Intervista

Gente de Lûgan: intervista a Mattia Croci-Torti

Una delle squadre che più si sono messe in mostra in queste ultime stagioni è stato il Lugano, guidato da Mattia Croci-Torti. Il giovane tecnico ticinese (è nato infatti a Chiasso nel 1982) è quindi da considerare uno degli allenatori emergenti nel panorama europeo.

Da quando ha preso in mano il Lugano come primo allenatore (nel 2021, succedendo al portoghese Abel Braga) il ‘Crus’ (come viene affettuosamente soprannominato Croci-Torti) ha riportato la squadra del Canton Ticino a vincere (la Coppa Svizzera nel 2022) e in Europa, con i bianconeri impegnati quest’anno in Conference League.

Prima di introdurre Croci-Torti mi preme ringraziare l’addetto stampa del Lugano, Marzio Mellini, per aver reso possibile questa intervista e lo stesso mister, per la sua grande disponibilità !

Mister, hai iniziato in panchina al Chiasso come vice-allenatore di Gianluca Zambrotta, Marco Schällibaum e Ryszard Komornicki…che cosa hai imparato da loro e in cosa differisce il ruolo di vice da quello di primo allenatore?

Da ogni allenatore ho preso qualcosa. Sicuramente solo lo stare con Zambrotta ti fa capire il valore e il significato della parola umiltà. Da Schällibaum ho imparato cosa vuol dire riuscire a dare intensità ad un allenamento mentre con Komornicki ero ancora un giocatore.

Il vice allenatore è una persona che deve aiutare il primo allenatore in tutto senza mai uscire dai limiti che al ruolo competono, deve essere leale e può essere un tramite fondamentale nel rapporto tra l’allenatore e i giocatori. L’ allenatore è la persona che deve fare delle scelte, che partono dalla gestione del gruppo fino a quella dei lavori che si vogliono attuare per creare una squadra sia fuori sia dentro il campo.

Sei stato ex giocatore del Lugano, ex vice allenatore anche qui e ora, dal 2021, capo allenatore. Come hai vissuto questi passaggi?

La mia vita nell’FC Lugano è stato un percorso pieno di tappe vissute sempre con grande entusiasmo. Sono stati passaggi vissuti in anni differenti, nei quali le motivazioni non sono mai mancate a dipendenza dalle aspettative che mi ponevo e mi pongo tutt’ora.

Quanto ti ha aiutato conoscere l’ambiente Lugano, per essere stato a suo tempo una bandiera da giocatore? Anche se parliamo di epoche diverse…

Mi ha aiutato tantissimo in tutti i miei passaggi. L’importante è che sono sempre stato rispettato per la mia generosità e l’impegno che non sono mai venuti a mancare ogni volta che sono entrato in questo stadio. Ho sempre cercato di spingere tutto l’ambiente, in qualsiasi mia mansione, a dare il meglio di sé per il raggiungimento di obbiettivi comuni. Questo è quello che spero tutti apprezzino del mio lavoro.

Poco tempo fa col Lugano avete compiuto una impresa in Conference League, andando a rimontare (da 0-2 a 3-2) sul difficile campo dei turchi del Besiktas. Con i locali rimasti in dieci, hai operato nel finale dei cambi che hanno ribaltato la situazione. Cosa hai pensato nei momenti precedenti la decisione di effettuare quel tipo di sostituzioni offensive e cosa hai provato al fischio finale?

Nei momenti prima di fare queste sostituzioni ti passano sempre tante cose nella mente, devi solo cercare di essere lucido prima di prendere decisioni che si basano solo sull’istinto. Ho cercato con questi cambi di dare un segnale ultra offensivo alla squadra, per mandare un messaggio chiaro che io credevo a questa rimonta.

Al fischio finale ho provato due sentimenti, uno di pura gioia che solo il calcio ti può regalare in questi momenti, l’altro di orgoglio. L’orgoglio di allenare ragazzi con una determinazione e un senso dell’adattamento pazzesco.

Dove può arrivare quest’anno il Lugano in Europa? E in campionato? Sarai tu a riportare a Lugano un titolo che manca da oltre settant’anni?

