Il marchio di Pedro

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Non un bel modo per festeggiare il centoventicinquesimo compleanno del club. Già perché il Fluminense, oltre alla torta, nel giorno del suo genetliaco ha trovato anche una sconfitta, proprio nella partita più attesa dai tifosi del Tricolor Carioca, vale a dire il derby con gli arcirivali del Flamengo.

Una sconfitta di misura (0-1) ma pur sempre una sconfitta nel FlaFlu. Una battuta d’arresto che ci ha detto qualcosa sullo stato delle due squadre, entrambe reduci da una buona avventura nella recente Coppa del Mondo del club. Buona per il Flamengo, arrivato agli ottavi prima di arrendersi davanti al più forte Bayern Monaco. Addirittura buonissima quella del Fluminense, giunto ad un passo da una finale sbarratagli da quel Chelsea che avrebbe poi conquistato il trofeo battendo nell’ultimo atto niente di meno che il Psg campione d’Europa in carica.

Forse addirittura la campagna statunitense del Flu è stata anche troppo positiva. Sì perché Renato Gaúcho è tornato dal Nord del continente con una squadra trasformata difensivamente, più solida. A discapito però della vivacità offensiva. Alla quale non ha certo giovato la recente cessione di John Arias. Il colombiano infatti, una delle sorprese della manifestazione organizzata dalla FIFA, è volato in Inghilterra per vestire la maglia del Nottingham Forest.

Contro il Flamengo si è vista all’opera proprio questa versione recente del Fluminense. In difesa la squadra di Renato non ha rischiato molto, riuscendo a contenere un Flamengo al quale è stato lasciato il controllo del pallone (oltre il 60% di possesso nel primo tempo), ma senza che ciò si tramutasse in chissà quante occasioni per i Rubo-Negro. Tante sono state le difficoltà offensive dei rossoneri che, ad un certo punto, Filipe Luís ha deciso di richiamare in panchina Giorgian De Arrascaeta.

Il Fluminense ha chiuso sapientemente il centro del campo, forzando sull’esterno le giocate del Flamengo. Il tutto è risultato in una generale inoperosità per Fábio, portiere del Flu. I problemi, come detto, si sono avuti quando la squadra di Renato entrava in possesso della sfera. In queste circostanze infatti gli avanti del Tricolor Carioca non riuscivano a pungere. Non ci riusciva Augustín Canobbio, chiamato a raccogliere la pesante eredità di Arias. Non ci riuscivano nemmeno i suoi sodali Everaldo e Lima.

Dal canto suo, non è che il Mengão abbia prodotto chissà cosa. Certo, dicevamo il possesso, organizzato dai due difensori Léo Ortiz e Danilo e dai due interni di centrocampo Jorginho e Allan. Un possesso però sterile, non favorito nemmeno dalla scelta di spostare sulla fascia sinistra il solitamente centrale Léo Pereira (per ovviare alle contemporanee assenze di Ayrton Lucas e Alex Sandro) e di proporre a destra l’uruguaiano Guillermo Varela (al posto di Wesley, alle prese con le trattative che dovrebbero portare ad una sua cessione alla Roma). Davanti poi la scelta cadeva su Wallace Yan come centravanti, dopo che il prescelto Gonzalo Plata si infortunava nel riscaldamento.

La partita svoltava in favore dei padroni di casa quando, nel secondo tempo, Filipe Luís decideva di togliere Everton Cebolinha e Wallace Yan per mandare in campo Matheus Gonçalves e Juninho.

Soprattutto però la mossa decisiva risultava essere quella di chiamare in causa il reprobo Pedro. Dopo ventisei minuti della ripresa, Filipe Luís si è visto infatti costretto ricorrere al numero 9, quello dell’attaccante ex Fiorentina che, nelle scorse settimane, è stato al centro di un vero e proprio caso in Brasile.

Questo perché il suo tecnico lo ha accusato di scarso impegno col giocatore che, pur ammettendo prestazioni al di sotto delle attese, ha risposto via social rispendendo le accuse al mittente e attribuendo il suo momento nero alla notizia, trapelata lo scorso mercoledì, secondo la quale il Flamengo avrebbe manifestato la volontà di cederlo in caso di offerta congrua. Tutto rafforzato del fatto che, in base a quanto riportato da Globo Esporte, Filipe Luís sembrerebbe preferire un diverso tipo di centravanti.  

Con questa situazione psicologia sulle spalle, dopo aver ricevuto qualche parola dal suo allenatore e dopo aver preso poi le istruzioni da un assistente di Filipe Luís, Pedro è entrato in campo. Sul rettangolo di gioco del Maracanã l’attaccante ha avuto bisogno di soli diciassette minuti per lasciare il segno.

Su un calcio d’angolo battuto da sinistra da Luiz Araújo, Léo Ortiz si avventava in torsione colpendo la palla in mezzo a due difensori avversari, deviandola nella zona del secondo palo dove, in scivolata, Pedro la colpiva spedendola in rete e firmando così il suo sesto gol stagionale. Per il Flamengo era l’ennesimo gol prodotto su piazzato da quando la squadra è stata presa in mano da Filipe Luís. Per Pedro, il gol della riscossa, con conseguente messaggio religioso e bacio dello stemma del club con maglia stesa in bella vista sotto la torcida del Flamengo. 

Oira, forse Pedro non sarà ‹‹il miglior centravanti in Brasile›› come lo ha definito il compagno di squadra Matheus Gonçalves. Tuttavia è uno dei più forti. ‹‹È stata una settimana molto diversa, molto turbolenta per me›› ha detto Pedro a fine gara. ‹‹Come ho scritto nel mio post, riconosco di aver avuto una settimana molto al di sotto di quello che avrei potuto produrre, dopo un episodio che mi ha scosso: una fuga di informazioni che mi ha esposto, senza alcun rispetto per tutto ciò che ho fatto qui dentro in questi cinque anni. Quel post di un membro della direzione ha toccato molto il mio lato emotivo. Sto imparando che non devo portare tutto questo a casa. Quello che è trapelato, purtroppo, ha finito per interferire con il mio rendimento. Ma credo che non fosse necessario espormi nel modo in cui è stato fatto. Penso che si sarebbe potuto gestire internamente››.

Vedremo cosa succederà nel prossimo futuro. Certamente questo gol rasserena gli animi in casa Flamengo. Da parte sua Renato Gaúcho avrà molto a cui pensare. Il suo Fluminense non meritava di perdere, ma nemmeno di vincere. Ha fatto troppo poco in avanti. E questo è strano per una squadra allenata dall’ex romanista.

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