Il 14 febbraio, come tutti sanno, è san Valentino, il giorno degli innamorati. Più prosaicamente, quel giorno ci comincerà anche a capire meglio a che punto sia il feeling fra Luis Enrique e il mondo Psg.
Sì perché, ad oggi, il rapporto fra il tecnico spagnolo e l’ambiente che gravita intorno al club parigino non è tutto rose e fiori.
Già diffidente per natura nei confronti dei tecnici stranieri, la stampa transalpina in questi sètte mesi di convivenza non ha lesinato critiche nei confronti dell’asturiano, reo di non aver ancora presentato un Paris Saint-Germain vincente e convincente.
I risultati non sono mancati: ad oggi infatti la squadra numero uno nel panorama calcistico francese è prima in classifica in Ligue 1, ha conquistato la Supercoppa nazionale e si è qualificata per gli ottavi di Champions fuori da un raggruppamento nient’affatto agevole, che comprendeva anche Borussia Dortmund, Milan e Newcastle.
Detto questo, si sa come a Parigi non contino solo i risultati. A fronte dei continui, cospicui investimenti fatti fin dal 2011 (da quando cioè divenne proprietaria del club) la Qatar Sports Investments (QSI) pretende che la squadra giochi un buon calcio e, soprattutto, che porti a casa l’agognata coppa Campioni, finora soltanto sfiorata (con la finale del 2020 persa contro il Bayern).
Cose note all’allenatore di Gijón fin dal momento in cui ha accettato la sfida francese. Quello che forse Luis Enrique non sapeva è che la stampa transalpina non avrebbe perso occasione per criticarlo. Il che significa criticare indirettamente anche il club.
Tutto ciò ha creato un rapporto difficile fra Lucho e i media. Un problema che emerge ogniqualvolta lo spagnolo si trova davanti ai microfoni. Con i media che sottolineano l’importanza della prossima sfida di Champions con i baschi della Real Sociedad (partita sulla carta tutt’altro che scontata) Luis Enrique ha voluto perdere poco tempo, dando risposte indisponenti come quella «fra dodici giorni potremmo essere tutti morti».
Il malumore dell’ex allenatore di Roma e Barcellona nei confronti della stampa francese si è palesato nella conferenza stampa tenutasi dopo la gara di campionato contro lo Strasburgo di venerdì scorso (conferenza a cui appartiene anche la risposta di cui sopra).
In quella circostanza i giornalisti hanno puntualizzato come, a fronte della volontà dello spagnolo di controllare le partite tramite il possesso e una rigida struttura posizionale, il Psg abbia concesso agli alsaziani ben 20 conclusioni.
La replica di Luis Enrique («non penso che abbiano effettuato venti tiri in porta») non ha convinto. Lo Strasburgo infatti, pur non riuscendo ad indirizzare tutte le conclusioni fra i pali difesi da Gigio Donnarumma, ha comunque prodotto otto tiri in porta, tre in più del Psg.
Ancora una volta poi la formazione della capitale è risultata fragile nella difesa delle transizioni, vero tallone d’Achille del Psg in questa prima metà di stagione.
Vero è che a Strasburgo erano assenti Bradley Barcola, Ousmane Dembélé e Achraf Hakimi e questo ha tolto molto alla fase offensiva del Psg. Così come si deve tenere presente l’uscita per infortunio dopo cinquantaquattro minuti dell’uruguaiano Manuel Ugarte, elemento importante per il non possesso della squadra (anche se è stato sostituito da un altro equilibratore come il portoghese Vitinha).
È però altrettanto evidente come in Alsazia il Psg non abbia avuto il totale controllo della partita, così come non lo ha avuto contro il Brest nella giornata precedente. In quella occasione gli uomini di ‘Éric Roy erano riusciti a imporre il pari (2-2) ai più blasonati rivali sfruttando appunto questa mancanza di controllo sulla partita, grazie anche all’aggressività che i bretoni seppero mettere in campo al Parco dei Principi.
Proprio la sofferenza contro squadre che la mettono sul piano dell’intensità difensiva in momenti chiave della gara (Brest ma anche il già citato Strasburgo e il Nizza) è un altro dei problemi che Luis Enrique deve cercare di risolvere. Il tutto all’interno di un processo di crescita che, dopo pochi mesi, non può essere per forza di cose già completato.
Qualche certezza lo spagnolo sembra comunque averla raggiunta, a partire dalla composizione dell’attacco. In questa zona del campo infatti Luis Enrique ha scelto ad oggi un tridente formato da Barcola a sinistra, Dembélé a destra e Kylian Mbappé. L’ex Lione e l’ex Barcellona hanno risposto bene all’assetto offensivo della squadra.

Lo stesso dicasi per Mbappé, almeno a livello di reti realizzate (8 reti segnate in 6 partite da inizio 2024). Il numero 7 non sembra però gradire molto il fatto di dover giocare da centravanti. Ma il suo allenatore ha bocciato sia Randal Kolo Muani che Gonçalo Ramos, preferendo spostare Mbappé dalla fascia e lasciandosi Marco Asensio come alternativa.
Così Mbappé dovrà probabilmente continuare a giocare in quella posizione, almeno fino a fine stagione quando tutti lo danno per partente, direzione Real Madrid.
Per aiutare lo sviluppo del progetto tecnico affidato a Luis Enrique non è arrivato in soccorso il mercato invernale. Il club ha prestato Hugo Ekitike all’Eintracht e Cher Ndour al Braga ma, nella casella degli arrivi, l’unico profilo presente è stato infatti soltanto quello del brasiliano Lucas Beraldo, difensore utile anche in fase di costruzione.
Di tutti gli altri nomi circolati (Leny Yoro, Joshua Kimmich e Matthijs de Ligt) non è arrivato nessuno. In difesa quindi spazio a Beraldo e al giovane Nordi Mukiele, in attesa dei recuperi di Presnel Kimpembe e Milan Škriniar.
Con questi uomini e con questo clima fuori dal campo il Psg si avvicina dunque alla ripresa della stagione europea. Vedremo cosa ne uscirà.

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