Potrei, ma non voglio. Con questa modifica del celebre detto vorrei ma non posso si può descrivere perfettamente la partita fra Francia e Belgio e, in generale, la gestione delle due squadre da parte dei rispettivi allenatori, Didier Deschamps e Domenico Tedesco.
Sì perché tanto il commissario tecnico francese quanto quello belga hanno a disposizione rose di prima qualità, di livello altissimo, ma sembrano non voler sfruttare appieno queste potenzialità.
Freno a mano tirato quindi, in nome del realismo e del pragmatismo. E questo ben al di là dell’alto numero di conclusioni effettuate nella partita dalla Francia (ben 19, anche se solo 2 nello specchio della porta avversaria e per un totale di appena 1.02 xG prodotti).
I francesi vanno ai quarti di finale solo grazie all’ennesimo autogol a loro favore, il secondo di questo Europeo. L’unico altro gol realizzato dai francesi è quello messo a segno su rigore da Kylian Mbappé contro la Polonia. La formazione transalpina conclude molto in questo torneo (66 volte secondo i dati Opta) ma con un dato di appena 0.09 xG per tiro.

I transalpini hanno dunque un evidente problema di finalizzazione, al quale non è estraneo il modo di giocare della squadra, essenzialmente basato sul dare la pala a Mbappé (66 palloni toccati dal giocatore del Real Madrid nella partita con i cugini belgi) o ad Antoine Griezmann sperando che si inventino qualcosa.
Contro la squadra di Tedesco si è ripetuto lo stesso copione. Abbandonata l’idea di giocare col 4-3-1-2 di cui si era parlato alla vigilia, Deschamps ha ripiegato sul più familiare 4-3-3, con una prima linea composta da Mbappé a sinistra, Marcus Thuram come riferimento centrale e Griezmann relegato largo a destra.
A centrocampo la terna era formata da Adrien Rabiot (ammonito, salterà la sfida dei quarti contro il Portogallo), Aurélien Tchouaméni e N’Golo Kanté.
Questa impostazione, piuttosto rigida fra l’altro, ha finito per isolare Thuram. Anche l’attaccante dell’Inter ha però palesato delle difficoltà, sia quando è riuscito a concludere che, in generale, nell’attacco alla profondità.
Col Belgio che difendeva in blocco medio – basso in un quadrato 4-4-2, gli spazi liberi la Francia li trovava sulla propria destra con Jules Koundé. Il laterale del Barcellona spingeva molto da quel lato, ingaggiando un duello interessante con un Jérémy Doku spesso costretto a fungere da terzino aggiunto nello scacchiere belga.
L’efficace lavoro difensivo dell’ala del Manchester City rientrava a pieno titolo nel piano gara predisposto da Tedesco. L’allenatore nativo di Rossano Calabro ha infatti deciso di utilizzare contemporaneamente Doku, Kevin De Bruyne, Yannick Carrasco e Loïs Openda (oltre a Romelu Lukaku) chiedendo loro però una interpretazione soprattutto difensiva. L’idea era quella di contenere la Francia per poi ripartire con contropiedi (anche lunghi) una volta che il Belgio fosse entrato in possesso. A questo scopo serviva l’arretramento di KdB sulla linea mediana.
Quando il Belgio aveva la possibilità di sviluppare, lo faceva tramite una costruzione 3-2 che vedeva Arthur Theate rimanere stretto accanto ai centrali Jan Vertonghen e Wout Faes mentre il terzino Timothy Castagne si alzava dando ampiezza a destra, permettendo così a Carrasco di assumere una posizione più interna nel mezzo spazio adiacente.

Una struttura interessante che, però, non ha portato seri pericoli alla porta difesa da Mike Maignan. Nella ripresa, con una squadra che si era abbassata ulteriormente sotto la spinta dei francesi, Tedesco decideva di avanzare De Bruyne a ridosso di Lukaku, anche per avere maggiore qualità sulla trequarti offensiva. E, in effetti, i Belgi guadagnavano in pericolosità, come si notava sul passaggio effettuato da KvB che Lukaku trasformava in una conclusione ribattuta da Maignan.
Troppo poco però per meritarsi il vantaggio. Vantaggio che invece trovava la Francia a cinque minuti dal termine dei tempi regolamentari grazie al tiro di Randal Kolo Muani (entrato al posto di Thuram) deviato da Vertonghen alle spalle del proprio portiere Koen Casteels.
Per il Belgio era tardi per sperare in una rimonta. I cambi effettuati da Tedesco (dentro Dodi Lukebakio e Charles De Ketelaere per Carrasco e Castagne) erano la classica mossa della disperazione che, però, non sortiva gli effetti sperati.
Alla fine quindi è la Francia a guadagnarsi il passaggio del turno. In vista del prosieguo del torneo i transalpini dovranno cercare di sistemare il problema del gol, che li attanaglia dall’inizio dell’Europeo.
Deschamps dovrà anche dotare il suo undici di una identità tattica più precisa. Griezmann, relegato sull’esterno, è risultato sì coinvolto (71 palloni toccati) ma poco efficace. La versatilità del calciatore dell’Atlético Madrid è una grossa arma a disposizione del tecnico francese, ma rischia di rappresentare anche un limite per lo stesso Griezmann, sballottato di qua e di là per il campo.
Come fatto giustamente notare da L’Équipe, Deschamps cammina sul filo sottile che divide l’adattarsi agli avversari di turno dalla confusione tattica.
Eppure la squadra nel secondo tempo ha schiacciato i rivali (field tilt totale del 73%, secondo quanto riportato da The Athletic), dimostrando di saper giocare anche un calcio più coraggioso rispetto a quello offerto finora.
Anche le letture di Deschamps in corso di partita lasciano a desiderare. È vero che Kolo Muani ha risolto la gara uscendo dalla panchina, ma perché non inserire Benjamin Pavard al posto di Koundé (che pur ha registrato 6 passaggi chiave secondo il modello Sics), con tutto quello spazio che i francesi avevano sulla destra?
Per il Belgio invece Euro 2024 rappresenta la solita, grande delusione in relazione alle aspettative che c’erano su questa nazionale alla vigilia della spedizione tedesca. Ma di questo magari parleremo in un’altra occasione.

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