Sulle dimissioni di Roberto Mancini

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Roberto Mancini, ancora una volta (come già faceva da calciatore), ha spiazzato tutti. In una tranquilla domenica ferragostana infatti il Mancio ha rassegnato le dimissioni dall’incarico di commissario tecnico della nazionale azzurra. È Libero il primo mezzo di comunicazione ad anticipare la notizia, poi resa ufficiale dalla Figc.

Dimissioni che rappresentano una patata bollente lasciata in mano al presidente federale Gabriele Gravina che, in questo momento, si trova senza più allenatori per le nazionali maggiori sia nel maschile che nel femminile.

Il tutto pochi giorni dopo una ristrutturazione dei quadri tecnici delle squadre nazionali maschili che aveva visto coinvolto in prima persona l’ormai ex ct. Mancini avrebbe avallato le scelte federali. Avrebbe perché, a sentire le varie ricostruzioni uscite sui media in queste ore, il Mancio non avrebbe gradito lo spacchettamento del suo staff di lavoro, con la perdita dei vari Alberico Evani, Attilio Lombardo e Giulio Nuciari.

Così come non avrebbe per niente apprezzato la decisione di Gravina di affiancargli Andrea Barzagli e nemmeno le insistenti voci di un arrivo nello staff della nazionale dell’altro juventino Leonardo Bonucci (mentre la nomina di Gianluigi Buffon a capo delegazione non sembrerebbe aver incontrato dissensi da parte di Mancini).

Tutte mosse, quelle di Gravina, dal sapore politico e che hanno fatto sentire Mancini più solo e isolato. Se a questo aggiungiamo la scomparsa dell’amico fraterno Gianluca Vialli e un certo malessere per non essere riuscito a centrare la qualificazione agli scorsi Mondiali del Qatar, ecco che meglio si comprendono le motivazioni del gesto del tecnico.

Si può discutere all’infinito sula tempistica scelta da Mancini per comunicare il suo addio, ma non è che uno possa programmare il momento in cui dire basta.

All’orizzonte sembra comunque stagliarsi per il Mancio una ricca offerta dall’Arabia Saudita come allenatore della nazionale.

Se così fosse, Mancini dovrebbe farsi carico della difficile eredità di Hervé Renard e guidare la formazione araba alla coppa d’Asia 2023, inizialmente prevista in Cina a giugno e luglio ma che poi, causa Covid, è stata spostata al 2024 in Qatar.

Una eventuale scelta dell’ex ct azzurro di legarsi subito alla squadra dei figli del deserto (come vengono soprannominati i calciatori della nazionale saudita) farà scoppiare ulteriori polemiche, con molti che già sospettano come dietro le dimissioni del Mancio ci sia proprio la ricca offerta araba.

E se anche fosse? Una offerta economica irrinunciabile, unita ai motivi di malcontento di cui sopra, può legittimamente aver contribuito a far vacillare Mancini e a farlo propendere per la decisione di abbandonare la nave azzurra.

Piuttosto, a questo punto si pone il problema della sua successione. Se la Federcalcio vuole dare continuità al progetto tecnico, che vede coordinate la nazionale maggiore, l’Under 21 e l’Under 20, avrebbe senso affidarsi ad un tecnico federale. Seguendo questo criterio, richiamare Evani o affidarsi a Carmine Nunziata sarebbero le soluzioni più logiche.

Se invece Gravina vuole gestire politicamente la nomina (e quest sarebbe un segnale preoccupante), ecco che sono aperte tutte le ipotesi di cui si è parlato nelle ultime ore (e forse altre che non conosciamo).

Chiunque venga scelto, si troverà davanti una situazione disastrata. L’Italia ha sì vinto gli Europei 2021, ma ha mancato la qualificazione ai Mondiali per il secondo quadriennio consecutivo. Le squadre giovanili hanno messo in evidenza ragazzi di talento, frutto del buon lavoro svolto fin qui, ma che andranno testati a livello superiore (il vero esame finale).

Insomma il futuro degli Azzurri è tutto da costruire e il presente non è roseo.

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