Ok, non sono un grande fan dell’analisi di situazioni ipotetiche. Soprattutto quelle che sembrano di difficile realizzazione. Pero ehi, si parla di José Mourinho, quindi tutto è possibile.
Parlando alla stampa dopo la vittoria (sofferta) sulla Cremonese negli ottavi di coppa Italia (2-1) il tecnico portoghese della Roma ha affrontato i rumors che lo danno vicino alla guida della nazionale brasiliana ora che Carlo Ancelotti (il candidato in pectore del Presidente della CBF) ha rinnovato col Real Madrid.
‹‹Non so se ci sia del vero o no riguardo al Brasile perché non hanno parlato direttamente con me›› ha dichiarato lo Special One.
A rendere ulteriormente complessa la situazione c’è stata poi la decisione presa dal ministro della Corte Suprema Federale, Gilmar Mendes, di ricollocare Ednaldo Rodrigues ai vertici della piramide calcistica verdeoro dopo che, precedentemente, il tribunale di giustizia di Rjo de Janeiro lo aveva sospeso dall’incarico.
Il di nuovo presidente Rodrigues punta su due nomi come sostituti di Fernando Diniz (attuale tecnico della Seleçao fino a giugno 2024), vale a dire Dorival Júnior (attualmente allenatore del San Paolo) e l’ex giocatore Filipe Luís, che si è ritirato dal calcio giocato con il Flamengo alla fine del 2023.
Sulla carta, il più indicato dei due è ovviamente Dorival Júnior: buonissimo tecnico, esperto, conosce il calcio brasiliano e ha buoni rapporti con i giocatori. Da parte sua, Filipe Luís sarebbe invece una scommessa. Eccellente giocatore, non ha infatti esperienza da allenatore.
Per noi però, da qui, la soluzione più intrigante sarebbe ovviamente quella legata a Mourinho. Già solo per assistere alle conferenze stampa di José con i media brasiliani si dovrebbe pagare il prezzo del biglietto. Sul campo poi si potrebbe vedere la formazione più reattiva della storia della Seleçao.
Ancora più che quella famigerata del 1994. Sì perché quella formazione, che portò al Brasile il quarto titolo mondiale (a spese dell’Italia dopo la ben nota finale dei rigori di Pasadena), è quasi unanimemente considerata la peggior nazionale verdeoro di tutti i tempi. Dico quasi perché i più attempati ricordano quella dei Mondiali argentini del 1978 come il punto più basso del tentativo di europeizzazione del futebol brasileiro.
Ora, detto che quella squadra del Settantotto (affidata ad un allenatore troppo spesso sottovalutato come Cláudio Coutinho) non era così male come viene ricordata, è altrettanto vero come anche la nazionale campione del Mondo negli Stati Uniti nel 1994 non fosse così retriva sul piano della proposta di gioco.
Quella squadra, affidata alle cure di Carlos Alberto Parreira (ex preparatore atletico del Brasile di Pelé vincitore in Messico nel 1970), con l’ausilio di Mário Zagallo (allenatore nel 1970 e con il quale Parreira aveva collaborato anche nell’esperienza alla guida del Kuwait), si fondava infatti su una interpretazione moderna di alcuni aspetti tipici del calcio brasiliano come il controllo della palla tramite un possesso ragionato, al quale far seguire improvvise accelerazioni.
Con la difesa ancorata sui centrali Ricardo Gomes e Ricardo Rocha, a destra e a sinistra giocavano due laterali bassi di spinta estremamente offensivi come Jorginho e Branco, quest’ultimo visto in Italia con le maglie di Brescia e Genoa e che trovò spazio a seguito dell’espulsione ricevuta dal futuro milanista Leonardo nella sfida contro i padroni di casa degli USA.
Le uniche concessioni all’europeizzazione furono l’utilizzo di un pivote difensivo come Mauro Silva in mezzo al campo (fra l’altro uno dei migliori giocatori di quel torneo iridato) e la promozione a titolare di Mazinho al posto di Raí (fratello minore di Sócrates).
A sinistra in mediana giostrava poi Zinho, ala tattica che aveva il compito di tornare per coprire a centrocampo. Praticamente le stesse funzioni che aveva Zagallo da calciatore con la nazionale del 1958 campione del Mondo in Svezia e con quella del 1962 vincitrice in Cile.
Appena possibile si verticalizzava per i due attaccanti Romário e Bebeto e lì erano guai per le difese avversarie.
Detto questo, una ipotetica nazionale brasiliana guidata da Mourinho potrebbe assomigliare a quella del 1994. Certamente Mou non potrebbe togliere il possesso palla dai brasiliani. Probabilmente cercherebbe di articolarlo nelle fasi di costruzione e di sviluppo per poi andare in profondità a servire Vinícius Jr., Endrick e Rodrygo.
Comunque sia, chiunque andrà a sedersi sulla panchina della nazionale verdeoro potrà contare su uno sterminato serbatoio di talenti. Già nella rosa dei convocati per il pre-olimpico ce ne sono diversi.
A questi vanno aggiunti Vitor Roque (nel frattempo passato la Barcellona) e Lucas Beraldo. Proprio Beraldo dovrebbe trovare spazio al Psg, soprattutto dopo l’infortunio subito da Milan Škriniar.
Trasferitosi a Parigi in questo mercato di gennaio, il ventenne difensore brasiliano garantisce qualità in fase di costruzione, elemento chiave nel gioco di un Luis Enrique che in Marquinhos, Danilo e Lucas Hernandez (e Gianluigi Donnarumma) non ha tantissimo da offrire sotto questo punto di vista.
Tornando al Brasile, l’opzione di una eventuale conferma di Diniz in caso di vittoria alla prossima Copa América cozza con la volontà del Fluminense di non liberare il tecnico. Vedremo cosa succederà. Certo sarebbe interessante vedere Mourinho che abbraccia Danilo dopo una masterclass difensiva del calciatore della Juve o discutere con i giornalisti brasiliani perché non era possibile fare di più con gli esterni a disposizione o, ancora, criticare Endrick per un motivo qualsiasi.

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