Faremo di tutto per qualificarci, sappiamo che siamo in un girone difficilissimo con squadre che in Europa sono abituate a giocare ogni anno, ma prendiamo partita per partita e proviamo a ribaltare i pronostici.

In campionato proviamo a stare il più in alto possibile. Disputare tre competizioni (con la Coppa Svizzera) ci toglie sicuramente tanta brillantezza, così diventa difficile provare a vincere il campionato quest’anno. Entrare di nuovo in Europa deve essere il nostro obbiettivo. Nel 2022 abbiamo vinto la Coppa Svizzera, il nostro sogno è riportare quella Coppa in piazza a Lugano.

Dal punto di vista della proposta, qual è il tuo modello di gioco? Sappiamo che sei un allenatore che si adatta al materiale umano a disposizione…

Sono un allenatore che ama dar libertà alla propria squadra. I giocatori con le loro caratteristiche e le loro qualità devono essere sempre al centro di ogni progetto tattico. In veste di allenatori abbiamo il diritto di mettere il giocatore in condizione di dare il meglio di sé. Solo così hanno più possibilità di determinare il risultato di una partita e aiutare il gruppo.

Quali sono i tuoi principi in fase offensiva e difensiva? Cosa chiedi alla tua squadra?

Offensivamente cerchiamo sempre di creare le superiorità numeriche nelle varie zone del campo per poter portare la palla più vicino possibile all’area avversaria. Ogni avversario lascia spazi diversi e noi dobbiamo essere sempre in grado di riconoscerli. Difensivamente variamo dal pressing giocato uomo contro uomo alla marcatura a uomo nella zona di competenza. Ogni avversario ha i suoi punti di forza e dobbiamo essere in grado di variare l’altezza della nostra linea di pressing e di difesa bassa.

Una situazione offensiva del Lugano nell’immagine prodotta con VideoMatch Presenter di Sics

Da un punto di vista tattico ultimamente si sta discutendo molto del calcio funzionale come risposta al gioco posizionale di Pep Guardiola. Qual è la tua posizione in merito? Ritieni che si debba attaccare con strutture fisse, privilegiando l’occupazione degli spazi che, invece, si debbano creare più libere connessioni associative fra i giocatori?

Io sono convinto che la soluzione migliore sia un mix delle due filosofie. La mia filosofia è quella del gioco posizionale in caso di costruzione dal basso, e calcio funzionale in caso di transizione difensiva/offensiva.

Al Lugano come allenatore hai ottenuto risultati straordinari: una vittoria in Coppa Svizzera nel 2022 e una finale quest’anno. In più hai riportato in Europa la squadra ticinese grazie al terzo posto finale nella Super League 2022-23. Quali sono i prossimi obiettivi? Ritieni che al Lugano manchi molto per poter lottare per il titolo ad armi pari con squadre come lo Young Boys?

C’è ancora molta distanza tra noi e l’YB. In casa sul loro sintetico difficilmente perdono punti, noi dobbiamo continuare a lavorare e cercare di approfittare dei loro periodi bui come nel caso di 2 anni fa, momento in cui le fatiche della Champions si erano fatte sentire ed eravamo riusciti ad eliminarli dalla Coppa Svizzera.

Come giudichi il livello tecnico e tattico del massimo campionato svizzero?

Tecnicamente e tatticamente non è un campionato di primo piano. Quello che caratterizza il nostro campionato è la forte intensità che in qualsiasi partita si trova su ogni campo.

Spesso il calcio svizzero è sottovalutato fuori dai confini della Confederazione, salvo poi accorgersi durante Mondiali ed Europei di quanto sia difficile battere la Nazionale rossocrociata…qual è la tua opinione sul livello attuale del football elvetico?

Come dicevo, il campionato svizzero non è di primo piano, ma è sicuramente una vetrina fantastica per i nostri giovani giocatori che attraverso questo campionato raggiungono una buona esperienza per spiccare il volo per campionati più difficili del nostro. La Nazionale ne approfitta e mette sempre in campo una squadra difficile da battere per chiunque. Giocatori come Akanji, Xhaka, Kobel, Sommer, Embolo fanno la fortuna dei migliori club al mondo. E occhio alla nuova generazione dei vari Okafor, Vargas, Amdouni, Ndoye che si sta imponendo con forza nel panorama internazionale.

