Una volta esaurita la sbornia estiva conseguente alla vittoria nel campionato europeo la nazionale italiana sembra tornata sulla terra, cioè di fronte a quelle difficoltà incontrate già prima del famigerato spareggio con la Svezia per le qualificazioni ai mondiali di Russia 2018.
Il doppio impegno contro Svizzera e Irlanda del Nord ha quindi dato continuità ai dubbi e alle incertezze che avevano accompagnato il cammino azzurro a Qatar 2022 e che si erano manifestati nel pareggio per 1-1 a Firenze contro la Bulgaria al termine di una partita dominata.
Il rigore sbagliato da Jorginho all’Olimpico contro gli svizzeri (che fa il paio con l’errore dagli undici metri della partita d’andata) e l’incapacità nel segnare ai nordirlandesi rimandano quindi nuovamente gli Azzurri alle forche caudine dei playoff per centrare uno dei tre pass rimasti all’Europa per il mondiale del prossimo anno.
Due match point consecutivi falliti dall’Italia proprio per problemi nella fase offensiva. La prima sfida, quella con la nazionale rossocrociata, ha presentato enormi problemi al palleggio italiano fin dalle battute d’esordio.
Per limitare la manovra offensiva di una Italia che, al solito, partendo dal 4-3-3 di base, andava poi sviluppando 3-2-5, la formazione guidata da Murat Yakin utilizzava un 4-2-3-1 modellato proprio per contrastare il possesso azzurro.

Così, mentre Shaqiri andava a prendere Jorginho, i due mediani (Remo Freuler e Zakaria) andavano a controllare le mezzali italiane. Il tutto con i due esterni (Steffen e Vargas) che giocavano molto stretti centralmente, per controllare i mezzi spazi e contribuire a chiudere i corridoi centrali all’Italia.
Proprio la capacità della Svizzera di bloccare le linee di passaggio nei suddetti corridoi rendeva difficile alla squadra di Mancini l’invasione della zona di rifinitura centrale compresa fra le linee di difesa e centrocampo avversarie.
L’unico sbocco che restava all’Italia era quello per corsie esterne ma né Chiesa né Emerson Palmieri (i giocatori deputati ad occupare le zone d’ampiezza) venivano serviti celermente e la Svizzera era comunque abile negli scivolamenti laterali.
Di contro, con palla al piede gli ospiti si dimostravano in grado di manipolare il sistema difensivo azzurro, soprattutto in transizione e particolarmente sull’out sinistro, dove operava Vargas.
Le difficoltà di manovra andavano accentuandosi nella trasferta di Belfast. In questa occasione, di fronte alla prevedibile partita di contenimento preparata da Baracluogh, Mancini decideva di cambiare qualcosa nell’assetto tattico della squadra.
Il ct azzurro optava infatti per aggiungere un elemento agli invasori (Tonali per Locatelli), passando da una costruzione 3-2 ad una 3-1 per uno sviluppo 3-1/6.

A cambiare non era però solo il numero degli elementi deputati ad attaccare la metà campo rivale ma anche posizioni e compiti di alcuni giocatori. Infatti, dopo la deludente prestazione di Belotti a Roma e non avendo a disposizione Immobile, il commissario tecnico sceglieva di schierare in partenza Insigne da falso nueve, con Chiesa e sinistra e Berardi a destra.
Oltre a ciò, a mutare erano anche le rotazioni offensive: stavolta infatti era il terzino sinistro (Emerson) a rimanere bloccato in costruzione accanto ai due centrali (Acerbi e Bonucci) mentre Di Lorenzo doveva alzarsi in avanti, mandando Berardi nel mezzo spazio destro.
Il piano gara sembrava essere quello di muovere palla per muovere il blocco difensivo dell’Irlanda del Nord al fine di creare linee di passaggio per un centro del campo sovraccaricato dalla presenza in arretramento di Insigne. Come alternativa c’era poi quella di spostare il fronte d’attacco sul lato debole, per sfruttare soprattutto gli 1c1 di Chiesa.
Nessuna delle due opzioni pagava. Come già la Svizzera nel primo tempo dell’Olimpico, così anche la squadra di Baracluogh riusciva nell’intento di tenere la squadra con le linee sufficientemente vicine da controbattere le iniziative azzurre.
Alla fine quindi, quello che è sembrato mancare all’Italia in queste due ultime uscite del girone di qualificazione è stata la capacità di superare i blocchi difensivi avversari creando situazioni con tiri a buona percentuale di riuscita.

Agli Azzurri sono mancate rifinitura e finalizzazione contro avversari sulla carta inferiori ma che hanno saputo sporcare le linee di passaggio della squadra di Mancini e occupare bene le zone di campo che il gioco posizionale degli azzurri va solitamente ad invadere per creare le premesse di un efficace sviluppo della manovra.
Il lavoro che spetta a Mancini in vista dello spareggio di marzo non riguarderà quindi soltanto l’accurata selezione di uomini (sperando magari di ritrovare un uomo d’area) ma anche la ricerca di nuove vie per riuscire a imporre il proprio gioco in fase offensiva.