Foto: IMAGO / Pro Sports Images
Forse non sarà stata davvero la gara nella quale il City ha ritrovato anima e cuore (come detto da Pep Guardiola) e nemmeno una che potrà far dimenticare i momenti bui vissuti quest’anno. Tuttavia, il successo (in rimonta) del Manchester sul Bournemouth, che ha aperto ai Citizens le porte della semifinale di FA Cup, ha sicuramente ridato il sorriso ad un ambiente, una tifoseria ed una squadra che stanno vivendo la stagione attuale come una traversata nel deserto.
Una vittoria che assume tanto più valore considerato il fatto che, qualche tempo fa, il tecnico catalano aveva dichiarato che ‹‹oggi, il calcio moderno è il modo in cui giocano Bournemouth, Newcastle, Brighton e Liverpool. Il calcio moderno non è posizionale. Devi adattarti al ritmo››.
Tornando sullo stesso tema alla vigilia della sfida in coppa d’Inghilterra, l’ex allenatore del Barcellona aveva poi aggiunto: ‹‹non direi che siano caotici. Hanno un modo speciale di giocare e funziona››.
Insomma, aver superato le Cherries significa per Guardiola non soltanto aver vendicato la sconfitta subita in Premier (‹‹confrontando la partita che abbiamo giocato contro l’AFC Bournemouth a novembre, allora siamo venuti con le infradito, siamo venuti in vacanza contro una squadra che compete. Oggi, invece, siamo stati una squadra e abbiamo lottato. Nel calcio, devi correre…››) ma anche aver lanciato un chiaro messaggio a chi aveva già intonato il de profundis per il suo modello di gioco.
E questo, come detto, pur andando in svantaggio e mostrando fin da subito quelle difficoltà nella gestione del pressing forsennato della squadra di Andoni Iraola che il City aveva per l’appunto incontrate già a novembre, alle quali vanno aggiunti i problemi sottoporta registrati da Erling Haaland nella prima frazione (tre occasioni sprecate, una delle quali su rigore).
Grazie ai cambiamenti operati da Guardiola all’intervallo (la sostituzione dell’erratico Abdukodir Khusanov con il giovane Nico O’Reilly, un no.10 utilizzato da terzino sinistro e che si era già dimostrato efficace nel turno precedente e il conseguente spostamento di Joško Gvardiol al centro della linea difensiva) il City riusciva però a guadagnare campo, dimostrandosi in grado di superare la prima pressione avversaria a seguito di una maggior velocità e precisione nel muovere palla.
In pratica, la superiorità tecnica del City si è manifestata quando i Citizens sono riusciti a sfruttarla con un paio di marce in più. Ancora una volta quindi è stata la velocità di esecuzione a risultare determinante ai fini del risultato: il Manchester ha continuato a fare il suo gioco ma ad un ritmo che pareggiava quello del Bournemouth.
E così Guardiola si ritrova qualificato per la sua settima semifinale consecutiva di FA Cup. Un cammino irto di difficoltà, come dimostrano anche le gare precedenti con le vittorie in rimonta registrate contro il Leyton Orient (terza divisione, da 0-1 a 2-1) e con il Plymouth Argyle (Championship, da 0-1 a 3-1).
Alla fine comunque Guardiola ha alzato la coppa soltanto in due di queste sette occasioni (nel 2018-19 e nel 22-23, l’anno del Triplete). A testimonianza della difficoltà nel vincere (e rivincere) il torneo ma, forse, anche di come la coppa nazionale non sia un obiettivo alla pari di altri come Premier o Champions.
Vincere quest’anno però avrebbe un sapore particolare. Prima di tutto perché la vittoria qualificherebbe il City alla prossima Champions League. Qualificazione che non è così scontata passando per il campionato.
In secondo luogo, vincere potrebbe salvare la stagione dei Citizens. Potrebbe perché è stato lo stesso Guardiola ad affermare che anche una eventuale vittoria in coppa non risolleverebbe le sorti di una stagione negativa.
Tuttavia, la FA Cup non è la nostra coppa Italia. Vincerla ha un altro significato, se non altro perché si tratta di una competizione a cui partecipano anche le formazioni delle serie minori e che, di conseguenza, è aperta a casi di giant killing, di piccole che eliminano le grandi.
Detto questo e ricordando che il trofeo non è stato ancora vinto (per farlo il City dovrà prima superare il Nottingham Forest in semifinale e poi battere a Wembley una fra Aston Villa e Crystal Palace) è da ritenere che, comunque vada a finire, i detrattori di Guardiola saranno sempre pronti a considerarlo (a torto o a ragione) un titolo secondario rispetto a quelli che erano gli obiettivi di inizio anno. Comunque, come direbbe Massimo Catalano, meglio chiudere la stagione con un trofeo che senza.

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