Nel Lugano ci sono molti giocatori validi. Ritieni che qualcuno in particolare sia già pronto al salto in uno dei Top cinque campionati in Europa (Liga, Serie A, Premier, Bundesliga, Ligue 1?

Il caso di Sandi Lovric è la testimonianza che tanti giocatori che giocano nella mia squadra possono tranquillamente giocare in questi campionati. Difficile che uno dei miei sia pronto per giocare nei top club di questi campionati ma con una tappa intermedia come quella di Lovric all’Udinese penso che sia tutto possibile per i giocatori che alleno attualmente.

Vedere Amoura che ci ha lasciati da pochi mesi mettere in difficolta il Liverpool ad Anfield Road testimonia che di talento nella nostra squadra ce n’è tanto. È per questo che non ci nascondiamo mai e proviamo a giocarci tutte le partite, Conference League compresa

Cosa puoi dirci della scuola allenatori in Svizzera? Qual è il livello della didattica? Anche in Svizzera è più facile arrivare ai patentini professionistici (A e Pro) se si è stati prima dei giocatori?

In Svizzera conta veramente poco il fatto di essere stato giocatore prima. Per poter allenare in serie A ci voglio almeno 7 anni, aver partecipato a tutti corsi, e soprattutto è richiesta l’esperienza da allenatore a livello giovanile, regionale o nello staff di una squadra professionista.

Senza questa non si ha diritto di passare al corso successivo. Diciamo che è un percorso basato sulla meritocrazia e sull’esperienza, chi arriva ad ottenere il diploma UEFA Pro ha già alle spalle una buona e ricca esperienza come allenatore principale. Nessuno da noi ci regala niente, basti pensare che al corso UEFA Pro possono partecipare solo 10 persone ogni 2 anni.

Quali altri tecnici svizzeri consigli di seguire più da vicino?

Favre e Seoane hanno fatto molto bene all’estero negli ultimi anni. In svizzera penso che Mario Frick sia un ottimo allenatore e può avere un futuro anche in Italia visto che li è stato famoso anche come giocatore. In serie B mi piace tanto l’allenatore del Wil , Brunello Iacopetta: ha idee di gioco molto interessanti.

Infine mister, qualche domanda più personale. Cosa puoi dirmi della tua infanzia da bambino e tifoso di calcio?

Ho avuto un’infanzia felice, ho praticato tantissimi sport dall’hockey su ghiaccio, al basket, all atletica fino al calcio che è sempre stato il mio grande amore.

Mi risulta che tu sia tifoso dell’Inter: come vedi i nerazzurri quest’anno?

Ho sempre tifato Inter visto che mio padre mi ha trasmesso questa sua passione. Le mie prime volte allo stadio era l’Inter dei tedeschi e il mio idolo era Lothar Matthäus. Che felicità quando mio papa mi portava a San Siro!

Da bambino ero un tifoso sfegatato, adesso seguo sempre con passione e ammirazione. Quest’anno vedo una squadra che gioca ancora più a memoria e con interpreti sempre più dentro il sistema di Simone Inzaghi. Trovo fantastico il ruolo offensivo dei braccetti di difesa, e gli inserimenti automatici delle mezzali del 352 inzaghiano.

Che musica ascolti?

Un po’ tutti i generi, ma Nirvana, Guns ‘n Roses e Red Hot chili Peppers hanno un posto particolare nel mio cuore.

Ti piacerebbe un giorno venire ad allenare in Italia?

Sicuramente è il mio sogno. Lavoro sodo tutti giorni per potermi meritare un giorno quei palcoscenici.

Sostieni La Gabbia

La Gabbia è un progetto senza editori alle spalle. Nonostante ciò continua la sua opera divulgativa offrendo contenuti gratuiti per tutti. Se vuoi sostenerne l’impegno e aiutare a sopportare i costi di mantenimento del sito, puoi farlo tramite PayPal.

2,00 €

Lascia un commento