Cosa ci ha detto la sfida fra Juventus e Manchester City

Published by

on

Con Rodri di nuovo titolare per la prima volta dopo nove mesi e con Erling Haaland a segno per trecentesima volta in carriera il Manchester City ha distrutto la Juventus (5-2) diventando la prima squadra a chiudere con tre vittorie su tre il proprio gruppo nella Coppa del Mondo per club che si sta disputando negli Stati Uniti.

La partita in sé non ha avuto molta storia: troppo netto il divario fra Citizens e bianconeri, sia in termini di qualità complessiva a disposizione, sia per quanto riguarda la proposta di gioco. In questo senso nel City si sono notate nel corso di queste prime tre uscite della nuova stagione (o della vecchia, a seconda dei punti di vista) delle novità interessanti, rese ancor più evidenti proprio nella gara contro la Juve.

Da questo punto di vista Pep Guardiola ha continuato a fissare le ampiezze con i terzini, come fatto anche negli ultimi mesi in Premier. A destra era il riconvertito centrocampista portoghese Matheus Nunes ad occuparsi della corsia esterna mentre a sinistra tale compito era affidato all’algerino Rayan Aït-Nouri, uno dei migliori dei suoi. Entrambi i terzini hanno registrato un assist.

Dietro di loro si muovevano i costruttori: i difensori centrali Rúben Dias e Manuel Akanji col supporto di Rodi mentre, da parte sua, Tijjani Reijnders aveva facoltà di muoversi per i corridoi di mezzo, supportato da Bernardo Silva.

Più avanti invece andavano ad accentrarsi gli esterni alti Jérémy Doku e Savinho, a ridosso di Omar Marmoush. L’attaccante egiziano ha interpretato ancora una volta bene il ruolo di falso nueve affidatogli dal suo allenatore, muovendosi lungo tutto il fronte offensivo per associarsi con i compagni e liberare spazi che veniva poi attaccato da chi arrivava da dietro e anche attaccando in verticale.

Le costanti rotazioni offensivi hanno partorito un City più fluido e flessibile del solito, che ha messo in enorme difficoltà la fase difensiva della Juve. Proprio per affrontare il continuo movimento di uomini e palla degli inglesi Igor Tudor aveva preparato un piano gara che non prevedeva una pressione forte in avanti uomo contro uomo, quanto invece un blocco più coeso e più basso che però, sotto la spinta del palleggio del City, ha finito per avvicinarsi eccessivamente alla porta difesa da Michele Di Gregorio.

Anche nel caldo della Florida (non mitigato dall’acquazzone tropicale intervenuto ad un certo punto a disturbare più gli spettatori sugli spalti che i giocatori in campo) la squadra di Guardiola ha mostrato un’energia ben definita dal termine inglese relentless, inesauribile. E questo in entrambe le fasi di gioco.

In quella offensiva attraverso il già menzionato movimento costante dei giocatori interni ma, soprattutto, tramite una serie di tagli in verticali che trovavano la profondità anche quando la linea arretrata bianconera era schiacciata al limite dei propri ultimi sedici metri (il che è avvenuto diverse volte).

Il gol del vantaggio inglese nasce proprio da un possesso prolungato che viene poi trasformato da Aït-Nouri in una palla verticale per Doku, abile a cogliere alle spalle con un attacco profondo un Alberto Costa che legge male la situazione.

In fase difensiva, anche per il rientro dal primo minuto di Rodri, la riaggressione ha funzionato egregiamente, dando così vita ad una sorta di azione continua e incessante che ha finito per mettere sotto pressione gli avversari.

Non è un caso quindi che, al termine dell’incontro, Guardiola abbia ammesso come sia ‹‹passato molto tempo dall’ultima volta che abbiamo avuto una prestazione così, sia con che senza palla››. Dalla sfida di Champions League dello scorso dicembre (vinta 2-0 da una Juve allora allenata da Thiago Motta) sembra dunque trascorso un secolo.  

Anche Haaland sembra aver beneficiato della nuova versione del City. Secondo i dati riportati da The Athletic, nel solo secondo tempo contro la Juventus il norvegese ha registrato 17 tocchi, più di quanti ne avesse totalizzati in otto intere partite della scorsa stagione.

Per quanto riguarda invece la Juventus il suo atteggiamento difensivo è stato fin troppo passivo. La squadra di Tudor ha fatto fatica a contenere la manovra del City, non riuscendo poi a creare granché nemmeno nelle rare occasioni in cui ha avuto il possesso (25%).

Il tecnico croato a fine partita ha giustamente fatto notare la differenza qualitativa fra le due squadre. Tuttavia la prestazione juventina è stata preoccupante, soprattutto per la sensazione di impotenza evidenziata nei confronti degli uomini di Guardiola.

Edicola

Sostieni la Gabbia

2,00 €

Lascia un commento