Una Coppa per dimenticare

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Manchester United e Tottenham Hotspur si contenderanno l’Europa League nella finale in programma il 21 maggio. La squadra vincitrice si qualificherà direttamente alla prossima Champions League. Potrà bastare un successo a far rivalutare una stagione fin qui disastrosa per United e Spurs? Difficile dirlo. Comunque sia, come riportato da The Athletic, non è la prima volta che una squadra vince qualcosa in Europa in una stagione in cui va tutto male in campionato. Fra i precedenti c’è da annoverare anche quello dell’Inter 1993-94. Quale miglior occasione quindi per rivisitare quella stagione interista, una delle più pazze della storia?

Quando, nell’estate del 1993, la società guidata da Ernesto Pellegrini scatenò il mercato, prelevando Dennis Bergkamp e Wim Jonk dall’Ajax oppure inserendo in rosa veterani esperti come Gianluca Festa e Massimo Paganin, sembrava profilarsi un progetto di lungo periodo, in grado di riportare l’Inter ai fasti di un tempo. Il colpo fu rappresentato, senza dubbio, dall’ingaggio dell’olandese Denis Bergkamp, trequartista olandese di scuola Ajax, tecnicamente sopraffino, famoso per il destro vellutato e per la capacità di creare spazi per i compagni. Insieme a lui arrivò un altro olandese, Wim Jonk, centrocampista dotato di lancio lungo, capace di dettare i tempi, ma anche di inserirsi coi tempi giusti in avanti in caso di necessità, anche lui proveniente dalla compagine ajacide. I due tulipani dovevano rappresentare il cuore pulsante di un nuovo progetto, l’anima internazionale di una squadra che da sempre aveva fatto della solidità difensiva e della classe dei propri campioni la cifra del proprio successo.

Ma il calcio non è una scienza esatta, e ben presto emerse la dualità di una formazione che era stata costruita per vincere lo scudetto (dopo essere arrivata seconda l’anno prima) ma che si arenò subito intorno all’equivoco Bergkamp. L’olandese veniva spesso utilizzato da attaccante (lui che all’Ajax era un numero 10) al fianco di Rubén Sosa. Una coppia che non funzionava, finendo per far deragliare il progetto affidato al confermato Osvaldo Bagnoli (l’artefice del miracolo del Verona scudettato nel 1985 e della cavalcata Uefa del Genoa nel 1992).

Le prime giornate di campionato videro l’Inter partire bene. Le cose però presero una piega inaspettata dopo il derby del 7 novembre che vide i nerazzurri perdere 2-1 contro il Milan. A quella sconfitta fece seguito il tonfo in casa del Genoa. La pressione dell’ambiente diventava ogni giorno più soffocante e la squadra entrò in una crisi tecnica che, almeno in campionato, si sarebbe rivelata irreversibile.

Allo scadere del girone d’andata, l’Inter viene sconfitta in casa contro l’Atalanta, chiudendo la gara con le bordate di fischi provenienti da tutto San Siro.

Il 7 febbraio 1994, con una decisione a sorpresa, l’Inter sollevò Osvaldo Bagnoli dall’incarico, affidando la squadra alla vecchia bandiera Gianpiero Marini, ex centrocampista campione del mondo del 1982.

La gestione Marini fu contrassegnata dai successi in campo europeo e dal perdurare delle difficoltà in campionato.

Dopo il doppio confronto con il Norwich agli ottavi, nei quarti di finale l’Inter eliminò il Borussia Dortmund grazie all’1-3 dell’andata in Germania (con doppietta di Jonk), seguito da un ritorno al cardiopalma, con i gialloneri che si imposero a San Siro con un punteggio (1-2) non sufficiente ad evitare loro l’eliminazione.

Nel frattempo, però, in campionato, l’Inter inanellava quattro sconfitte consecutive contro Parma, Milan, Genoa e Juventus che facevano precipitare la situazione.

In mezzo a questa bufera, la semifinale di Coppa UEFA contro il Cagliari assunse i contorni di una biografia rocambolesca: l’andata in Sardegna si chiuse con un amaro 3-2 mentre il ritorno, a Milano, vide i nerazzurri imporsi 3-0 grazie alle reti di Bergkamp, che segnò su rigore, Berti e Jonk.

La salvezza matematica arriva soltanto all’ultima giornata, prima delle due finali di UEFA, quando il pareggio 0-0 fra Parma e Piacenza salva la squadra di Marini. E questo nonostante la sconfitta rimediata a Bergamo (2-1) contro la già retrocessa Atalanta.

La finale vide l’Inter opposta al Casino Salisburgo. Al Prater di Vienna, il 26 aprile 1994, l’Inter si impose 1-0 grazie a un gol di Nicola Berti, resistendo poi in dieci (espulso Alessandro Bianchi) agli assalti austriaci.

Il ritorno a Milano, in un San Siro stracolmo, vide l’Inter vincere ancora 1-0, questa volta con una rete di Wim Jonk. La Coppa UEFA era vinta. Quella squadra malandata, costruita per un campionato di vertice e ritrovatasi invece improvvisamente in piena zona retrocessione, riportava alla Milano nerazzurra il trofeo internazionale già vinto nel 1991, durante la finale fratricida con la Roma.

Da quell’11 maggio 1994 l’Inter cambiò pelle. La squadra venne affidata a Ottavio Bianchi; Walter Zenga e Riccardo Ferri andarono alla Sampdoria; Sergio Battistini al Brescia. La società, nel febbraio seguente, passò da Pellegrini a Massimo Moratti, che intraprese una nuova era di investimenti e ambizioni. La stagione 1993-94 venne presto archiviata, anche se rimane l’eco di quella Coppa UEFA conquistata contro ogni previsione, vinto con una squadra disfunzionale, con un allenatore arrivato a stagione in corso e nel corso di un campionato a dir poco faticoso.

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