-2-4. 

Il risultato però non si sblocca e sono necessari i supplementari, dove il Tricolor trova il gol della consacrazione con John Kennedy, che conclude una giocata a tre fulminando il portiere avversario Sergio Romero.

Per il Boca sfuma così la possibilità di portarsi a casa quella che sarebbe stata la settima Libertadores della sua storia. Arriva invece in casa Fluminense la prima, dopo la finale persa nel 2008. Un trofeo che contribuirà a diffondere anche in Europa il nome di Diniz, attuale tecnico anche della nazionale brasiliana.

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