Tutto da rifare

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‹‹Quello che mi sento di dire è che c’è da chiedere umilmente scusa al popolo napoletano che ci segue con passione. Io sono l’allenatore ed è giusto che io mi assuma tutte le responsabilità. Chiedo umilmente scusa perché il secondo tempo è stato inaccettabile››.

Queste parole, rilasciate da Antonio Conte al termine della gara di Verona, fanno capire bene il momento che sta attraversando il Napoli. E anche quello che sta vivendo, sul piano personale, il tecnico salentino.

Per un allenatore maniacale, attento al dettaglio, grintoso, che non molla mai come Conte, la prestazione offerta dai partenopei al Bentegodi non può che essere classificata come un disastro.

Nel post partita, una tortura alla quale Conte si è sottoposto da professionista, ma che non vedeva l’ora che finisse (glielo si leggeva in faccia) l’ex allenatore di Inter e Tottenham ha più volte sottolineato come la questione sia mentale più che tattica. E, d’altra parte, già alla vigilia della trasferta in terra veneta Conte si era espresso in modo critico contro chi sosteneva la necessità di un ritorno al sistema di gioco (4-3-3) utilizzato da Spalletti nell’anno dello scudetto come panacea di tutti i mali.

E così, a Verona il tecnico partenopeo ha presentato il suo classico 3-4-2-1 come sistema di partenza. Nel primo tempo il Napoli ha mostrato qualcosa di nuovo rispetto a quanto ci si poteva attendere da Conte. L’allenatore infatti, che durante l’estate aveva detto di essersi aggiornato, ha in effetti presentato un modo di attaccare diverso da quello schematico, quasi robotico, al quale eravamo abituati nelle sue precedenti esperienze in panchina.

Questo Napoli era meno diretto di una classica squadra di Conte, più attento al controllo del pallone (65% il possesso) e pronto ad effettuare una serie di cambi di posizione che cercavano di smuovere il blocco difensivo avversario.

In particolare si vedevano a destra delle rotazioni che coinvolgevano Di Lorenzo, Mazzocchi e Politano mentre a sinistra c’era un Kvaratskhelia che, partendo dalla posizione di trequartista, veniva ad associarsi anche sul lato destro del campo.

Proprio il sovraccarico di quella zona è stata, nel primo tempo, l’arma tattica che il Napoli ha messo in pratica per cercare di scardinare il dispositivo difensivo del Verona.

Verona che, da parte sua, il nuovo tecnico Paolo Zanetti ha organizzato in maniera magistrale, sfruttando al meglio gli uomini messi a disposizione dal lavoro di scouting del direttore sportivo Sean Sogliano. Un lavoro che, se il buongiorno si vede dal mattino, parrebbe pronto a generare ulteriori plusvalenze per il club scaligero nel prossimo giugno.

Per affrontare il Napoli dunque Zanetti ha schierato a specchio i gialloblù, predisponendo una liea difensiva a cinque con Jackson Tchatchoua e Darko Lazović ai lati dei tre centrali Paweł Dawidowicz, Diego Coppola e Martin Frese.

Davanti a loro operava, in fase difensiva, una mediana composta dai due interni Ondrej Duda e Suat Serdar, coadiuvati dai rientri nei mezzi spazi dei due trequartisti posizionati dietro Casper Tengstedt, cioè Grīgorīs Kastanos e Dailon Livramento.

La compagine veronese difendeva bassa (baricentro di 44.19m nel primo tempo) creando un blocco compatto che il movimento del Napoli non riusciva a scardinare.  In questo senso ha destato perplessità anche la scelta di Conte di mandare in campo come centravanti titolare Giovanni Simeone. L’argentino infatti ha toccato soltanto un pallone nell’area avversaria (second i dati Fbref) anche perché, invece di attaccare l’ultima linea, gli veniva chiesto di venire incontro per cucire il gioco e liberare lo spazio centrale.  

Un lavoro da attaccante di manovra tagliato su misura per Giacomo Raspadori, che invece è stato mandato in campo solo nella ripresa e in sostituzione dell’infortunato Kvaratskhelia.

A funzionare, nel primo tempo del Napoli, era dunque soltanto la fase difensiva. Il Verona in effetti, come notato da Conte nel dopo partita, non creava nulla (grazie anche alla buona riaggressione dei i partenopei), ma nemmeno soffriva.

Nel secondo tempo invece i veronesi alzavano la loro pressione, finendo per mettere in difficoltà il possesso napoletano e diventando sempre più pericolosi ogni volta che riconquistavano palla.  

Non a caso, le due reti che decidevano l’incontro (la terza arrivava infatti in pieno recupero, a gara già compromessa) venivano da palloni conquistati dai gialloblù, abili a trasformarli in transizioni rapide e letali.

Nell’immagine prodotta con  VideoMatch Presenter di Sics il contropiede dal quale scaturisce il gol veronse di Livramento. Il Napoli perde le coperture preventive e si trova sbilanciato.

E così, la prima di Conte col Napoli è risultata essere un fiasco. Ma la cosa più preoccupante, al di là dei modi con cui è maturata una sconfitta pesante anche nel quadro dell’intera carriera dell’ex commissario tecnico della nazionale italiana, viene dal fatto che Conte sembra sempre più sul punto di esplodere per un mercato non di suo gradimento.

Da parte sua la società, nella figura del nuovo direttore Giovanni Manna, no riprende il tecnico per le sue esternazioni, preferendo invece dargli ragione quando questo parla di mercato bloccato.

Il problema principale di questo blocco della campagna acquisti deriva, come si sa, dalla situazione riguardante Victor Osimhen. L’attaccante nigeriano ha infatti chiesto di essere ceduto (c’è il Psg su di lui, a maggior ragione dopo l’infortunio che terrà il portoghese Gonçalo Ramos fuori per tre mesi) ma più si avvicina la fine della sessione estiva e più il Napoli dovrà abbassare le pretese, ancorate al rispetto della clausola da 130 milioni di euro presente nell’accordo di rinnovo firmato dal giocatore pochi mesi fa.

Conte attende con ansia la cessione dell’ormai separato in casa Osimhen per riabbracciare la sua coperta di Linus, vale a dire quel Romelu Lukaku con cui il tecnico ha già lavorato al Chelsea e all’Inter.

Ma basterà Lukaku per sistemare i problemi evidenziati dal Napoli a Verona? E, soprattutto, sarà sufficiente ad accontentare l’allenatore? La risposta a questa seconda domanda è no, dato che gli azzurri stanno trattando anche Billy Gilmour e Scott McTominay per rinforzare una mediana che non accontenta Conte (tant’è che il Napoli ha lavorato su Marco Brescianini, arrivando fino alle visite mediche prima che l’ex frusinate firmasse per l’Atalanta).

Per quanto riguarda invece il primo quesito, quello cioè relativo all’upgrade che l’acquisto di Lukaku comporterebbe, il Napoli nel caso non avrà bisogno soltanto delle reti del belga ma anche di una manovra funzionale a servirlo e sicuramente migliore di quella messa in mostra col Verona.

Questo Conte lo sa, così come sa bene che a Napoli si gioca molto e che il lavoro da fare sulla squadra non sarà soltanto tecnico e tattico, ma anche mentale.

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